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Corriere - perché rispondere delle proprie azioni è cosa ...

E perché rispondere delle proprie azioni è cosa ... E perché rispondere delle proprie azioni è cosa di un altro mondo, è virtù o anche solo dovere che non ha più maestri, non qu...

19/11/2001
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Corriere della sera

E perché rispondere delle proprie azioni è cosa ...

E perché rispondere delle proprie azioni è cosa di un altro mondo, è virtù o anche solo dovere che non ha più maestri, non qui da noi. Ormai siamo tutti affetti da irresponsabilità, malattia contagiosa e deformante, della quale, però, non si ha vergogna, forse perché così diffusa. Fin da piccoli in famiglia i figli vengono, infatti, coperti da papà e mamma: se rubano, se devastano o distruggono la colpa è preferibilmente di cattivi compagni maleducati, di malvagi amici trascinatori; se vanno male a scuola, se meritano votacci o non passano l'esame è probabile che dipenda da insegnanti incapaci o accaniti. E volentieri si fa ricorso al Tar per cancellare bocciature "ingiuste e immeritate".
Non cambia nulla quando i figli non sono più bambini perché, sebbene adolescenti o addirittura adulti, padri e madri continuano, con amore omertoso, a cercare di salvarli da qualsiasi colpa. Non raramente, infatti, si sono visti genitori nascondere e mentire, a rischio di inguaiarsi, pur di proteggere i loro eroi del sabato sera, i loro bulli senza cuore in strada e tremebondi tra le pareti di casa.
Ma poiché non tutti i pirati sono ragazzi, bisogna immaginare che l'esempio di scarso senso della responsabilità venga anche da più in alto. Si è mai visto, a questo proposito, negli ultimi dieci o vent'anni, dimettersi qualcuno - politico, amministratore, manager o funzionario - da una carica finita nella tempesta? Li vediamo tutti, invece, li abbiamo visti anche di recente, mentre si giustificano, si difendono, distinguono esercitandosi nell'arte dello scaricabarile. E fanno scuola.
Infine, per tutti, giovani e meno giovani, c'è l'ininterrotto deresponsabilizzante magistero televisivo, voce di fondo che accompagna e culla. Dove quiz, giochini e concorsi danno perennemente l'idea che la scappatoia sia una regola, che l'aiuto ("l'aiutino", anzi) sia un dovere, la sconfitta mai accettabile e il successo, invece, giusto, dovuto e sempre a portata di mano.
Siderale, naturalmente, è la distanza tra la mancanza di impegno propagata dalle innocenti e zuccherose trasmissioncelle tv e le micidiali piraterie che, giorno e notte, vanno in scena sulle nostre strade.
In realtà hanno, però, l'aria di essere stadi diversi di una stessa malattia che, se all'inizio fa solo un po' ridere, alla fine può diventare tragedia collettiva.

ibossi@corriere.it


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