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da uoriregistro-Il fascino discreto dell'università e quello indiscreto del concorso

Il fascino discreto dell'università e quello indiscreto del concorso di Pino Patroncini - 03-05-2002 In casa Cgil Cisl Uil si vara in questi giorni la piattaforma per il rinnovo contrattuale...

04/05/2002
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Fuoriregistro

Il fascino discreto dell'università e quello indiscreto del concorso
di Pino Patroncini - 03-05-2002

In casa Cgil Cisl Uil si vara in questi giorni la piattaforma per il rinnovo contrattuale. Un passo importante e rischioso al tempo stesso. Tutti ricordano le vicende passate che hanno visto spesso il sindacato schiacciato tra l'incudine della categoria e il martello del ministero. L'allusione è, naturalmente alla vicenda dell'articolo 29 o concorsone, che dir si voglia. Esperienza vorrebbe che dopo una tale scottatura si avesse paura anche dell'acqua fredda.

Ma questa volta la proposta viene dal Ministero, o meglio dalla commissione ministeriale che sta mettendo a punto criteri di progressione di carriera. Si pensa ad un nucleo di superprofessori definiti 'professori esperti' con un livello di preparazione universitaria superiore e un inquadramento superiore, fino al doppio dello stipendio normale, secondo alcune indiscrezioni.

La cosa non è una novità: il progetto di riforma scolastica elaborato per conto del Ministero dal prof. Bertagna prevedeva esattamente questa cosa. Nella parte relativa alla formazione degli insegnanti, laddove per un insegnante normale era prevista una laurea specialistica disciplinare accompagnata da un biennio di formazione-lavoro supportato da corsi universitari legati alla didattica, si ipotizzava la presenza di ulteriori semestri universitari i quali sarebbero serviti a realizzare figure docenti superiori con compiti di coordinamento oppure , se i semestri frequentati fossero stati più di uno o due, di docente "aggregato". La definizione era mutuata direttamente dal sistema scolastico francese dove esistono i 'certifiés', vale a dire i docenti con una semplice laurea abilitante, e gli "agrégés", in possesso di un post lauream definito, appunto, "agrégation".

E dire che quando nello scorso contratto nazionale della scuola si trattò di applicare l'"articolo 29" e ci fu l'insurrezione degli insegnanti, la sollevazione ebbe anche la benedizione degli onorevoli Fini e Aprea, vistosamente presenti alla manifestazione sulla scalinata del Ministero di viale Trastevere!
Oggi al posto di un concorso interno, si propone una formalizzazione universitaria. E, nonostante tutta la cattiva fama che gode l'organizzazione didattica delle nostre università, è tuttavia vero che l'immaginario collettivo, anche tra gli insegnanti, è disposto ad attribuire ad un titolo universitario un'oggettività che difficilmente si attribuirebbe ad una procedura concorsuale. Quindi la scelta si dimostra un po' meno improvvisata della precedente.

Ma è per ciò stesso possibile che questo eviti un meccanismo concorsuale?
Innanzi tutto vi è il problema del numero dei posti che comporterà comunque una selezione per accedervi.
In secondo luogo sembra un po' problematico pensare ad una categoria docente come quella italiana, ormai in maggioranza "over 45", che torna in massa all'università.
Per capirci meglio può essere illuminante il modello francese, a cui di fatto le scelte del Ministero, in maniera più o meno confessa, si ispirano.

I superprofessori d'oltralpe sono in possesso di uno specifico titolo universitario chiamato "agrégation", ma coloro che entrano grazie a questo titolo, con la cosiddetta "agrégation externe", non sono che una minoranza. Il grosso degli "agrégés" arriva dalle schiere dei docenti normali, i "certifiés", attraverso la "agrégation interne", una sorta di doppio canale riservato al personale già in servizio: in parte tramite concorso, in parte tramite una graduatoria a scorrimento. Per accedere all'uno o all'altro canale occorre avere compiuto i 40 anni di età e avere almeno 10 anni di servizio, di cui 5 nel ruolo di certifié.

E' perciò difficile sfuggire ad un meccanismo di valutazione concorsuale e gli insegnanti italiani hanno già dimostrato che non ci stanno a farsi dividere in più bravi e meno bravi.


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