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Controlli e ingressi differenziati "Così abbiamo riaperto a giugno"

Il modello di un istituto nei Quartieri Spagnoli: "Finora nessun contagio"

25/08/2020
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La Stampa

giuseppe salvaggiulo

Nel cortile dell'ex istituto religioso Montecalvario, Quartieri Spagnoli di Napoli, non hanno aspettato linee guida e task force. Perché «io penso che la scuola debba restare aperta sempre, 24 ore su 24 se fosse possibile. La nostra l'abbiamo già aperta», dice Rachele Furfaro, direttrice di questa e di altre quattro scuole napoletane del network «Dalla parte dei bambini»: 1300 alunni dai 2 ai 14 anni, di cui quasi 400 in questo edificio del XVI secolo che la fondazione Foqus ha trasformato in sei anni da simbolo di abbandono a esempio di rigenerazione urbana, e non in senso retorico.

Nei Quartieri Spagnoli, come in tutte le periferie, il lockdown è stato più duro. Alta densità abitativa, massiccia inoccupazione, forte disagio sociale, tassi di abbandono scolastico oltre il 30%. «La scuola ha dato i computer a chi non ce l'aveva, ma non è questo il punto – dice la direttrice –. Non basta possedere gli strumenti tecnologici, c'è bisogno di avere una casa con uno spazio, un luogo in grado di garantire l'attenzione e la concentrazione che la nuova situazione richiede. E c'è bisogno, forse ancora di più, di adulti che si prendano cura di te. In Italia 2 milioni di bambini e ragazzi non 

sono stati raggiunti dalla didattica a distanza, si è aperto un vuoto di democrazia nell'indifferenza generale».

Ad aprile la Furfaro ha scritto ripetutamente alla ministra, proponendo di «trasformare una tragedia collettiva in occasione per ripensare la scuola con radicalità e immaginazione. Nessuna risposta. Allora si è deciso di fare da soli. A giugno questa è stata l'unica scuola di Napoli a riaprire. Per tutta l'estate oltre 500 alunni sono rientrati «perché abbiamo organizzato i centri estivi: distanziamento, triage all'ingresso, misurazione della febbre, regole per i genitori, numero di operatori adeguati alla nuova situazione e utilizzo di spazi all'aperto di tutta la città». Risultato: nessun contagio.

Ora è già pronto un nuovo protocollo. «Ci siamo rivolti ad architetti e ingegneri per calcolare il numero massimo di persone in ciascuno spazio. E poi ingressi differenziati per età e scagionati: non più tutti alle 8 ma con diversi slot ogni quarto d'ora, cominciando alle 7,30 con i genitori che lavorano. Stessa cosa all'uscita: dalle 15,30 alle 17 allungando il vecchio orario di mezz'ora. Divieto di avvicinamento ai genitori per evitare assembramenti. Un addetto Covid all'ingresso per il triage. Presidio medico permanente con spazio ad hoc. Programmazione didattica in modo che almeno il 30% degli alunni svolga sempre attività fuori dalla scuola, decongestionando gli ambienti».

Quanto alla misurazione della febbre, per la Furfaro deve farsene carico la scuola. «Qui, ad esempio, condizione simile a quasi tutti i quartieri della fragilità sociale del Paese, si registra un alto tasso di genitorialità precoce, mamme di 14 anni, famiglie che mandano i figli a scuola con la bronchite. Un rapporto con la genitorialità completamente diverso da quello a cui siamo soliti riferirci. Altro che termometri. Bisogna pensare a tutti, alle periferie con tassi di abbandono scolastico al 30% - non solo a Napoli - altrimenti l'articolo 3 della Costituzione che invita a rimuovere gli ostacoli diventa carta straccia».

Non è un miracolo, anzi. «Per noi è più semplice. Non abbiamo rinunciato a nulla, anzi abbiamo enfatizzato il nostro modello di "scuola attiva", che mette in moto processi autonomi di crescita, anziché limitarsi a insegnare. Per noi lo spazio svolge una funzione nel processo educativo, e per questo va modulato a seconda dell'attività proposta. Le nostre classi non superano i 16 alunni, il rapporto docenti/studentii è 1 a 5. I banchi non sono allineati ma "a spicchi", in modo da poter essere disposti in cerchio se l'attività è collettiva. Tenere un bambino cinque ore nella stessa posizione guardando la stessa immagine lo demotiva, non stimola la sua intelligenza e curiosità. Noi differenziamo gli spazi a seconda delle attività - musica, lingue, matematica - e portiamo i bambini in spazi all'esterno, dai musei ai parchi». E guai a chiamarle "gite", perché sono «uscite per attività periodiche di apprendimento, programmate a inizio anno».

Visto dai Quartieri Spagnoli, il dibattito sulla scuola è incomprensibile. «Stiamo privando da mesi otto milioni di bambini e ragazzi di istruzione, gioco e socialità, ledendone il diritto al futuro. La scuola va aperta senza se e senza ma. Tutti dovrebbero assumersene la responsabilità, ma ci si preoccupa più delle discoteche. Assistiamo a un balletto che provoca inquietudine nelle famiglie e racconta molto del Paese che siamo». —