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Scuola, i punti più contestati e le novità della riformaScuola

I cambiamenti saranno tanti e riguarderanno l'intero sistema dell'istruzione. Ecco quelli che hanno suscitato maggiori contestazioni e quelli che rappresenteranno una svolta nella vita di insegnanti e alunni

11/07/2015
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la Repubblica

Salvo Intravaia

Il day after del voto alla Camera sulla "Buona scuola" consegna ai posteri un sistema di istruzione diverso da quello che siamo stati abituati a conoscere finora. Almeno nelle intenzioni del governo Renzi che ha voluto fortemente la quarta riforma del sistema di istruzione e formazione degli ultimi quindici anni. Nei prossimi mesi, le novità previste dai 209 commi dell'unico articolo della "Buona scuola" entreranno in vigore e tra un anno e mezzo circa la scuola italiana cambierà completamente volto. Ma dal 3 settembre 2014, quando la riforma è stata presentata, al 9 luglio 2015 la contestazione di insegnanti, e in parte dei genitori, per una riforma che introduce una serie di cambiamenti di prospettiva che nessuno aveva mai "osato" neppure proporre è stata fortissima.

Ecco i punti maggiormente contestati della Buona scuola di Renzi.

I superpoteri ai presidi. E' certamente uno dei punti più controversi e avversati dal popolo della scuola. A regime, dal 2016/2017, il preside - che il sottosegretario Davide Faraone ha promosso a "sindaco" della comunità scolastica d'istituto - potrà scegliere dagli albi territoriali i docenti che mancheranno al proprio organico. Si tratta di quelli che hanno lasciato la scuola per trasferimento e di quelli andati in pensione. E sceglierà anche degli insegnanti che dovranno far parte di quell'organico potenziato che rilancerà l'autonomia scolastica, finora rimasta sulla carta. Il preside potrà, inoltre, promuovere o bocciare - questa volta, sentito il parere del Comitato di valutazione della scuola - i docenti neo immessi in ruolo e premiare, motivando adeguatamente, con un bonus in denaro gli insegnanti migliori. Ma non solo: il preside-sindaco potrà nominare il proprio entourage, fino al 10 per cento dei docenti della scuola, e stabilirà le linee generali del Piano triennale dell'offerta formativa. Indicando, di concerto con gli organi collegiali, anche percorsi di formazione e di orientamento per coinvolgere maggiormente gli studenti e per valorizzare il merito degli stessi. Un potere che i capi d'istituto non hanno mai avuto prima.

Il piano di assunzioni. Non è tanto l'assunzione di 100mila, tra supplenti delle graduatorie provinciali ad esaurimento e vincitori di concorso, a fare saltare i nervi a una parte del precariato scolastico nazionale. Ma il fatto che un numero mai precisato - 40mila o forse anche 60mila - di precari di seconda fascia, che hanno collezionato tre o più anni di servizio da tappabuchi e rientrano nella sentenza della Corte di giustizia europea dello scorso novembre - che ha condannato l'Italia per abuso di contratti a tempo determinato nella scuola - non sono stati presi in considerazione. E se vorranno conquistare una cattedra definitiva dovranno farlo con i nuovi concorsi, nei quali il servizio prestato verrà valutato. Una situazione che produrrà migliaia di ricorsi nei prossimi mesi. Anche perché per i precari di seconda fascia, oltre al danno si prepara anche la beffa: quest'anno continueranno ad essere utilizzati come supplenti perché i 100mila neoassunti delle graduatorie provinciali non basteranno a coprire le esigenze di tutte le scuole italiane. Poi, verranno messi da parte.

I prof meritevoli. Dando seguito alle richieste che provengono da Bruxelles, dal prossimo anno scolastico scatta la valutazione degli insegnanti attraverso il bonus che il dirigente scolastico, sentito il parere del Comitato di valutazione della scuola, potrà assegnare agli insegnanti che si sono distinti nel corso dell'anno scolastico. Gli insegnanti temono che - con i 200 milioni di euro previsti dalla buona scuola, in media 23mila euro ad istituto - i presidi possano premiare non tanto i docenti migliori ma i più ubbidienti.

Agevolazioni fiscali per le paritarie. Tra gli aspetti di maggiore contestazione rientrano senz'altro le agevolazioni previste in favore della scuola privata. Insegnanti e genitori delle scuole statali contestano questi aiuti - che si concretizzeranno con la detrazione fiscale prevista sulle rette e le spese per mantenere gli alunni nelle scuole private - e lo school bonus, le donazioni liberali con tetto di 100mila euro che potranno comunque andare anche alle statali. Il 5 per mille a favore delle singole istituzioni scolastiche è invece saltato alla Camera sull'onda delle proteste delle associazioni no profit che temevano una drastica riduzione delle donazioni a loro favore.

Deleghe. Si tratta di un altro motivo di preoccupazione manifestata soprattutto dai sindacati. La legge approvata ieri alla Camera contiene anche nove deleghe: dalla riforma del sostegno a quella della formazione iniziale dei futuri docenti, passando per il percorso zero-sei anni che armonizzerà l'offerta formativa nella prima infanzia, che in questo momento è appannaggio degli asili nido  da zero e tre anni  e della scuola materna da tre a cinque anni. Una delega in bianco, o quasi, giacché il comma 177 descrive le linee generali delle riforme. Ma in parecchi non avrebbero mai firmato al governo questo assegno in bianco.  

