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Corriere-La sinistra della "terza via" e quella di Cofferati

La sinistra della "terza via" e quella di Cofferati Nella lunga traversata del deserto che il centrosinistra ha intrapreso c'è un problema astratto e prematuro (il ritorno di Romano Prodi alla l...

04/06/2002
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Corriere della sera

La sinistra della "terza via" e quella di Cofferati

Nella lunga traversata del deserto che il centrosinistra ha intrapreso c'è un problema astratto e prematuro (il ritorno di Romano Prodi alla leadership) e una questione concreta e turbolenta: la frattura nel sindacato sull'articolo 18. E' una spaccatura - la Cgil da una parte, la Cisl e la Uil dall'altra - che cambia lo scenario. E per la sinistra tutto diventa più difficile. In apparenza è Sergio Cofferati a essere isolato, in realtà è l'intera opposizione politica a trovarsi in una scomoda posizione. Mentre il vantaggio tattico della controparte si è fatto consistente.
Lo ha subito compreso il presidente della Confindustria, D'Amato, che non a caso nell'intervista di ieri al Corriere ha sferrato un attacco piuttosto aspro sia all'Ulivo sia alla Cgil. Ma il vero obiettivo è colpire le contraddizioni del centrosinistra: un Ulivo appiattito sul sindacato. Incapace, nella visione del capo degli industriali, di costruire una prospettiva riformista. Fassino, Rutelli, D'Alema, tutti in qualche modo subordinati a Cofferati.
E' anche questo un effetto della frattura nel sindacato. Se Pezzotta e Angeletti accettano di trattare, il centrosinistra si trova davanti al bivio: prendere le distanze da Cofferati e dalla sua intransigenza o, al contrario, "coprire" il segretario del maggiore sindacato fino al punto di trovarsi nella sua scia, sconfessando gli altri due?
Al momento prevale senz'altro la prima ipotesi, in qualche misura obbligata. Ma non senza preoccupazioni. Fassino ammonisce sull' Unità che "il governo ha teso una trappola": Cisl e Uil si illudono circa la disponibilità di Berlusconi e se ne accorgeranno presto. Il negoziato è destinato a non produrre alcun risultato, nota il segretario della Quercia: e la sua è per metà una previsione e per l'altra metà una speranza. Anche Arturo Parisi invita Pezzotta e Angeletti a "non cedere alla tentazione della solitudine", cioè a non sganciarsi da Cofferati.
Tuttavia si coglie un po' di imbarazzo. Un conto è sostenere le scelte sindacali contro la politica del governo quando le tre confederazioni marciano all'unisono e le piazze si riempiono; un altro conto è sostenere Cofferati anche quando Cisl e Uil decidono di sperimentare la via del negoziato, nonostante la minaccia di un nuovo sciopero generale da parte della Cgil. L'appoggio a Cofferati è logico da parte della Quercia, ma non altrettanto da parte della Margherita, gamba moderata dell'alleanza.
Tanto più nel momento in cui Romano Prodi, esprimendo la linea prevalente in Europa, traccia anche per l'Italia il profilo di un riformismo stile Tony Blair: "dal pragmatismo della destra la sinistra deve imparare a non essere più schiava del proprio passato". Come è ovvio, il presidente della Commissione è attento a non entrare nella bottega politica italiana; anzi, riconosce al sindacato il diritto di "apparire conservatore" perché il suo compito consiste nel difendere i diritti sociali.
Ma la prospettiva di Prodi è diversa da quella dell'Ulivo che combatte la sua battaglia politica a Roma. Il presidente indica il futuro: il carattere di un riformismo fondato su di uno standard europeo. Viceversa gli ulivisti sono alle prese con le difficoltà quotidiane. Vale a dire un governo Berlusconi che sui temi del lavoro sta recuperando l'iniziativa. E una Confindustria da cui la sinistra subisce un pesante attacco proprio in nome dell'Europa e delle esigenze di "flessibilità" che l'Unione ha fatto proprie.
Perciò ha ragione Parisi quando afferma che aprire oggi il capitolo della leadership nel centrosinistra sarebbe inutile e "logorante". Prima di questo passaggio l'Ulivo deve sciogliere altri nodi, tra cui proprio quelli indicati da Prodi. In sostanza: che cosa vuol dire essere riformisti. Cofferati ha dato la sua risposta e per ora sembra lui l'uomo forte del centrosinistra. Paradossalmente, la maggiore insidia non gli viene dal "centro" dell'Ulivo, ma dall'estrema sinistra. Ossia dal referendum per estendere l'articolo 18 su cui si è impegnato Fausto Bertinotti.
di STEFANO FOLLI