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Corriere-LA FATALITA' E LA COLPA

LA FATALITA' E LA COLPA di GASPARE BARBIELLINI AMIDEI Quei bambini morti nel Molise, a San Giuliano, per molto tempo non ci lasceranno dormire. Ciascuno di noi vorrebbe spiegarsi come possa accade...

01/11/2002
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Corriere della sera

LA FATALITA' E LA COLPA
di GASPARE BARBIELLINI AMIDEI

Quei bambini morti nel Molise, a San Giuliano, per molto tempo non ci lasceranno dormire. Ciascuno di noi vorrebbe spiegarsi come possa accadere, per fatalità o per imprevidenza, che il primo edificio crollato sotto una scossa di terremoto nel mezzo di una mattina di fine ottobre sia l'ultimo che sarebbe dovuto crollare, per quale progressivo slittamento della nostra idea di ordine e di sicurezza non sia la scuola il luogo più sicuro di ogni paese e di ogni città. Il rito scaramantico della prorogatio , parola latina e abitudine italica di rinviare legalmente obblighi e sanzioni, ha creato un fossato profondo quattordici anni, dentro il quale l'infanzia e l'adolescenza sono protette alla rovescia. La norma dice che non c'è rischio, perché i termini vengono allungati. Così il legislatore domina incendi e crolli, corti circuiti e fughe di gas. La legge n. 46 per la messa in sicurezza delle scuole fu approvata nel 1990. Essa fissava al 28 marzo del 1993 il termine ultimo per eliminare situazioni pericolose dentro le aule. Per dodici anni si è continuato invece ad educare generazioni "sotto il vulcano", ci fu una prima proroga al dicembre del '96, una seconda al dicembre del '98, poi al dicembre del '99, ora c'è ancora tempo, l'ultimo rinvio si affaccia al calendario di fine 2004.
Avevo poco più di 20 anni quando fui mandato a raccontare la cronaca del primo terremoto di Irpinia. Ieri sera nelle lunghe trasmissioni televisive a cui facevo da semplice spettatore, in mezzo ad altri milioni di italiani, mi pareva di vedere le stesse facce, di ascoltare le stesse voci, c'era gente allora e c'è gente oggi piena di rabbia, capace di scavare con le mani per salvare non solo i figli propri ma anche quelli altrui. E che si domandava allora e che si chiede oggi: ma quelle scosse della notte non dovevano essere un avvertimento per chi poteva dare l'ordine di sgomberare? Eppure in mezzo è corso un tempo infinito, tutto è cambiato, abitudini e comunicazione. Pigolano ora i telefonini dove un tempo piangevano vecchie donne. I ragazzi che si sono salvati per essere usciti prima del terremoto dalle loro aule andavano ad accendere le zucche di Halloween. Di quella festa celtica e poi americana non avevano sentito mai parlare i loro genitori e i loro nonni. Domani che è il giorno dei morti il cimitero tornerà a farsi pieno di donne e di uomini come accade da sempre. Ma il lutto è nuovo, imperdonabile, perché gli ultimi a morire dovrebbero essere sempre i bambini. Risparmiamo loro la coreografia imposta da una società dello spettacolo specializzata in rappresentazione telediretta del dolore. Risparmiamo gli applausi. C'è un grande bisogno di silenzio. C'è la necessità di raccogliere le idee e di capire che cos'è accaduto, le popolazioni intorno all'epicentro sono frastornate, le madri e i padri che hanno perso i loro figli o stanno in ospedale accanto a quelli feriti non possono darsi ragione della radicale ingiustizia che la vita ha loro riservato.
L'opinione pubblica segue stordita le notizie. Prima ha avuto la preoccupazione e la paura di fronte all'incattivirsi dell'Etna, ora arriva questo terremoto che ha portato morte. Il vulcanologo dice dalla tv: "Bisogna convivere con fenomeni come questi". E ci informa anche che non sono fra i più gravi. Ma si convive male. Nell'inconscio collettivo si nasconde il sentimento di Pompei, quel timore che talvolta turba i sonni più tranquilli e che un eccezionale narratore anglosassone, Malcolm Lowry, rappresentò in un romanzo famoso, Sotto il vulcano .
C'è un vulcano per tutti nel mondo di oggi, sotto il quale è difficile addormentarsi, e quel vulcano è un incubo che può essere il terrorismo, un disastro ambientale, o un'inondazione estiva di fiume come l'Elba o il Danubio, ora il terremoto. Ma la sensazione di insicurezza si dilata quando il caso cattivo mette a nudo, come troppo spesso succede in Italia, imprevidenze legislative, imprudenze di gestioni e cattive abitudini di massa.


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