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Coronavirus, i ricercatori italiani terzi al mondo per le ricerche sul Covid

Analisi sul database biomedico Europe Pmc: più pubblicazioni solo in Cina e Stati Uniti. L'ospedale Spallanzani di Roma e la Statale di Milano i più prolifici. La prorettrice Abbracchio: "In due mesi il lavoro che normalmente si fa in due anni"

07/05/2020
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la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA - Nei primi quattro mesi di emergenza le riviste scientifiche internazionali hanno pubblicato 745 articoli dedicati al Covid-19. Il conteggio è stato realizzato da Scienzainrete sul database Europe Pmc, archivio ad accesso aperto che contiene 46 milioni di abstract, la gran parte dedicati proprio alla ricerca biomedica. A questi si aggiungono, al 28 aprile scorso, duemila preprint: bozze di articoli scientifici che non hanno ancora subito il processo di revisione e sono stati resi pubblici sulle piattaforme online in attesa di ricevere commenti e correggere eventuali errori.

Sulla questione coronavirus alcune riviste scientifiche di primaria importanza oggi ricevono cento paper al giorno: i temi portanti sono quelli classici dell'epidemiologia, la diagnosi, la farmacologia applicata, ma si trovano anche analisi dei comportamenti al tempo del Corona. L'Italia, che ha subito l'onda pandemica presto e ha visto presto chiudere università e laboratori, ha messo il suo fuoco scientifico sulla monoquestione risultando, con 54 articoli, la terza produttrice di pubblicazioni nel mondo. Dopo Cina (262) e Stati Uniti (163). Da questo angolo visuale - la ricerca sul coronavirus - siamo davanti al Regno Unito (53 lavori), alla Francia (42), a Canada e Germania (31 a testa). E' un dato, questo, che replica un assioma certificato dai risultati dei Premi Erc e diventato luogo comune: abbiamo scienziati prolifici e di qualità all'interno di un sistema poco organizzato e poco finanziato sul piano pubblico.

Scienzainrete


Se si scende nel dettaglio dei lavori italiani, si vede che hanno pubblicato sette ricerche a testa l'Istituto di ricovero e cura Spallanzani di Roma, il primo ospedale italiano a entrare nella grande questione del Covid a partire dal 29 gennaio con il ricovero della coppia cinese contagiata, e l'Università Statale di Milano, che ha sedi di ricerca nei grandi policlinici milanesi. Per esempio, il gruppo di lavoro che ha identificato i primi tre genomi del virus sviluppato in Lombardia, esattamente al Sacco di Milano, era coordinato da Gianguglielmo Zehender, Claudia Balotta e Massimo Galli, ricercatori della Statale. "Hanno messo i risultati subito a disposizione sulle banche dati", ricordano in università. In questa classifica di prolificità Covid, seguono altre due realtà ospedaliere lombarde: l'Humanitas di Rozzano e il San Raffaele di Milano, cinque lavori ciascuno. Quattro paper li ha prodotti il Campus Biomedico di Roma e tre a testa un ospedale, l'Irccs San Matteo di Pavia, e tre università: Bicocca di MilanoFederico II di Napoli Basilicata.

Scienzainrete


"Abbiamo settanta ricerche in corso in trentatré dipartimenti", dice Maria Pia Abbracchio, prorettrice alla ricerca della Statale, "le facoltà di Medicina e Chirurgia, quindi Scienze e Tecnologia contribuiscono sulle Biotecnologie, l'Informatica e la Fisica. Contributi arrivano da Scienze del farmaco e Scienze agrarie. Sono sempre lavori trasversali, realizzati in tandem disciplinari. La Statale ha convenzioni con molti ospedali pubblici che fanno ricerca di base ed è interessante notare come hanno prodotto lavori e ottimi lavori, da una parte, i medici che sono al fronte e che hanno ottenuto proroghe alle chiusure per i laboratori interni. Dall'altra, continuano a produrre studi da casa stuoli di ricercatori che lavorano con i figli al fianco, con tutte le difficoltà che la quarantena ha imposto loro. Si sono ingegnati. E, d'altro canto, oggi si possono fare da remoto alcune parti della ricerca moderna. Per esempio, si possono disegnare molecole sul pc che saranno poi sintetizzate in laboratorio. Il Covid, alla fine, ci ha ricordato che bisogna lavorare insieme: la quantità di informazioni sviluppate nel mondo è stata straordinaria. In due mesi la ricerca sta facendo quello che si sarebbe realizzato, in condizioni normali, in due anni".


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