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Diamo un futuro alla ricerca: sarà anche nostro

Claudio Magris

10/11/2020
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Corriere della sera


Tra le proteste di tante categorie inevitabilmente danneggiate dall’epidemia e dalle necessarie misure prese per fronteggiarla si sente poco la protesta, perfino la voce, di chi gravita intorno alla ricerca umanistica — studiosi, ricercatori, traduttori — persone appassionate e altamente qualificate, molte delle quali già prima di questi tempi duri per tutti vivevano di contratti occasionali con istituzioni, atenei e case editrici che a malapena riuscivano a sostenerne la sopravvivenza. Lavoro per loro ora non c’è, in particolare per chi fa ricerca, e il loro dramma, materiale intellettuale e personale, non è meno grave di quello che colpisce chi non trova o perde il lavoro in altri settori della società.

Sono professore di letteratura all’Università, in pensione da molti anni, e ho insegnato e fatto ricerca in numerose università, non solo in Italia. Conosco molti studiosi ben più giovani di me, ma anche tanti che non sono più tanto giovani e che, nonostante i meriti oggettivi dei loro risultati nella ricerca — eccellenti pubblicazioni — hanno pochissime, talora quasi nulle opportunità, tanto che oggi si ritrovano a vivere sulla soglia della povertà. Pure gli aiuti preannunciati saranno necessariamente impari al grande investimento, anche di denaro — denaro speso per lo studio o, nella maggior parte dei casi, non guadagnato durante i lunghi anni di studio — di chi si dedica alla ricerca umanistica.

È ovvio che la ricerca scientifica e tecnologica siano le protagoniste nel nostro mondo e nella nostra epoca, ma è impensabile un declino simile all’estinzione della ricerca umanistica, che è essenziale per la società tutta e dovrebbe essere un sale per la ricerca di ogni genere; il suo declino o latitanza sarebbero una carenza gravissima per il mondo. Storici, filosofi, filologi, antropologi, grecisti e latinisti, storici dell’arte e delle religioni, studiosi di letteratura e poesia — italiana e di ogni civiltà — di cinema e di teatro, traduttori letterari: ci sarà ancora un futuro per loro, il che significa per tutti noi?