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Bugie di ministro sulla scuola

Autonomia differenziata

22/06/2019
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ROARS

Massimo Villone

Il 24 aprile il governo ha firmato con i maggiori sindacati della scuola (Cgil, Cisi, Uil, Snals, Gilda) un accordo, per cui è stato sospeso uno sciopero già indetto per il 17 maggio. Chiudeva nettamente, a parole, alla regionalizzazione della scuola. Ha firmato anche Bussetti. Tutto chiarito, dunque? Per esserne sicuri, leggiamo cosa dice Bussetti in una intervista sul Mattino del 7 giugno in cui parla proprio di autonomia differenziata, scuola e università. Sull’autonomia il ministro ci informa che c’è un lavoro che va avanti da mesi. Quel poco che è disponibile al pubblico sul sito del ministero autonomie non espone il dettaglio dei lavori in corso, ed è di significato scarso o nullo. Con chi, dove e con quali esiti si è svolto il lungo lavoro di cui parla il ministro? Il lavoro è stato condiviso con i vari soggetti coinvolti, anche in sede parlamentare, dice Bussetti. I membri delle commissioni in cui si sono svolte audizioni sul tema lamentano di non avere a disposizione le carte. Da ultimo, la ministra Stefani ha argomentato che sono troppe per trasmetterle alle Camere. Al più, singoli parlamentari potrebbero essere ammessi a consultarle presso il ministero. Sul personale, il ministro ripete che non c’è un testo definitivo, ma non nega la possibile regionalizzazione dei concorsi e delle assunzioni. Parla di nuovi percorsi di assunzione e abilitanti. Quali? Sull’università, afferma che sono tornate a crescere le assunzioni, ed è stato potenziato il diritto allo studio. Ma esiste o no un disegno di autonomia differenziata emerso in una bozza di decreto ministeriale subito sepolta dalle polemiche. È vero o no che si concedeva maggiore autonomia, e quindi un insostenibile vantaggio competitivo, ad università definite di eccellenza secondo parametri costruiti in modo di relegare gli atenei del Sud in bassa classifica? Insomma, se questo è il pensiero del ministro, che valore dobbiamo dare all’accordo del 24 aprile?

Il ministro Bussetti parla di autonomia differenziata, di scuola e università, in una intervista sul Mattino del 7 giugno. Segue gli standard comunicativi usuali dei ministri gialloverdi (in specie leghisti) sul tema: mezze verità quando non bugie, ambiguità quando non oscurità e doppiezza. Ricordiamo che il 24 aprile il governo ha firmato con i maggiori sindacati della scuola (Cgil, Cisi, Uil, Snals, Gilda) un accordo, per cui è stato sospeso uno sciopero già indetto per il 17 maggio. Chiudeva nettamente, a parole, alla regionalizzazione della scuola. Ha firmato anche Bussetti. L’intervista consente di misurare quanto valga la sua firma.

Il ministro ci informa che sull’autonomia c’è un lavoro che va avanti da mesi. Lo sospettavamo. Il punto è che nessuno ne sa o ne sapeva nulla, perché le carte sono state mantenute ufficialmente segrete. Quel poco che è disponibile al pubblico sul sito del ministero autonomie non espone il dettaglio dei lavori in corso, ed è di significato scarso o nullo. Con chi, dove e con quali esiti si è svolto il lungo lavoro di cui parla il ministro?

Dice Bussetti: il lavoro è stato condiviso con i vari soggetti coinvolti, anche in sede parlamentare. Ma di certo non ha coinvolto per mesi i sindacati e le associazioni della scuola. Quanto alla sede parlamentare, a chi si riferisce? I membri delle commissioni in cui si sono svolte audizioni sul tema lamentano di non avere a disposizione le carte. Da ultimo, la ministra Stefani ha argomentato che sono troppe per trasmetterle alle Camere. Al più, singoli parlamentari potrebbero essere ammessi a consultarle presso il ministero.

È ormai noto che la spesa scolastica è ripartita in danno del Sud, perché è parametrata alla popolazione residente e non a quella scolastica (danneggiando quindi le regioni con più studenti, come la Campania) e senza tenere conto della maggiore età media dei docenti (e quindi delle retribuzioni più alte per l’anzianità). Il ministro ribadisce che il lavoro è in corso, tra il governo, le regioni, il parlamento e tutti gli altri portatori d’interesse. Quali, come? Su quali linee? Nulla dice il ministro sulla necessità di correggere i parametri indiscutibilmente distorsivi, per evitare gli effetti negativi che ne deriverebbero secondo i criteri di riparto delle risorse previsti dalle intese.

Sul personale, il ministro ripete che non c’è un testo definitivo, ma non nega la possibile regionalizzazione dei concorsi e delle assunzioni. Anzi, implicitamente la ammette, non escludendo un regime giuridico diversificato -statale, regionale -per il personale. Aggiunge che si vogliono ridurre i costi improduttivi (quali?) e rendere il sistema di istruzione più efficiente e di qualità (come?). Parla di nuovi percorsi di assunzione e abilitanti. Quali?

Sull’università, afferma che sono tornate a crescere le assunzioni, ed è stato potenziato il diritto allo studio. Ma è vero o no che ciò accade in misura maggiore nelle università del Nord, e nemmeno in tutte? Sa il ministro della fuga degli studenti meridionali verso atenei del Nord che si suppone siano di eccellenza, e non sempre lo sono? Esiste o no un disegno di autonomia differenziata emerso in una bozza di decreto ministeriale subito sepolta dalle polemiche, che ha visto per ciò negata ogni paternità? È vero o no che si concedeva maggiore autonomia, e quindi un insostenibile vantaggio competitivo, ad università definite di eccellenza secondo parametri costruiti in modo di relegare gli atenei del Sud in bassa classifica? Non si baratta con tutto questo la scuola superiore in Campania. L’unica buona notizia è che aumenta il numero dei posti disponibili per accedere a medicina. Sempre che siano distribuiti secondo parametri davvero oggettivi.

Se questo è il pensiero del ministro, per Bussetti l’accordo può anche finire in carta straccia. Si aggiungano i rumors secondo cui, nella pace ritrovata con Salvini, Di Maio avrebbe ceduto alla pretesa leghista di sottrarre le intese alla piena emendabilità dell’aula. Se fosse vero, anzitutto consigliamo ai parlamentari non ossequienti di preparare le carte bollate per ricorrere alla Corte costituzionale per la violazione dei propri diritti. E ricordiamo a tutti che il colpo di mano è già fallito.


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