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Corriere - De Mauro: non è una riforma, ma una fotocopia

De Mauro: non è una riforma, ma una fotocopia "Ha registrato l'esistente e creato nuove complicazioni" ROMA - "Non si può parlare di riforma. Questa è una "conforma", perché in gran parte ...

03/02/2002
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Corriere della sera

De Mauro: non è una riforma, ma una fotocopia

"Ha registrato l'esistente e creato nuove complicazioni"

ROMA - "Non si può parlare di riforma. Questa è una "conforma", perché in gran parte fotocopia l'esistente". La prima critica al riassetto del sistema scolastico firmato Letizia Moratti mossa dal suo predecessore, Tullio De Mauro, è semantica. La seconda è politica: "Questo ministro non ama il confronto parlamentare, nonostante abbia i numeri per sostenerlo. E visto che gli è già andata bene una volta con l'esame di Stato (riportato indietro a prima di Benedetto Croce e Giovanni Gentile), ora ci riprova su scala più grande". Professor De Mauro, si riferisce alla scelta della legge delega?
"No, parlo di un meccanismo scomparso. La legge Berlinguer, come quella di riforma dell'esame di Stato, prevedeva che ogni tre anni, sulla base di una relazione del ministro, il Parlamento potesse riesaminare tutto l'assetto legislativo e introdurre aggiustamenti. In questa legge non c'è più. Secondo questo testo il ministro fa quello che vuole".
Si prevede che ogni 3 anni informi il Parlamento.
"Si spera che lo faccia più spesso. Ma non è la stessa cosa. Lo si è visto con l'esame di Stato: a settembre, invece di tenere il suo primo rapporto, il ministro ha introdotto pesanti modifiche, abolendo la presenza dei componenti esterni nelle commissioni di esame. Che poi, negli anni '20, era stata introdotta proprio su richiesta delle scuole cattoliche, a testimonianza e garanzia della loro serietà".
Perché respinge il termine riforma?
"Perché non riforma niente. Tranne ciò che riguarda l'istruzione professionale e un particolare molto grave".
Quale?
"Nello schema presentato tutto a colori, apprezzabilissimo, che la illustra, non c'è neanche una macchietta di tinta per l'educazione degli adulti che è il nostro ventre molle: più della metà degli adulti non ha la licenza media dell'obbligo e i due terzi sono analfabeti o a rischio di analfabetismo".
Era il caso di ampliare il fronte di lotta all'ignoranza?
"E' questo il nodo strategico dell'educazione. Questa massa di popolazione bassamente istruita non danneggia solo la famosa "Azienda Italia", ma anche i suoi figli. Per l'Istat nel 77% delle case non c'è un libro. Istruire un bambino che esce da una di queste case è una fatica improba e destinata all'insuccesso".
Di nuovo c'è l'alternanza scuola-lavoro?
"L'idea che o si va a scuola o si fa formazione era già nella legge dell'obbligo formativo 4 anni fa. Anche qui siamo alla fotocopia. Di nuovo c'è che il ministro non ha saputo resistere alla tentazione di far uscire i ragazzi un anno prima dalla scuola. E si è inventata questo "mezzo anno". Così riduce a una e mezza le due leve di bambini che si troveranno nella stessa classe. Del resto è un'onda destinata ad assottigliarsi: se si ridurrà il tempo pieno solo le famiglie più abbienti potranno permettersi l'iscrizione anticipata".
E la delega della formazione professionale alle Regioni?
"Questa è nuova ma è un gran punto interrogativo. Credo che Regioni come il Piemonte, la Toscana o l'Emilia Romagna alla fine possano gestire questo apparato che è enorme: quasi il 30% della popolazione scolastica. Ma tante altre? E poi come governare strutture così complesse: i professori diventeranno dipendenti regionali o cosa? Ancora ci sono molti buchi".
Quali?
"Si parla, a ragione, di consultazione con i datori di lavoro, ma mai di rapporti con le organizzazioni sindacali per ciò che riguarda l'alternanza scuola-lavoro: mi sembra un altro aspetto grave. Anche se capisco cosa provi il ministro a trovarsi di fronte a 48 sigle sindacali diverse".
Virginia Piccolillo


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