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Commissari a spese proprie nei concorsi per ricercatore

IL DDL SUL RECLUTAMENTO APPROVATO A MONTECITORIO

22/06/2021
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ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

Per fare i commissari d'esame i professori universitari dovranno pagarsi anche le spese di trasporto. Non importa per quale sede si venga sorteggiati e con quali mezzi la si possa raggiungere, essere chiamati a far parte di una commissione d'esame per aspiranti ricercatori sarà un impegno anche finanziario.

A dire che i commissari, prof di prima o seconda fascia e dirigenti di ricerca o primi ricercatori di enti pubblici-purché in possesso dell'abilitazione nazionale- non solo non avranno diritto a gettoni di presenza o emolumenti di altro tipo per l'attività svolta di esaminatori, ma neppure ai rimborsi per le spese sostenute è l'art. 5, comma 1, lettera b), numero 3 del ddl 2285.

La proposta di legge, in materia di attività di ricerca e di reclutamento, è stata approvata la scorsa settimana dalla Camera in prima lettura e trasmessa al Senato per l'ok finale ( si veda ItaliaOggi del primo giugno scorso). Il provvedimento, frutto dell'unificazione di 6 diverse proposte di legge, semplifica tutte le figure pre-docenza, rimuovendo la distinzione, prevista nel 2010 dalla riforma Gelmini, tra ricercatore di tipo A, cioè con contratto a tempo determinato per 3 anni rinnovabile per altri 2, e (successivo) ricercatore di tipo B, con contratto per 3 anni con la possibilità di essere assunto nei ruoli di professore di seconda fascia una volta ottenuta l'abilitazione scientifica nazionale e a seguito di valutazione interna. Ci sarà invece una unica figura di ricercatore in regime di tenure track, per massimo 7 anni, che potrà essere assunto come associato previa valutazione da farsi a partire dal terzo anno, e purché in possesso dell'abilitazione.

«Sul tema del reclutamento dei ricercatori e delle carriere universitarie, due anni di lavoro in commissione Cultura hanno permesso di maturare un consenso trasversale e di strutturare un provvedimento che finalmente razionalizza le borse di ricerca post lauream», spiega Vittoria Casa, M5s, presidente della VII Commissione di Montecitorio, «valorizza il titolo di dottore di ricerca nel mondo del lavoro, in particolare all'interno della pubblica amministrazione, abbrevia i tempi entro i quali si diventa professori, unifica le carriere dei ricercatori, favorisce la mobilità tra atenei; conferisce più trasparenza ai concorsi e alle nomine delle commissioni giudicanti». In realtà l'articolo 24 comma 5bis della legge 240 consente attualmente, dopo un solo anno di contratto di ricercatore di tipo B, di essere inquadrati nei ruoli di professore associato.

Proprio la trasparenza dei concorsi è stata uno dei pallini dei 5stelle che hanno fortemente voluto la previsione di una commissione, in maggioranza composta da membri esterni, tutta sorteggiata, considerando ciò necessario ad evitare concorsi pilotati. «Con una commissione nazionale, con commissari sorteggiati, c'è sempre la possibilità di infiltrazione nello scegliere il candidato prescelto, ma il rischio è molto più basso di quello di oggi, si inverte la tendenza», è il commento di Alessandro Melicchio (M5s) relatore della legge.

«I membri della commissione sono scelti con sorteggio operato dall'università, con modalità automatica, tramite il portale unico dei concorsi dell'università e della ricerca, tra i soggetti iscritti in una banca dati contenente, per ciascun macrosettore concorsuale» -precisa l'articolo 5 della nuova legge-, i nomi dei prof e dei dirigenti e ricercatori di ricerca aventi i requisiti indicati. Non avendo previsto una copertura finanziaria ad hoc per la mobilità forzata dei commissari, in coda la legge prevede che agli adempimenti della nuova procedura «si provvede nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

Inevitabile a questo punto la chiusa: «Ai componenti della commissione giudicatrice non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati».

Una previsione che nei fatti rischia di far fallire la riforma, posto che non saranno molti i professori disposti a fare i commissari a proprie spese.

La mobilità interessa anche i candidati. Ciascuna università, infatti, nell'ambito della programmazione triennale, dovrà destinare almeno un terzo dei posti a chi abbia svolto dottorati o attività di ricerca presso atenei diversi da quelli che emanano il bando, in Italia o all'estero, per almeno 36 mesi. Inizialmente la previsione della riforma era che tutte le candidature fossero destinate solo ad esterni. La mobilità dei ricercatori, secondo la ministra dell'università e ricerca, Maria Cristina Messa, «darà una scossa propulsiva al sistema.


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