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Commissioni di maturità,il pasticcio dei presidenti

Commissioni di maturità, il pasticcio dei presidenti di Pino Patroncini Poche settimane fa avevamo segnalato l'errore del ministero dell'Istruzione che aveva obbligato tutti i docenti a renders...

23/04/2002
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Commissioni di maturità,
il pasticcio dei presidenti
di Pino Patroncini

Poche settimane fa avevamo segnalato l'errore del ministero dell'Istruzione che aveva obbligato tutti i docenti a rendersi disponibili per coprire il posto di presidente nelle commissioni degli esami di Stato
(vedi l'articolo "Maturità, presidenti per forza").
Un obbligo al di fuori dalle norme contrattuali e di stato giuridico a cui, forse anche grazie alla denuncia di Kataweb Scuola, si è rimediato consentendo ai docenti non interessati di ritirare le domanda.

L'operazione non è stata comunque priva di strascichi, sia perché il 5 aprile, senza nessun preavviso, il sistema informativo del Ministero ha chiuso le aree di accesso alle procedure, lasciando in sospeso molti ritiri (dopo alcune proteste, comunque, le aree sono poi state riaperte fino al 17), sia perché una successiva nota ministeriale riguardante gli esoneri per cause di forza maggiore dal compito di presidente, è stata da qualche direzione generale confusa con la nota sui ritiri e ha costretto qua e là qualche docente a inventarsi improbabili gravi motivi per giustificare il ritiro della domanda.

Ma i problemi procedurali per lo svolgimento degli esami non sono finiti qui. Infatti le modifiche apportate alle commissioni dalla Finanziaria, hanno trasformato le commissioni stesse da esterne in interne, ma non hanno modificato la procedura prevista dalla legge a suo tempo varata da Berlinguer.
La cosa si fa tanto più evidente, quanto paradossale, per quello che riguarda il lavoro dei presidenti di commissione.
Secondo la legge (quella di Berlinguer, tuttora in vigore), che prevede una commissione di membri esterni ogni due classi e un presidente ogni commissione, i presidenti di commissione devono essere presenti in ogni momento dello svolgimento degli esami.
La finanziaria, al contrario, prevede una commissione per ogni classe, formata dai docenti della classe stessa, e un presidente di commissione per...ogni sede di esame! Vale a dire un solo presidente per un numero imprecisato di commissioni.

Così stando le cose per rispettare la lettera della legge sarebbe necessario che i lavori delle commissioni fossero programmati in sequenza. Ma in questo modo anche la durata dell'esame, che si pretendeva ridotta rispetto ai precedenti, verrebbe dilatata a dismisura nei mesi estivi, persino oltre la fine di luglio, data "storica" della conclusione degli esami, quando ancora venivano chiamati "di maturità".

Visto lo svarione, per limitarne il danno, i funzionari del ministero si sono affrettati a dire che per sede di esame andava intesa non la singola unità scolastica, ma l'edificio in cui si svolge l'esame, contemplando quindi un presidente anche in ogni sede staccata.
E non solo: anche per le scuole con indirizzi diversi ( ad esempio una scuola che comprende corsi liceali e corsi tecnici) è previsto un presidente per ogni indirizzo.
E' questo il motivo per cui il numero dei presidenti è lievitato da 3.500, cioè pari al numero delle scuole superiori, a circa 7.000, con buona pace degli intenti di risparmio.

Ma anche questo evidentemente non era sufficiente. L'ordinanza ministeriale 43 dell'11 aprile si è infatti premurata di dare ulteriori indicazioni:
"Il presidente assicura la sua presenza nella sede di esame, con il compito di organizzare e coordinare tutte le operazioni di esame e di vigilare sui lavori delle commissioni. Per garantire la funzionalità delle commissioni stesse, delega per ciascuna commissione, un proprio sostituto scelto tra i commissari, al quale, tra l'altro, può affidare, il giorno della prima prova scritta, il plico contenente le tracce dei temi per la dettatura ai candidati e la successiva riproduzione dei testi."

Tutto a posto dunque? No, perché l'ordinanza prosegue così:
"Il presidente deve, in ogni caso, essere presente in commissione durante le operazioni che richiedono decisioni che vanno assunte dall'intera commissione"

Fermo restando che questo implica il funzionamento sequenziale delle riunioni preparatorie e degli "scrutini finali", cosa di per sé scontata, come può il presidente essere presente in tutte le commissioni quando c'è da prendere una decisione?
Bisognerà dare una successione anche ai lavori di correzione delle prove, visto che la correzione ha da essere collegiale?
E che ritmi avranno i lavori delle commissioni se ogni volta che c'è un problema occorrerà attendere che il presidente si sposti dall'una all'altra?

