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Buona Scuola/2. Ma sarà anche una ‘Buona Riforma’?

Il fatto è che Renzi – primo leader di un governo di sinistra (o sinistra-centro) a fare questa scelta – ha deciso di privilegiare non il rapporto con gli insegnanti e i loro sindacati ma quello con i genitori e l’opinione pubblica

29/06/2015
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Tuttoscuola

Se Renzi ha vinto la sua battaglia sul versante politico-parlamentare non si può dire che altrettanto abbia fatto su quello della popolarità nel mondo della scuola del Pd da lui guidato, popolarità che anzi, secondo stime fatte dagli analisti dei flussi elettorali dopo le ultime elezioni regionali, sarebbe scesa ai minimi storici per il più importante partito della sinistra, erede della ‘Ditta’ bersaniana e dei cattolici democratici, da Prodi a Mattarella.

Il fatto è che Renzi – primo leader di un governo di sinistra (o sinistra-centro) a fare questa scelta – ha deciso di privilegiare non il rapporto con gli insegnanti e i loro sindacati ma quello con i genitori e l’opinione pubblica attraverso una massiccia campagna audio-video-social network.

All’opinione pubblica è giunto un messaggio semplificato, ma forte e chiaro, di discontinuità rispetto a un passato di mediazioni, rinvii e tagli: fine del precariato, ripresa degli investimenti in istruzione, più autonomia, più valutazione, più merito.

Ma l’onere di assicurare la transizione al nuovo modello di scuola è stato caricato quasi per intero – forse al di là della consapevolezza dei progettisti della Buona Scuola - sulle spalle del dirigente scolastico, senza coinvolgere e motivare gli insegnanti. Si è data anzi l’impressione di considerare questi ultimi come un ostacolo, e non come i protagonisti dell’innovazione, della Grande Svolta verso la scuola futura. Per questo l’adesione allo sciopero è stata così ampia.

Si è trattato di un errore di comunicazione da parte di Renzi-Giannini, o della scelta di puntare tutto sui (super)presidi, nella convinzione che poi l’intendance suivra?

Noi ci auguriamo che non si tratti della seconda ipotesi, ma non possiamo fare a meno di osservare che a questa legge, che pure contiene importanti novità, manca comunque qualcosa che sia in grado di mobilitare professionalmente e ri-motivare gli insegnanti. Qualcosa che farebbe diventare la Buona Scuola anche una Buona Riforma. A questa riflessione dedichiamo le due notizie successive.

Buona Scuola/3. Si vede il volto…

 

Si è spesso preso a prestito il titolo di un classico film del 1946, ‘Il volto e l’anima’ (con Bette Davis che interpreta entrambi i personaggi di due gemelle identiche nel volto ma profondamente diverse nell’anima), per descrivere situazioni di contrasto tra l’apparenza esterna e la reale natura, identità, vocazione di un soggetto umano, o anche di un artefatto culturale come può indubbiamente essere considerata una legge.

Se applichiamo l’immagine al Ddl Buona Scuola troviamo che il volto della scuola italiana - il modello organizzativo, la sua struttura esteriore - presenta un certo numero di novità, soprattutto in termini di maggiore autonomia e responsabilità delle scuole e dei loro dirigenti nella gestione dell’offerta formativa, ma che assai poco di concreto la nuova legge dice della sua anima, cioè della sua attitudine/idoneità ad affrontare i problemi di fondo che la zavorrano anche nei confronti internazionali: dispersione, forti dislivelli territoriali e per tipo di scuola, mediocri performance medie degli studenti, edilizia ottocentesca.

Il fatto è che, malgrado le apprezzabili finalità enunciate in astratto fin dal comma 1 (ex art. 1) della legge (“affermare il ruolo centrale della scuola nella società della conoscenza e innalzare i livelli di istruzione e le competenze delle studentesse e degli studenti, rispettandone i tempi e gli stili di apprendimento, contrastare le diseguaglianze socio-culturali e territoriali, prevenire e recuperare l'abbandono e la dispersione scolastica, in coerenza con il profilo educativo, culturale e professionale dei diversi gradi di istruzione, realizzare una scuola aperta, quale laboratorio permanente di ricerca, sperimentazione e innovazione didattica, di partecipazione e di educazione alla cittadinanza attiva, garantire il diritto allo studio, le pari opportunità di successo formativo e di istruzione permanente dei cittadini”), mancano le scelte di fondo che possano tradurre tali finalità in risultati concreti.

 

4. Buona Scuola/4. … ma manca l’anima

 

Tuttoscuola ha provato più volte, in occasioni diverse (dossier, articoli, interviste) a individuare alcune delle citate scelte di portata strategica, capaci davvero di ‘cambiare verso’, per dirla con l’espressione lanciata da Renzi, al sistema scolastico italiano.

Le ricordiamo qui in estrema sintesi: superamento (vero) del disciplinarismo, soppressione delle bocciature (se non dopo una serie di interventi), eliminazione degli standard minimi di apprendimento e valutazione (il ‘sei’ di gelminiana memoria), curricula personalizzati-individualizzati, sostituzione dei diplomi con certificazioni che attestino credibilmente i risultati e le competenze raggiunte da ciascuno studente, utilizzazione dell’ultimo anno di scuola secondaria superiore come anno-ponte verso le scelte successive, scuole aperte tutto il giorno e d’estate, con docenti almeno in parte significativa a tempo (36 ore) e stipendio pieno.

Si tratta di scelte che non possono essere delegate (scaricate) alle scuole, ma devono al contrario essere fatte ed esplicitate a livello centrale, nazionale. Sono scelte strategiche, di sistema-Paese, rispetto alle quali le scuole dovrebbero esercitare un’autonomia di tipo solo strumentale, riguardante cioè solo i mezzi con i quali conseguire le finalità definite a livello nazionale. 

Sono scelte di questo tipo e livello che rivelano l’anima di una legge. Ma non ci sembra di ravvisarle dietro il volto della Buona Scuola. Esso non rivela una visione nuova della nostra scuola. La consultazione più estesa di cui abbiamo memoria e il dibattito parlamentare non hanno prodotto alcuna immagine di ciò che l’istruzione potrebbe e dovrebbe essere domani. Non resta che auspicare che il dibattito, sicuramente vivace (ma speriamo non sfogo di rabbia e di varie istanze corporative), che accompagnerà nei prossimi mesi la prima attuazione della legge faccia emergere e condividere ampiamente la necessità di dare alla Buona Scuola l’anima che per ora non ha, una nuova missione capace di coinvolgere e motivare tutti i suoi protagonisti, a partire dagli insegnanti.