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Ddl scuola, i sindacati al Pd:«Ora vogliamo incontrare Renzi»

Cgil, Cisl e Uil incontrano i vertici Pd: il governo deve delle risposte a chi protesta. La Funzione Pubblica: con lo sciopero lo Stato ha «risparmiato» 42 milioni

08/05/2015
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Corriere della sera

di Claudia Voltattorni (cvoltattorni@corriere.it)

Docenti in piazza a Roma martedì scorso (Ansa) Docenti in piazza a Roma martedì scorso (Ansa)

Roma «Ora vogliamo incontrare il governo». Questa la richiesta di Cgil, Cisl e Uil dopo oltre due ore di incontro giovedì pomeriggio con i vertici del Pd nella sede romana per parlare della riforma della scuola. Con i responsabili scuola dei tre sindacati (Domenico Pantaleo della Cgil, Francesco Scrima della Cisl e Massimo Di Menna della Uil) sono arrivati anche i segretari generali: Susanna Camusso (Cgil), Annamaria Furlan (Cisl) e Carmelo Barbagallo (Uil). A riceverli il presidente del Pd Matteo Orfini, il vicesegretario Lorenzo Guerini, la responsabile scuola Francesca Puglisi, le deputate Maria Coscia (relatrice del disegno di legge sulla Buona Scuola) e Simona Malpezzi.

L’incontro

Durante l’incontro, deciso all’indomani dello sciopero del 5 maggio che ha portato in piazza in tutta Italia oltre 500mila tra prof e studenti e genitori e personale Ata, i sindacati hanno ricordato i punti chiave della protesta: la stabilizzazione dei precari, una visione più collegiale della scuola dell’autonomia («non all’uomo solo al comando») e il nuovo contratto della categoria scaduto da tempo. «Il dialogo c’è stato - spiegano i sindacati -, così come l’ apertura a nuove modifiche durante l’iter parlamentare del ddl», ma, spiega Domenico Pantaleo (Cgil) «non abbiamo registrato alcuna volontà di cambiare l’impianto del disegno di legge: dopo lo sciopero ci saremmo aspettati qualcosa in più». Susanna Camusso ha «apprezzato molto la disponibilità e il metodo di continuare a vederci, ma non abbiamo fatto grandi passi avanti», perché° comunque i nodi restano: «lavoro precario, contratto e valutazione degli insegnanti». Barbagallo (Cisl) ribadisce «le ragioni della manifestazione e la necessità che il governo ci convochi su una legge iniqua e sbagliata» , mentre Furlan (Cisl) vede «ancora scogli importanti». Tutti quindi puntano all’incontro con il governo e con le commissioni di Camera e Senato, «è con loro che dobbiamo fare il confronto», chiosa Furlan. E comunque ribadiscono: «La protesta non finisce con lo sciopero del 5 maggio».

«Avvicinare le posizioni»

Ma per il vicesegretario Pd Guerini «c’è spazio in Parlamento per avvicinare le posizioni: abbiamo voluto incontrare tutte le realtà legate alla riforma perché vogliamo un confronto con tutti e abbiamo ribadito l’impianto propositivo del ddl». Qualche leggera modifica potrebbe esserci: sui dirigenti ci sarà un confronto nei prossimi giorni, ma alcuni punti sollevati già trovano risposta nell’impianto della riforma». Quanto all’incontro con il governo, sollecitato dai 3 sindacati, «è nella disponibilità del governo ma lo deciderà l’esecutivo, la ministra Giannini è sempre disponibile a incontrare tutti».

Lo sciopero

Intanto il Dipartimento Funzione Pubblica fa i conti dello sciopero di martedì scorso: sono stati 618.066 tra prof e personale amministrativo gli aderenti alla protesta, per una percentuale del 64.89%. Il che significa 42.331.340 di euro trattenuti dallo Stato.

«Soldi alle scuole»

«Il Governo non faccia cassa, faccia un gesto di rispetto per coloro che con lo sciopero hanno manifestato per dare qualità alla scuola italiana: li destini alle scuole». La proposta arriva dalla Uil Scuola che ricorda come quello di martedì sia stato «il più grande sciopero della scuola. «Il dato della Funzione Pubblica- sottolinea la UIl - non tiene conto degli effetti delle scuole chiuse: si conferma la stima da noi fornita di una adesione che ha sfiorato l’80%. Il Governo rifletta e apra subito un confronto vero con i sindacati per dare le risposte necessarie alle richieste del mondo della scuola, rappresentate nello sciopero e ancora in atto nelle proteste che continuano in questi giorni».


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