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Cercasi via di fuga dalla «Buona Università» di Renzi

Oggi e domani a Roma assem­blea nazio­nale della Flc-Cgil: si cerca un’uscita dalla crisi epocale

01/10/2015
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il manifesto

La riforma annun­ciata esten­derà il «Jobs Act» anche ai pre­cari della ricerca e por­terà un attacco alle garan­zie costi­tu­zio­nali della docenza uni­ver­si­ta­ria. Il governo tiene ancora un pro­filo basso, tra indi­scre­zioni inquie­tanti. Oggi e domani a Roma assem­blea nazio­nale della Flc-Cgil: si cerca un’uscita dalla crisi epocale

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L’assemblea «Fuori dall’emergenza, costruiamo insieme una via d’uscita dalla crisi dell’università», orga­niz­zata dalla Flc-Cgil oggi e domani al dipar­ti­mento di Archi­tet­tura di Roma Tre a Roma (Largo Gio­vanni Bat­ti­sta Marzi 10) apre la sta­gione poli­tica dell’università. Quella che dovrebbe por­tare all’approvazione, via decreto, della molto voci­fe­rata — ma al momento priva di con­te­nuti — «Buona Uni­ver­sità» annun­ciata da Renzi: la «riforma» che esten­derà il «Jobs Act» anche ai pre­cari della ricerca e por­terà un attacco alle garan­zie costi­tu­zio­nali della docenza uni­ver­si­ta­ria esclu­den­dola dalla pub­blica amministrazione.

Pro­getti roboanti ma di cui, ancora, non c’è trac­cia. Il governo ha infatti spento i riflet­tori dopo la mobi­li­ta­zione con­tro la riforma della scuola e dopo una serie di uscite non pro­prio sma­glianti. Memo­ra­bile è stata la «gior­nata d’ascolto» orga­niz­zata dal Pd a feb­braio, quando Fran­ce­sca Puglisi — la respon­sa­bile scuola-università del par­tito — pre­sentò agli invi­tati una bozza di discus­sione sulla riforma che in realtà era stata decisa un mese e mezzo prima. Segui­rono infuo­cate polemiche.

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Uni­ver­sità: Renzi è la con­ti­nua­zione della riforma Gel­mini con gli stessi mezzi
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Oggi il pro­filo è basso: nella legge di sta­bi­lità ci sareb­bero 100 milioni di euro per la «chia­mata diretta» per nuovi docenti, pra­ti­ca­mente una coop­ta­zione libera a dispetto dei con­corsi; ci potrebbe essere un «resty­ling» dei con­tratti pre­cari (dot­to­rato, asse­gni­sti, bor­si­sti e altri) in un con­tratto unico — «a tutele cre­scenti» del Jobs Act; forse una manu­ten­zione della riforma dei cri­teri Isee che impe­di­scono agli stu­denti aventi diritto di acce­dere alle borse di stu­dio. Emer­genze a cui il governo potrebbe rime­diare con qual­che toppa, usando la logica di chi guarda il dito e non la luna.

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Uni­ver­sità: fine annun­ciata dopo quat­tro anni da cavia

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La crisi del sistema uni­ver­si­ta­rio è pro­dotta dalle inco­gruenze del sistema della valu­ta­zione Anvur che mette in com­pe­ti­zione diretta gli ate­nei del Sud con quelli del Nord. La distri­bu­zione delle pre­mia­lità e dei «punti orga­nico» pre­vi­sti dalla «riforma» Gel­mini ha pri­vato gli ate­nei del Centro-Sud di quasi 700 ricer­ca­tori dirot­tati verso quelli del Nord-Italia. Una tra­sfor­ma­zione gene­tica dell’università che sarà ampli­fi­cata dalla nuova «Valu­ta­zione della Qua­lità della ricerca» (Vqr) ai nastri di par­tenza. Nel pro­gram­mato dis­sol­vi­mento dell’università pub­blica, qual­cosa si muove ma sem­bra avere un pro­filo cor­po­ra­tivo. Il blocco degli sti­pendi dal 2010 ha pro­dotto una pro­te­sta tra i docenti che è par­tita da Torino e si è estesa altrove. Si parla di un boi­cot­tag­gio della «Vqr» se non ci sarà l’adeguamento sala­riale. Nell’università ostag­gio della meri­to­cra­zia, e dis­san­guata dai tagli, ser­peg­gia il malcontento.


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