Si ha in sostanza l'impressione che l'Amministrazione stia arrampicandosi sugli specchi, schiacciata tra le nuove disposizioni dettate dalla Finanziaria e il rischio di una valanga di ricorsi procedurali da parte degli alunni respinti o insoddisfatti, i quali potrebbero lamentare l'imperfezione della commissione giudicatrice.
Lunedì 22 aprile 2002
Pino Patroncini
Cgil Scuola

Lunedì 22 aprile 2002

Poche settimane fa avevamo segnalato l'errore del ministero dell'Istruzione che aveva obbligato tutti i docenti a rendersi disponibili per coprire il posto di presidente nelle commissioni degli esami di Stato
(vedi l'articolo "Maturità, presidenti per forza").
Un obbligo al di fuori dalle norme contrattuali e di stato giuridico a cui, forse anche grazie alla denuncia di Kataweb Scuola, si è rimediato consentendo ai docenti non interessati di ritirare le domanda.

L'operazione non è stata comunque priva di strascichi, sia perché il 5 aprile, senza nessun preavviso, il sistema informativo del Ministero ha chiuso le aree di accesso alle procedure, lasciando in sospeso molti ritiri (dopo alcune proteste, comunque, le aree sono poi state riaperte fino al 17), sia perché una successiva nota ministeriale riguardante gli esoneri per cause di forza maggiore dal compito di presidente, è stata da qualche direzione generale confusa con la nota sui ritiri e ha costretto qua e là qualche docente a inventarsi improbabili gravi motivi per giustificare il ritiro della domanda.

Ma i problemi procedurali per lo svolgimento degli esami non sono finiti qui. Infatti le modifiche apportate alle commissioni dalla Finanziaria, hanno trasformato le commissioni stesse da esterne in interne, ma non hanno modificato la procedura prevista dalla legge a suo tempo varata da Berlinguer.
La cosa si fa tanto più evidente, quanto paradossale, per quello che riguarda il lavoro dei presidenti di commissione.
Secondo la legge (quella di Berlinguer, tuttora in vigore), che prevede una commissione di membri esterni ogni due classi e un presidente ogni commissione, i presidenti di commissione devono essere presenti in ogni momento dello svolgimento degli esami.
La finanziaria, al contrario, prevede una commissione per ogni classe, formata dai docenti della classe stessa, e un presidente di commissione per...ogni sede di esame! Vale a dire un solo presidente per un numero imprecisato di commissioni.

Così stando le cose per rispettare la lettera della legge sarebbe necessario che i lavori delle commissioni fossero programmati in sequenza. Ma in questo modo anche la durata dell'esame, che si pretendeva ridotta rispetto ai precedenti, verrebbe dilatata a dismisura nei mesi estivi, persino oltre la fine di luglio, data "storica" della conclusione degli esami, quando ancora venivano chiamati "di maturità".

Visto lo svarione, per limitarne il danno, i funzionari del ministero si sono affrettati a dire che per sede di esame andava intesa non la singola unità scolastica, ma l'edificio in cui si svolge l'esame, contemplando quindi un presidente anche in ogni sede staccata.
E non solo: anche per le scuole con indirizzi diversi ( ad esempio una scuola che comprende corsi liceali e corsi tecnici) è previsto un presidente per ogni indirizzo.
E' questo il motivo per cui il numero dei presidenti è lievitato da 3.500, cioè pari al numero delle scuole superiori, a circa 7.000, con buona pace degli intenti di risparmio.

Ma anche questo evidentemente non era sufficiente. L'ordinanza ministeriale 43 dell'11 aprile si è infatti premurata di dare ulteriori indicazioni:
"Il presidente assicura la sua presenza nella sede di esame, con il compito di organizzare e coordinare tutte le operazioni di esame e di vigilare sui lavori delle commissioni. Per garantire la funzionalità delle commissioni stesse, delega per ciascuna commissione, un proprio sostituto scelto tra i commissari, al quale, tra l'altro, può affidare, il giorno della prima prova scritta, il plico contenente le tracce dei temi per la dettatura ai candidati e la successiva riproduzione dei testi."

Tutto a posto dunque? No, perché l'ordinanza prosegue così:
"Il presidente deve, in ogni caso, essere presente in commissione durante le operazioni che richiedono decisioni che vanno assunte dall'intera commissione"

Fermo restando che questo implica il funzionamento sequenziale delle riunioni preparatorie e degli "scrutini finali", cosa di per sé scontata, come può il presidente essere presente in tutte le commissioni quando c'è da prendere una decisione?
Bisognerà dare una successione anche ai lavori di correzione delle prove, visto che la correzione ha da essere collegiale?
E che ritmi avranno i lavori delle commissioni se ogni volta che c'è un problema occorrerà attendere che il presidente si sposti dall'una all'altra?

Si ha in sostanza l'impressione che l'Amministrazione stia arrampicandosi sugli specchi, schiacciata tra le nuove disposizioni dettate dalla Finanziaria e il rischio di una valanga di ricorsi procedurali da parte degli alunni respinti o insoddisfatti, i quali potrebbero lamentare l'imperfezione della commissione giudicatrice.

Pino Patroncini
Cgil Scuola


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