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Carrozza: il voto di maturità non deve avere valore legale. «Le valutazioni delle commissioni d’esame sono troppo soggettive»

TANTI 100 E LODE PER I DIPLOMATI DEL SUD, MA I DATI INVALSI DICONO CHE AL NORD GLI ALUNNI SONO PIÙ PREPARATI

25/09/2013
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Il Messaggero


IL CASO
ROMA Potrebbe essere l’anticamera di una rivoluzione nel mondo della scuola e dell’università. Ed è già una miccia accesa sul significato dei voti conseguiti, rispetto a quello che potrà essere il successo nel mondo del lavoro. «Sono contraria al valore legale del voto di maturità e di laurea», ha detto il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza in occasione di un Forum organizzato dall’agenzia Ansa. Non solo: «Sono contrarissima - ha aggiunto il ministro - a dire che bisogna dare valore al voto, soprattutto se abbiamo commissioni che dipendono dalla soggettività».
Senza dover ricordare le bocciature di cui si favoleggia riguardo l’infanzia del più celebre Nobel per la Fisica, Albert Einstein (che in realtà non fu ammesso al test per entrare al Politecnico di Zurigo), le dichiarazioni di Maria Chiara Carrozza sembrano una virata improvvisa su quella che è stata la politica del ministero fino ad ora. Appena due settimane fa è stato abolito il bonus maturità (con molte polemiche, perché era stato appena introdotto). Ma quel tratto di penna con cui il Consiglio dei ministri ha cancellato il bonus era dovuto ai dubbi sui criteri scelti per conferirlo. Il bonus altro non era che un premio in base al voto della maturità, da aggiungere al risultato dei test per accedere ai corsi di laurea a numero chiuso. Quindi, un riconoscimento del voto.
LE NUOVE VALUTAZIONI
In passato si è perfino dibattuto in Parlamento sull’abrogazione del valore legale della laurea, quindi ben oltre il voto. Il precedente governo, guidato da Mario Monti, proprio su questo aveva lanciato una consultazione pubblica. Ora si riapre il dibattito. «In questi ultimi anni andiamo sempre più verso il riconoscimento delle competenze – spiega Flavio Corradini, rettore dell’università di Camerino -. Io lavoro molto con gli imprenditori e vedo che loro fanno sempre più riferimento a quello che i giovani sanno fare, indipendentemente dal voto di laurea. Ora si guarda di più alla persona, alle sue capacità». Per Corradini ben venga l’abolizione del valore del voto di laurea e diploma «ma a patto che sia fatto in maniera strutturata. La valutazione deve essere della persona».
Una valutazione che dovrebbe innescare una concorrenza virtuosa tra scuole e università e favorire una maggiore meritocrazia. «Oggi chiunque ha interesse a scegliere persone che sanno fare - sottolinea Corradini -. E questo vale sia per le aziende private che per le pubbliche amministrazioni».
LO SPREAD IN PAGELLA
Uno dei nodi dell’istruzione è nelle differenze di valutazione, dalla scuola all’università. Secondo uno studio del periodico Tuttoscuola c’è uno “spread” nella valutazione degli studenti: al Sud gli alunni hanno voti più alti alla maturità rispetto ai coetanei del Nord. Eppure al Nord hanno risultati migliori nelle valutazioni oggettive, come i test Invalsi. Segno che i professori sono più “buoni” nel meridione e viceversa più esigenti nel settentrione. E anche limitandosi ai voti degli esami di maturità dello scorso anno, i “100 e lode” sono più della metà nel Mezzogiorno. «Uno studente non deve valere per un numero scritto su un diploma da commissioni che operano con criteri estremamente diversi dalle Alpi alle Sicilie - sostiene Roberto Pellegatta, presidente della Disal (Associazione nazionale dei dirigenti scolastici) - ma per l’effettiva preparazione acquisita che porta con sé». Un traguardo non semplice da raggiungere per la Disal, che è contraria pure al valore legale del titolo di studio. «Ma sarà l’unico modo per favorire i migliori - conclude Pellegatta – e servirà anche a valutare correttamente il lavoro di scuole e università».
Alessia Camplone