La teoria gender. Secondo le opposizioni, il riferimento alle pari opportunità e all'educazione alla parità tra i sessi nasconde l'introduzione nella scuola della cosiddetta teoria gender, che aprirebbe le scuole italiane all'educazione sessuale e altre innovazioni che il mondo cattolico vede come il fumo negli occhi.    

La marginalizzazione dei sindacati. I sindacati hanno contestato fino all'ultimo anche una serie di misure che, di fatto, li marginalizzano. Ad iniziare dalla possibilità che avrà il dirigente scolastico di assegnare premi in denaro agli insegnanti migliori: finora, le decisioni che riguardavano le retribuzioni venivano contrattate con le organizzazioni sindacali a livello nazionale o regionale. Anche la possibilità assegnata ai presidi di licenziare un docente neoassunto dopo due anni di lavoro, perché non idoneo, non piace ai sindacati, che in materia di licenziamento hanno sempre avuto voce in capitolo.

Ed ecco i punti di svolta della "Buona scuola" di Renzi: tutte le modifiche che cambieranno la vita scolastica di insegnanti e alunni.

Il merito per gli insegnanti. Nessuno aveva mai osato tanto nella scuola: premiare gli insegnanti migliori creando di fatto una discriminazione, anche economica, fra bravi e cattivi insegnanti. I dubbi riguardano la figura del capo d'istituto che indicherà coloro da premiare.

La licenziabilità dei neoassunti se non all'altezza. In teoria, era possibile anche prima della "Buona scuola" licenziare un cattivo docente. Ma in pratica l'anno di formazione dei neoassunti con l'esamino finale era una formalità. E passavano tutti: bravi e somari. Con la riforma, il preside avrà più possibilità di allontanare dalla scuola i docenti considerati incapaci.

L'autonomia scolastica reale. Finalmente, dopo quindici anni di autonomia scolastica rimasta sulla carta, le scuole potranno sperimentare tutte le potenzialità dell'autonomia scolastica, sbizzarrendosi con piani di studio più personalizzati e affrontando i problemi della realtà scolastica di riferimento, attingendo dalle 100mila assunzioni e da un budget finanziario che crescerà.

Il curriculum dello studente. E' stato il sogno dei ragazzi delle scuole superiori da sempre: eliminare dal proprio curricolo la/le materie più detestate. Con la Buona scuola non sarà esattamente così, ma le scuole - attingendo dalle quote di autonomia previste dalle norme vigenti - potranno delineare percorsi personalizzati attraverso discipline opzionali che gli studenti potranno scegliere nel secondo biennio e all'ultimo anno.  

Il preside-padrone. Anche la nuova figura del preside-sceriffo rappresenta un punto di svolta nella scuola italiana. Finora i capi d'istituto hanno dovuto sottostare al volere degli organi collegiali e dare esecuzione alle loro delibere, con spazi di discrezionalità abbastanza limitati. Ma da oggi le cose cambieranno: i capi d'istituto avranno le mani più libere da molti lacci e lacciuoli.

Più ore di lezione. Dopo anni di tagli, si torna ad incrementare nuovamente le ore di studio di alcune discipline: musica e educazione motoria alla scuola elementare, lingua straniera e competenze informatiche in tutti i gradi dell'istruzione, economia, diritto e storia dell'arte al superiore.   

Fine del precariato e nuovi concorsi. Dopo decenni di tentativi andata vuoto, il precariato della scuola potrebbe arrivare al capolinea. La norma iniziale, che prevedeva graduatorie provinciali e degli ultimi concorsi in vita fino al 31 agosto di quest'anno, è stata ammorbidita nel corso del dibattito parlamentare con la chiusura, dopo il Piano straordinario di assunzioni, delle graduatorie degli ultimi concorsi e di quelle ad esaurimento, ma soltanto se vacanti. Il governo è tuttavia intenzionato in pochi anni a porre fine anche alle graduatorie dove rimarranno ancora precari. E da quel momento in poi, nella scuola si potrà accedere soltanto attraverso i concorsi pubblici.

Budget per l'aggiornamento. Se ne parlava da tempo ma non si concretizzava mai. La possibilità per gli insegnanti di avere un tesoretto da spendere ogni anno per attività o sussidi destinati alla formazione professionale e culturale è una novità in assoluto. A questo servirà la Carta dell'insegnante che conterrà 500 euro da spendere ogni anno.

Agevolazioni per le paritarie. Non si tratta di una novità vera e propria, ma di un gradito ritorno per coloro che credono nell'istruzione privata: la

detrazione fiscale a favore delle famiglie che iscrivono i figli nelle paritarie. Nel 2005, l'ex ministro Letizia Moratti aveva introdotto il Buono scuola, poi sparito per carenze di fondi. Adesso arriva la detrazione fiscale per le spese di iscrizione per le rette, ma la sostanza cambia poco.