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Concorso presidi, il granello di sabbia e i tremila vincitori beffati

Nel mega-ricorso si contestava un po’ di tutto. Il Tar ha detto no a dieci rilievi su undici. Ma i tre commissari in conflitto di interessi hanno permesso di annullare tutta la procedura

04/07/2019
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Corriere della sera

Gianna Fregonara e Orsola Riva

Mettiamoci nei loro panni. Dopo anni di onorato servizio nella scuola, avevano deciso di rimettersi sui banchi a studiare per passare in plancia di comando: diventare presidi. Per mesi hanno letto e sottolineato libri e dispense, a volte anche frequentato costosi corsi di formazione, preso aspettative, treni e aerei, dormito in hotel la notte prima dell’esame e ora, a un passo dall’agognato traguardo, dopo aver speso tanto tempo e soldi, se lo vedono sfilare così. Per un’imperdonabile leggerezza commessa dal Miur nella composizione delle commissioni giudicatrici. Lo ha stabilito il Tar: il concorso va annullato, prova da rifare. Tutta colpa di tre commissari di Caserta in palese conflitto di interesse: due preparatrici di corsi e un sindaco in carica. E così a settembre - al netto del ricorso al Consiglio di Stato subito annunciato dal Miur che dovrà fare il suo corso - le oltre 8 mila scuole italiane rischiano di riaprire i battenti con il solito carosello di dirigenti in reggenza: presidi che devono gestire anche tre-quattro scuole diverse che a loro volta spesso si articolano su più plessi come nei casi dei tanti istituti comprensivi che uniscono scuole d’infanzia elementari e medie.

Tutti i ricorsi

Come ormai è la norma nella pubblica amministrazione, anche questo concorso è stato investito da subito da una marea di ricorsi. Prima ci sono stati quelli che erano stati bocciati alla prova preselettiva che hanno ottenuto - via Tar - di poter essere ammessi a una prova scritta suppletiva. Poi ci sono stati i bocciati allo scritto che hanno fatto ricorso perché in Sardegna causa maltempo le prove si sono svolte due mesi dopo delle altre regioni. Infine sono iniziate ad arrivare una serie di segnalazioni rilanciate dalla stampa di irregolarità varie con commissari che correggevano i compiti e contemporaneamente partecipavano a consigli comunali. E’ stato pure aperto un fascicolo in procura.

Tutto da rifare

Di tutte queste contestazioni, i giudici amministrativi, nella persona del presidente della terza sezione bis del Tar Giuseppe Sapone, ne hanno tenuta in piedi una sola: una su undici. Ma tanto è bastato per annullare tutta la costosissima procedura messa in piedi dal Miur: prima con una prova preselettiva a cui avevano partecipato 38 mila candidati. Fatta una prima scrematura e portati gli aspiranti presidi a 8.700, in autunno c’era stato lo scritto, dopo del quale erano rimasti in 3.700. Il governo intanto, in vista dei pensionamenti di quest’anno, complice l’onda lunga dei baby boomers e il quota 100, aveva pure aumentato i posti disposizione da 2.400 a 2.900. Erano stati quasi tutti già scelti e invece: tutto da rifare.

I precedenti

E pazienza se nella sentenza i giudici hanno respinto tutti le altre obiezioni mosse dalla ricorrente ritenendole infondate - leggi: pretestuose. Respinta l’obiezione sulla valutazione dei candidati tramite voto numerico («la censura è infondata»); respinta quella sul software per le risposte e sull’errata formulazione di due quesiti («le censure appaiono destituite di principio di prova)»; respinta quella sul ritardo in Sardegna causa maltempo («anche siffatta doglianza non coglie nel segno)»; respinta anche quella sulla presunta violazione del principi di anonimato. Quest’ultimo è uno dei cavalli di battaglia degli studi legali specializzati nei ricorsi al Tar: già nel 2011 il concorso presidi in Lombardia fu annullato per l’uso di buste trasparenti che in linea teorica (solo in linea teorica!) avrebbero compromesso il sacrosanto principio della non riconoscibilità del candidato. Lo stesso è accaduto tre anni dopo con il test di Medicina per colpa di codici alfanumerici decrittabili e plichi manomessi: con il bel risultato che circa 5.000 bocciati all’esame sono stati ammessi al corso di laurea anche se avevano preso zero nel test; e per di più sono passati davanti a chi quel test lo aveva superato.

Le dodici doglianze

Ma questa volta, no. I giudici hanno respinto anche questa obiezione: «La doglianza appare priva di fondamento e va dunque disattesa». Giù giù, punto per punto, fino a quell’ultima obiezione, l’undicesima, su cui invece il Tar non ha potuto non dare ragione alla ricorrente. Ma non si potevano annullare solo le prove delle commissioni incriminate? Quelle dei tre commissari in palese confitto di interesse? No, perché i tre avevano preso parte alla riunione preliminare di gennaio della Commissione plenaria che aveva fissato niente meno che le griglie di valutazione per tutti. «Ne discende che tale illegittimità si riflette a cascata sull’operato di tutte le commissioni». E pazienza se i vincitori meritavano il posto. A inceppare la macchina dei concorsi può bastare un granello di sabbia. Il Miur ora farà ricorso ma se si vuole togliere acqua al business dei ricorsi bisogna essere inappuntabili. E anche questa volta non è stato così.


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