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Coronavirus e didattica a distanza, la riforma fai-da-te inventata da presidi e professori

Coronavirus e didattica a distanza, la riforma fai-da-te inventata da presidi e professori

08/04/2020
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Corriere della sera

Gianna Fregonara

Che cosa sia per davvero la didattica a distanza, non lo sa dire nessuno. Neppure il ministero dell’Istruzione, che nel renderla obbligatoria con il decreto di lunedì, ha comunque messo nero su bianco che non se ne possono valutare i risultati in termini di apprendimento e di prestazione dei ragazzi. Alla fine dell’anno, si legge all’articolo 1 sarà dunque valutato «l’impegno degli alunni». Un paradosso che è la fotografia ben definita di quello che sta succedendo in queste settimane nelle scuole italiane. L’unica certezza della didattica a distanza, è la distanza, cioè le lezioni non sono tenute a scuola. Per il resto è un grande fai-da-te, un improvvisato bricolage affidato agli insegnanti, un esperimento di creatività collettiva che potrebbe diventare una riforma. Persino la ministra Lucia Azzolina quando la ha inaugurata pensava ad una modalità per permettere alle scuole del Nord Italia di rimanere vicino ai propri ragazzi per un paio di settimane durante la prima quarantena. L’esperimento ha rischiato di travolgere tutto ed è stato rapidamente trasformato in una necessità: ma i contorni e i contenuti sono ancora tutti da disegnare. E per ora si basa sullo sforzo di professori e presidi.

Tutti online

Che cosa succede nelle scuole lo ha fotografato in questi giorni una rilevazione della Cisl: su un campione di 2600 scuole, il trenta per cento di quelle presenti nel nostro Paese, praticamente tutte fanno qualche forma di didattica a distanza. Si ferma all’1,8% dei casi la situazione in cui è svolta da una minoranza di docenti, mentre nel 62,7% risulta coinvolta la totalità del personale docente e nel 35% dei casi dalla maggioranza. Il ministero si era limitato nei giorni scorsi a far sapere che oltre l’ottanta per cento delle scuole era in qualche modo in contatto con gli studenti: ma il «contatto» può essere il WhatsApp delle maestre, una piano di lezioni, una mail con i compiti, insomma un po’ di tutto. Senza contare che il Miur ha censito le scuole - via Facebook - e non le classi. Anche in uno stesso istituto le lezioni sono molto diverse perché dipende dalla preparazione al digitale e dall’intraprendenza e appunto creatività degli insegnanti.litici

Lo sforzo dei docenti: impegno raddoppiato

«Non è poco - spiega Maddalena Gissi, segretario scuola della Cisl -, se si considera quanto l’emergenza sia giunta improvvisa e imprevista, e se si tiene conto delle difficoltà con cui ci si misura non solo a livello di competenze e dimestichezza nell’uso di tecnologie e linguaggi della comunicazione a distanza, ma soprattutto della frequente carenza di efficaci dotazioni strumentali e infrastrutturali, come evidenziano gli intervistati, segnalando l’esistenza di problemi legati sia alle difficoltà di connessione, sia alla disponibilità di strumentazione» Un dato molto interessante e poco noto riguarda l’impegno per i docenti, per preparare, correggere, tenere i contatti e aggiornarsi: per l’87,3 per cento dei docenti è maggiore di quello richiesto normalmente. Solo il 10,8% considera invariato il carico di lavoro, a fronte di un 2,1% che lo considera diminuito. Tra gli insegnanti c’è chi lavora più di 25 ore (64per cento) e chi più di 36 (21 per cento) . Tutto ciò, nonostante le attività agli alunni avvenga nella maggior parte dei casi (76%) per una quantità di ore ridotta rispetto a quelle previste ordinariamente in presenza. Solo nel 24% dei casi infatti l’orario delle lezioni corrisponde a quello ordinario. La valutazione degli alunni si fa nel 69 per cento delle scuole. In tre casi su quattro sono stati i presidi ad attivarsi e a coordinare la nuova modalità, mentre nel 25 per cento hanno lavorato autonomamente i professori delle singole classi.

Le esperienze

Ci sono scuole in cui si fa un’ora al giorno (per le elementari) tra le proteste dei genitori. Altre in cui le maestre mandano video e piccoli documentari da vedere (con i genitori), chi dà solo compiti (modalità espressamente esclusa dalla didattica a distanza nei documenti ministeriali: ci vuole il feedback della maestra o dei professori), ci sono scuole in cui i professori hanno paura di mostrarsi in video, altre in cui hanno preso il congedo parentale. Ci sono istituti in cui si è fatta la simulazione della Maturità (quella normale) online, ma anche professori che chiedono agli studenti di bendarsi prima di essere interrogati per evitare la tentazione di sbirciare dai libri. Persino l’associazione nazionale dei presidi ha preso posizione per dire che gli insegnanti devono abbandonare la valutazione tradizionale e sforzarsi di fare un passo avanti e valutare le competenze. Oggi è difficile immaginare che cosa resterà di questo esperimento nazionale, che ogni giorno si arricchisce di novità, di soluzioni e anche di nuovi tablet che le scuole stanno distribuendo a chi ancora non li ha (l’Istat dice una famiglia su tre).


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