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Caro ministro Fioramonti, faccia tesoro del nostro lavoro

Bisogna superare quello spezzettamento delle discipline messo in atto dalle riforme gelminiane, che ne hanno ridotto peso ed efficacia, per elaborare proposte per l’insegnamento della storia (e non solo) e avviare una riflessione sulle didattiche conseguenti

09/10/2019
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il manifesto

Alba Sasso

Il ministro Fioramonti sostiene che i libri di testo di storia, nella tradizione della scuola e dell’editoria scolastica nel nostro Paese, sono superficiali. Non sono d’accordo e soprattutto la storia non è insegnata, e da tempo, solo come “sequenza di battaglie”. Anche se a qualcuno, come a suo figlio, è capitato proprio questo.

Da molti anni, invece, la didattica della storia frutto di un grande lavoro di storici, esperti, docenti è diventata un serbatoio di idee, di proposte, di innovazione culturale e didattica. E anzi sarebbe il caso, ci pensi Ministro, di reintrodurre tra le prove dell’esame di maturità il tema di carattere storico, immotivatamente eliminato da qualcuno dei suoi predecessori.

Purtroppo negli ultimi anni ogni nuovo Ministro dell’Istruzione si pone il problema di cambiare, modificare, riformare la scuola, senza coinvolgere la scuola stessa, e soprattutto senza conoscere le trasformazioni avvenute nell’organizzazione curricolare, e anche nella didattica delle singole discipline negli ultimi anni.

Un caso emblematico è proprio quello della storia.

Infatti nell’insegnamento di questa disciplina molto è cambiato anche sul terreno della didattica, per iniziativa appunto di singoli docenti, di associazioni, di istituti di ricerca, di case editrici. Per anni si è discusso approfonditamente sulla necessità dell’insegnamento del ‘900 nella scuola italiana, e in questo campo si sono realizzate significative “sperimentazioni”, mentre, invece, scelte governative rischiavano di ridimensionare proprio il peso della storia, per esempio con l’insegnamento della cosiddetta geostoria nel biennio della scuola superiore.

Forse bisognerebbe ricominciare da lì. Dal cercare di superare quello spezzettamento delle discipline messo in atto dalle riforme gelminiane, che ne hanno ridotto peso ed efficacia, per elaborare proposte per l’insegnamento della storia (e non solo) e avviare una riflessione sulle didattiche conseguenti. Sarebbe veramente un segnale di attenzione nei confronti di quella parte significativa del mondo della scuola per la quale l’insegnamento non è solo un “travaso” di contenuti, ma la costruzione di sapere e conoscenza.

Purtroppo da troppo tempo siamo alle politiche degli annunci di Ministri e Presidenti del Consiglio che da soli propongono e decidono su cosa e come si insegna e si impara a scuola. Ce lo siamo dimenticati quel capo del governo che, con la bacchetta alla lavagna, indicava agli insegnanti cosa e come insegnare?

Allora un modesto consiglio.

Gentile ministro Fioramonti, se davvero intende restituire valore e importanza all’insegnamento della storia, se davvero crede che la storia «sia una lente per guardare al futuro», e che ci sia bisogno di dare rilievo e importanza allo studio della storia contemporanea nella nostra scuola, non si affidi a soluzioni estemporanee. Costituisca un piccolo gruppo di esperti, tra cui docenti “in trincea” e chieda loro di lavorare, tenendo anche conto della ricca elaborazione esistente, a proposte concrete su tempi, modi e contenuti dell’insegnamento della storia, dalla scuola di base fino all’ultimo anno della scuola superiore.

Proposte che introducano appunto la scelta di inserire a pieno titolo l’insegnamento della storia contemporanea, nel percorso scolastico. Proposte che potrebbero veramente accrescere sapere e competenze di studentesse e studenti e che, soprattutto, potrebbero essere in grado di fornire loro strumenti per riflettere e capire la realtà, le trasformazioni e le contraddizioni del mondo in cui viviamo.


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