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Corriere: Mussi: una riforma per gli enti di ricerca Più incentivi agli investimenti dei privati

INTERVISTA / Il ministro: risultati poco brillanti da Enea e Cnr

15/07/2006
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Corriere della sera

ROMA - Ci sono delle cifre che spaventano un po’ il ministro dell’Università e della Ricerca Fabio Mussi. Sono cifre che vengono dai quattro angoli del pianeta e parlano di investimenti giganteschi nella conoscenza. Le tigri asiatiche che aumentato del 25 per cento ogni anno la spesa per la ricerca e lo sviluppo, i centri di eccellenza indiani che tra non molto potrebbero superare il Mit, la decisione di Bush di raddoppiare in 10 anni l’investimento per la ricerca di base. E l’Italia, ministro?

«Lo Stato deve fare la sua parte, ma il nostro problema sono i privati. Manca, da noi, la massa critica della ricerca finanziata dalla grande impresa. Dal privato viene solo lo 0,4 del Pil contro lo 0,7 dello Stato».

Come pensa di far cambiare idea agli imprenditori ?

« Politica fiscale e interventi sul mercato dei capitali. Prodi ha parlato di credito d’imposta a favore delle imprese che commissionano ricerca alle università. Io, Bersani e Nicolais, stiamo invece studiando il modo per muovere un po’ il mercato dei capitali. Penso ad un fondo pubblico per la ricerca e lo sviluppo dove lo Stato, per convincere l’imprenditore a partecipare, si assume una parte del rischio. Ce ne sono in tutto il mondo, nei campi più promettenti per gli investimenti in tecnologia».

Investire nella ricerca universitaria italiana potrebbe diventare un buon affare?

« Non siamo il deserto dei Tartari. Le nostre università producono un’ottima materia prima. Nature ha pubblicato uno studio sui ricercatori del G8. I nostri sono risultati terzi per la produttività scientifica e ultimi per i finanziamenti. È il paradosso italiano: i giovani più promettenti se ne vanno. Siamo diventati una cava di cervelli, finanziamo il funzionamento degli altri sistemi di formazione e di ricerca. Sono interessanti anche i dati dell’ultimo rapporto Civre (Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca). Esperti, anche stranieri, di vari settori disciplinari hanno pesato i risultati della ricerca (brevetti, pubblicazioni e via dicendo)delle nostre istituzioni scientifiche. Il 66 per cento dei prodotti dell’Istituto nazionale di astrofisica è stato giudicato di alto livello. Stessa valutazione per la fisica della materia (Infm)con un 64 per cento di prodotti di elevata qualità. Per la fisica nucleare (Infn) siamo al 56 per cento. Meno brillanti i risultati del Cnr e dell’Enea: 38 e 22 per cento».

Qualcosa va rivisto?

«Occorre anche un intervento di riordino degli enti di ricerca. In primavera scatta il settimo programma quadro europeo. Sono in ballo 54 miliardi di euro. Senza progetti validi niente soldi. Nel precedente programma l’Italia ha garantito il 10 per cento del budget e ha incassato solo il 7 per cento».

I giovani cervelli sono indispensabili per la ricerca. Cosa farà per non lasciarseli scappare?

«Intendo spalancare loro le porte dell’università. Nei prossimi 10-12 anni andrà in pensione il 47 per cento del corpo docente. Serve subito un piano straordinario di assunzione di giovani ricercatori e poi un meccanismo a regime che garantisca un ingresso costante di studiosi nell’università. Non intendo, però, ricorrere in alcun modo a strumenti tipo l’ ope legis . Nell’università si entra dopo una valutazione comparativa».

Giulio Benedetti


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