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Corriere: Università, progetto Gelmini: tasse più alte per i fuori corso

Settimana «calda» per scuola e atenei: venerdì lo sciopero proclamato dai sindacati di categoria

10/11/2008
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Corriere della sera

La riforma Gli studenti in ritardo con gli esami sono il 37% degli iscritti

Ipotesi di raddoppio limitato a chi non dimostra di lavorare

ROMA — Il ministro della Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini si è sempre detta contraria all'ipotesi di aumentare le tasse universitarie. Anzi, chi merita deve essere aiutato, è la sua linea. E chi invece se la prende comoda, tanto le rette sono abbordabili? Chi scambia l'università per un parcheggio? Per costoro, che sono centinaia di migliaia, è in arrivo un «giro di vite» che potrebbe tradursi proprio in un aumento delle tasse.

La Gelmini ha anticipato un provvedimento sui fuori corso. Non è entrata nei dettagli. Se non per spiegare che lo scopo è quello di ridurre nei limite del possibile — occorre infatti distinguere tra chi non si impegna e chi invece studia e lavora — il numero di quanti si iscrivono ma non danno esami o ne danno pochissimi.

C'è un risvolto etico. Le università, nonostante la scarsità di risorse, fanno pagare la stessa retta a chi è in regola o abbastanza in regola e chi invece costringe la collettività a finanziare i suoi studi per un numero di anni di gran lunga superiore a quello previsto. Il fondo di finanziamento ordinario che alimenta le nostre 75 università è infatti ripartito tenendo conto del numero degli iscritti, in corso o no, a ciascun ateneo.

Una volta, nell'ordinamento, c'era un limite. Negli altri Paesi l'eterno universitario non esiste. Dopo un certo tempo ti buttano fuori. Questo è uno dei possibili modi di intervenire per disincentivare i ritardi. L'altro colpisce il portafoglio. Sei un fuori corso e non puoi dimostrare che lavori?

Dovrai pagare rette più salate.

Al ministero affermano che non c'è alcun provvedimento in fase avanzata di elaborazione. L'ipotesi però è stata avanzata, tra quelle in discussione in questi giorni riguardanti la riforma dell'università. Nessun aumento indiscriminato delle tasse, ma «giro di vite» limitato ai fuori corso. I ritardatari sono 667 mila, un terzo dei quali non lavora. Rappresentano il 37 per cento del totale, 1.800.000 universitari. Per quanto diminuiti negli ultimi anni, sono lì a dimostrare che il nostro sistema non funziona bene.

Un raddoppio delle rette — limitato a quanti non sono in grado di dimostrare che il ritardo dipende da impegni di lavoro — porterebbe nelle casse delle università somme importanti. Difficile fare conti precisi. Ma quelle somme potrebbero essere utilizzate — altra voce trapelata dal ministero — per il diritto allo studio: borse, alloggi, mense e via dicendo. Misure destinate a promuovere la mobilità degli studenti, uno dei punti chiave del programma del ministro Gelmini.

Intanto, mentre il decreto legge varato venerdì scorso dal Consiglio dei ministri dovrebbe essere già oggi pubblicato in Gazzetta Ufficiale, si annuncia una nuova settimana di passione con iniziative di protesta in molte università italiane. Venerdì ci sarà la grande manifestazione di Roma con lo sciopero generale proclamato dai sindacati di categoria contro i tagli e la riforma Gelmini.

Giulio Benedetti


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