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Concorsi e raccomandazioni, la battaglia dell'escluso diventa un emblema per l'Anac

Un ricercatore di Tor Vergata ha impugnato l'esito di una prova dello scorso anno: "La vincitrice aveva un sodalizio economico con il presidente della commissione". Così il ricorso presentato dal secondo classificato all'Autorità anti corruzione è destinato ad aprire nuove possibilità per combattere gli esami falsati

23/03/2017
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la Repubblica

Corrado Zunino

OMA - Un candidato a un concorso da ricercatore (a tempo determinato) dell'Università di Tor Vergata, Dipartimento di Diritto privato, è riuscito a fermare gli esiti della prova svolta lo scorso autunno - lui, denunciante, era arrivato secondo - perché la vincitrice risultava in una posizione "di abituale frequentazione e collaborazione scientifica" con il presidente della commissione incaricata di valutare l'esame. Il presidente era stato tutor e assistente della ricercatrice e, secondo il ricorrente, i due avevano instaurato un sodalizio di carattere economico.
 
Il ricorrente è riuscito a fermare il concorso scrivendo lo scorso 19 ottobre all'Autorità anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone ed elencando tutte le circostanze in cui vincitrice e presidente avevano lavorato insieme, situazione che avrebbe illuminato la carriera della laureata in Giurisprudenza. Il secondo piazzato del concorso per il posto da ricercatore ha quindi minacciato un ricorso al Tar e diffidato l'università romana dal far partire la chiamata di assunzione della prima classificata: "Al limite, assumete tutti e due", ha scritto.  
 
L'Università - e già questa è una novità - ha alzato le mani e stracciato la classifica  stimolando così un controricorso al Tar della vincitrice non assunta. Da questa storia, frequente nel suo svolgimento negli atenei italiani, frequente anche a Tor Vergata, l'Anac di Cantone ha tratto lo spunto per ricontrollare la Giurisprudenza italiana in tema di conflitti di interesse tra esaminato ed esaminatore e ha sottoscritto, sottolineandola con la delibera 209, una questione dirimente: c'è un'incompatibilità tra un candidato a un concorso e un componente della commissione quando la collaborazione professionale o la comunanza di vita sfociano in una comunione di interessi economici "di particolare intensità", tali da dar luogo a un vero e proprio sodalizio professionale. Dovrà essere la singola università a valutare la questione verificando le autodichiarazioni sottoscritte al momento dell'esame.
 
L'Università di Tor Vergata ha evidenziato, in fase di difesa, come il presidente di commissione fosse stato anche tutor, commissario di dottorato e relatore di tesi del secondo piazzato, ma il ricorrente - realizzati alcuni accessi agli atti - in punta di Diritto ha segnalato come l'ateneo stesse nascondendo "i pregressi rapporti professionali" tra presidente e candidata noti, almeno in un caso, allo stesso rettore e, secondo, come la vincitrice "avrebbe autocertificato fatti non corrispondenti al vero" nel corso della domanda di partecipazione. Il ricercatore piazzato ha infine reso pubblico il suo timore di essere oggetto di ritorsioni evidenziando come l'ateneo abbia concesso alla numero uno non confermata di leggere la sua corrispondenza per farle realizzare un più informato ricorso al Tribunale amministrativo.

Le leggi esistenti già segnalano l'incompatibilità, in caso di concorso pubblico (e quindi anche universitario), tra gli esaminati che abbiano un grado di parentela o di affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata, con il rettore, il direttore generale, un componente del consiglio di amministrazione. Sottolinea l'Anac: è il commissario che, con un'autocertificazione, dichiara la "non sussistenza" di situazioni di incompatibilità con i concorrenti.

Attraverso la giustizia amministrativa si possono identificare alcune ipotesi concrete sul tema. Si evince infatti che non c'è conflitto di interesse se candidato ed esaminatore lavorano nello stesso ufficio del candidato, se c'è solo un rapporto "di colleganza o di collaborazione" e non "ulteriori e specifici indicatori di una situazione di particolare intensità e sistematicità, tale da dar luogo a un vero e proprio sodalizio professionale" (qui si è espresso il Consiglio di Stato).

Ecco, ci vuole "un rilievo" dei rapporti "tale da far sorgere il sospetto che il candidato sia giudicato non in base al risultato delle prove, bensì in virtù delle conoscenze personali". E "il rilievo" si può definire tale quando il rapporto allievo-maestro, o candidato-commissario lavoranti nello stesso ufficio, si concreta "in un autentico sodalizio professionale stabile e con reciproci interessi di carattere economico". Il Tar del Friuli Venezia Giulia, sempre l'Anac, ha aggiunto nel novero delle posizioni incompatibili

"i rapporti di collaborazione costanti, assoluti" che creano vincoli di amicizia. Non è, tuttavia, un conflitto di interessi l'aver pubblicato insieme - candidato e commissario - una o più opere, "ipotesi ricorrente nella comunità scientifica"