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Cicli scolastici, riapre il cantiere

Fedeli: scuola dell'obbligo a 18 anni. Sindacati critici

29/08/2017
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ItaliaOggi

Emanuela Micucci

Rivedere i cicli scolastici in una prospettiva di formazione continua. «Io sarei per portare l'obbligo scolastico a dai 16 ai 18 anni perché un'economia come la nostra, che vuole davvero puntare su crescita e benessere, deve puntare sull'economia e sulla società della conoscenza così come peraltro ci viene dall'ultima Agenda Onu 2030 sottoscritta anche dall'Italia». Una rivoluzione quella proposta dalla ministra dell'istruzione Valeria Fedeli, intervenendo al Meeting di Cl a Rimini, che riapre il cantiere della revisione dei cicli scolastici. Una rivoluzione che collega con la riforma dei cicli scolastici e il life long learning, consapevole che «questo non si realizza in due giorni, ma la visione e l'attuazione sono importanti». «Si dovrebbe fare», spiega, «una rivisitazione complessiva dei cicli scolastici da un punto di vista della qualità dei percorsi didattici interni. Se si punta su questo si deve sapere che il percorso educativo e formativo, che non smette mai nel corso della vita, ha comunque bisogno di avere una più larga partecipazione possibile, almeno fino a 18 anni, poi per percorsi anche diversificati del liceo, degli istituti tecnici professionali».

Un'idea quella di innalzare l'obbligo di istruzione e formazione a 18 anni di cui si parla dai tempi in cui al vertice Miur sedeva Luigi Berlinguer. Divisi i sindacati. «Non è la priorità, sono più importanti i contenuti», ha dichiarato Lena Gissi della Cisl scuola, «spero non ci sia la volontà di rimettere in gioco la scuola solo sotto un profilo di facciata». Una proposta storica della Flc-Cgil, che adesso saluta con favore la riapertura ma al tempo stesso bolla come «del tutto sbagliata la curvatura funzionalistica attribuita dalla ministra alla proposta, troppo legata unicamente agli interessi del mondo produttivo». Dalla Cgil arriva anche una stima delle risorse che sarebbero necessarie per innalzare l'obbligo scolastico: 17 miliardi di euro, «che corrisponde a quel punto di pil che ci manca nell'investimento in istruzione per essere allineati alla media dei Paesi Ocse».

In Europa, però, sono solo 4 i Paesi dove l'obbligo arriva a 18 anni: Belgio, Portogallo, Paesi Bassi e, solo in 12 lander, in Germania, che negli altri 5 lander fissa l'età di uscita dagli studi a 19 anni. Nel maggioranza dei Paesi dell'Unione ci si ferma a 16 anni. Come In Italia. Secondo l'ultimo rapporto Euridyce sui sistemi educativi europei, infatti, la scuola dell'obbligo dura in media 9-10 anni. Si allunga a 11 in Bulgaria, Galles, Lettonia, Malta, Regno Unito, Scozia, ma con gli alunni che hanno compiuto 16 anni. In Romania l'anno in più di obbligo coincide con i 17 anni di età degli alunni. Mentre nei Paesi Bassi si resta sui banchi fino a 18 anni, ma per ben 13 anni. Stessa durata della Repubblica di Macedonia, dove però gli studi finiscono a 19 anni e 6 mesi di età.

Esattamente come in Italia, scuola obbligatoria fino a 16 anni per una durata complessiva di 10 anche nella Finlandia che svetta in tutte le classifiche internazionali degli apprendimenti degli studenti. Il nocciolo della questione, infatti, non è quanti anni far durare l'istruzione e la formazione, ma innalzare il successo formativo degli alunni, il loro rendimento. Dicono i presidi dell'Anp guidata da Giorgio Rembado: «Serve un reale potenziamento qualitativo dell'offerta formativa e non solo quantitativo».

Anche perché il rapporto Euridyce precisa che nei negli altri Paesi gli alunni tra i 15-16 anni e i 18-19 anni hanno la possibilità di frequentare percorsi in alternanza scuola-lavoro, combinare corsi scolastici a tempo parziale con corsi part-time in azienda. È il caso, ad esempio, di Inghilterra, Austria e Polonia, dove, finita la scuola a 16 anni, i ragazzi devono restare in percorsi di istruzione o formazione fino a 18 anni.


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