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C'è conflitto di interessi, i sindacati non possono impugnare il bonus merito

Il tar lazio: legittima l'esclusione dei precari. Cgil: ricorreremo

03/10/2017
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ItaliaOggi

Carlo Forte

I sindacati non possono fare ricorso al Tar se gli interessi degli iscritti che difendono davanti al giudice sono in conflitto con quelli di altri lavoratori appartenenti alla stessa categoria. Pertanto, la Cigl e la Gilda non avevano titolo a presentare ricorso al Tar per impugnare i provvedimenti del Ministero dell'istruzione con i quali era stata data attuazione alle disposizioni sul bonus ai docenti più meritevoli previsto dalla legge 107/2015. Lo ha stabilito la III sezione-bis del Tar del Lazio con due sentenze: la n. 7831/2017 e la 9405/2017 (si veda ItaliaOggi di sabato scorso). Il collegio ha respinto due ricorsi presentati separatamente dai due sindacati dichiarandoli entrambi inammissibili per effetto della carenza di legittimazione attiva. Ma li ha dichiarati infondati anche nel merito. «Faremo ricorso al Consiglio di stato», replica il segretario della Flc-Cgil, Francesco Sinopoli, «c'è un'ampia giurisprudenza europea a tutela dei diritti dei lavoratori a tempo determinato a maggior ragione quando lavorano su posti di organico di diritto».

Entrambi i ricorsi muovevano dalla considerazione che il bonus del merito è destinato solo ai docenti di ruolo. E ciò costituirebbe una discriminazione a danno dei docenti precari. Discriminazione che risulterebbe in contrasto con il divieto in tal senso ordinariamente previsto dalla normativa comunitaria. In entrambi i casi le organizzazioni sindacali avevano chiesto al Tar di sollevare una questione pregiudiziale davanti alla Corte di giustizia europea oppure una questione di legittimità costituzionale in riferimento alle norme della legge 107. Ma il Tar ha respinti entrambi i ricorsi. Nella sentenza 7831/2017 (ricorso Gilda) il Tar ha spiegato che il limite alla legittimazione ad agire dell'organizzazione sindacale, per interessi non esclusivi dell'organizzazione stessa, è rappresentato dall'esistenza di un conflitto d'interessi all'interno della categoria quale conseguenza dell'azione proposta.

E il ricorso contro l'esclusione dei docenti precari dal bonus del merito, secondo il Tar, mirerebbe «a tutelare gli interessi esclusivi di alcuni iscritti», si legge nella sentenza, «e proprio sotto quest'aspetto sussiste una situazione di conflitto d'interessi atteso l'eventuale estensione della platea dei beneficiari del Fondo, nei termini invocati in ricorso, andrebbe necessariamente a ledere la posizione dei docenti di ruolo, anch'essi iscritti al sindacato ricorrente, atteso che agisce in asserita rappresentanza anche del personale di ruolo, i quali vedrebbero sensibilmente ridotta la quota per essi disponibile».

Nella sentenza 9405/2017 (ricorso Cigl) i giudici amministrativi hanno ribadito lo stesso principio e hanno anche dichiarato la inammissibilità del ricorso anche per carenza di contraddittorio. «Ove, infatti, il ricorso dovesse essere accolto sotto il profilo della spettanza del bonus anche ai docenti assunti con contratto a tempo determinato» si legge nel provvedimento «ne deriverebbe la lesione della posizione dei docenti di ruolo, i quali vedrebbero sensibilmente ridotta la quota per essi disponibile, con conseguente necessità di notificare il ricorso ad almeno un docente di ruolo». Nel merito, la sentenza 7831/2017 reca una motivazione ampia e articolata, mentre la 9405/2017 appare piuttosto succinta, sebbene concluda sostanzialmente allo stesso modo. In buona sostanza il Tar ha ritenuto di non accogliere la richiesta delle organizzazioni sindacali di investire della questione la Corte di giustizia europea e la Corte costituzionale. Ciò perché non esisterebbe alcuna discriminazione di trattamento a danno dei docenti precari.

Secondo al III sezione-bis l'assenza di discriminazione sarebbe dovuta al fatto che l'elargizione del bonus si collega all'esito di un processo di valutazione, previsto dalla legge 107/2015, al quale non sono sottoposti i docenti precari. E ciò giustificherebbe la diversità di trattamento insieme al fatto che la durata triennale degli incarichi dei docenti di ruolo consentirebbe solo a questi ultimi di partecipare in modo funzionale alla realizzazione degli obiettivi prefissati del piano triennale dell'offerta formativa collegati alla maturazione del bonus. Il Tar ha motivato la propria posizione anche facendo riferimento all'assenza di norme dell'ordinamento che prevedano la parità di trattamento retributivo tra precari e non precari. E che tale sarebbe anche l'orientamento della Corte di Cassazione. Orientamento che, però, sembrerebbe essersi assestato di recente su una posizione contraria a quello individuato dal Tar. La Suprema corte, infatti, è ormai costante nel ritenere che ai docenti precari debba essere riconosciuto il diritto alla ricostruzione di carriera esattamente come i docenti di ruolo. Il mutamento di indirizzo della Cassazione, peraltro, ha indotto il legislatore a prevedere un apposito stanziamento nella legge 107/2015 proprio per fare fonte alle soccombenze in giudizio.


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