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Concorsi per prof, al nord la metà dei corsi

27/04/2020
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Il Sole 24 Ore

Eugenio Bruno e Claudio Tucci

La fase 2 della scuola andrà in onda in differita di 5 mesi. A differenza delle altre attività pubbliche e private che riapriranno i battenti a giorni, per il ritorno in classe degli 8 milioni di studenti italiani ci vorrà settembre. A deciderlo, su input della comunità scientifica, è la ministra Lucia Azzolina che punta a rendere il meno traumatico possibile il rientro tra i banchi. Da un lato, elaborando insieme al comitato di esperti guidato da Patrizio Bianchi le misure utili a ripartire in sicurezza; dall’altro, cercando di contenere la “supplentite” tipica di ogni inizio di anno scolastico. Si spiega così la scelta della titolare dell’Istruzione di accelerare sui concorsi a cattedra bloccati da quasi due anni e attesi domani in Gazzetta Ufficiale nonostante il niet dei sindacati (e di LeU). 

Dei 61.863 posti previsti dai tre bandi - uno straordinario per medie e superiori e due ordinari per infanzia e primaria e per le secondarie di I e II grado - almeno i 24mila dello straordinario riservato ai precari con 3 anni di servizio potrebbero essere assegnati entro settembre. Se, come sperano a viale Trastevere, la prova semplificata si svolgesse ad agosto (si punta ad avere 33mila postazioni pc dislocate nelle 8mila scuole) dai nuovi assunti arriverebbe un aiuto a scongiurare il rischio di ritrovarci con 200mila supplenti. A patto che gli aspiranti prof siano pronti a spostarsi, perché oltre metà delle disponibilità (come dimostra il grafico) sono ubicate al Nord. Una scelta che va fatta al momento della domanda, e in modo consapevole, visto che poi il neo immesso in ruolo dovrà restarci per 5 anni.

Il concorso straordinario

Al bando possono partecipare gli insegnanti precari, non abilitati, con 3 anni di servizio alle spalle (anche non consecutivi) negli ultimi 12. E almeno uno dei tre deve essere svolto nella classe di concorso per la quale ci si candida. Secondo i primi calcoli del ministero sono circa 77mila i possibili candidati. La domanda si presenta in un’unica regione dal 28 maggio al 3 luglio. Ci si può candidare sia per il sostegno sia per il posto comune, ma occorre versare un contributo di 40 euro per ciascuna procedura. La selezione consiste in una sola prova scritta (massimo di 80 punti) più la valutazione dei titoli (massimo 20 punti, di cui 3 per una laurea magistrale o vecchio ordinamento e un punto per ciascun anno di servizio). Il concorso si supera con 56/80, corrispondente ai 7/10 citati dalla legge.

L’abilitazione

A chi ottiene 56/80, ma non rientra nei 24mila posti messi a concorso, viene offerto un “paracadute”. Cioè potrà partecipare a una procedura, ugualmente straordinaria, per conquistare almeno l’abilitazione all’insegnamento (per il ruolo poi si dovrà comunque superare un concorso). Alla stessa procedura, sempre facendo domanda dal 28 maggio al 3 luglio, può partecipare chi ha tre anni di servizio nelle scuole, statali o paritarie (si supera con 7 decimi) e ha pagato l’obolo di 15 euro.

I concorsi ordinari

Ne sono attesi due. A quello per medie e superiori possono partecipare gli abilitati, ma anche i semplici laureati purché in possesso dei 24 Cfu nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche. A quello per infanzia e primaria possono iscriversi anche i diplomati magistrali ante 2001/2002. La domanda si presenta (anche qui in un’unica regione) dal 15 giugno al 31 luglio, pagando un contributo di segreteria di 10 euro. In entrambi i casi vanno superati gli scritti (a medie e superiori gli scritti sono due, a infanzia e primaria, uno) e l’orale, oltre a una preselezione regionale dove i candidati superano di 4 volte i posti a concorso.

Le questioni aperte

Le selezioni ordinarie si svolgeranno a ottobre. Per quest’anno dunque tutte le speranze anti-supplenze sono affidate al concorso straordinario. Oltre al fattore tempo, bisognerà capire se ci saranno, o meno, possibili imboscate al Senato dove è in corso l’esame del decreto scuola. Eventuali modifiche alla norma giocoforza rallenterebbero la procedura. E offrirebbero una sponda, in un certo senso inaspettata, ai sindacati, finora tenuti ai margini della partita, ma che da giorni chiedono al governo di “negoziare” i singoli bandi. Che per il concorso straordinario significherebbe renderlo ancora più light, probabilmente per soli titoli, o poco più. Azzerando, così, quel minimo di selettività che invece la ministra Azzolina prova a difendere.