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Brescia, scuole chiuse, il preside fa andare in classe gli studenti che non si collegano in Dad. Arrivano i carabinieri

Sopralluogo in una media di Casto. Il preside aveva fatto entrare anche 10 studenti che da casa non si collegavano. Ma non basta essere indisciplinati per avere diritto a tornare in classe. La ramanzina ai genitori: dovete vigilare voi sulla Dad

04/03/2021
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Corriere della sera

Gianna Fregonara

Si fa presto a dire tutti a casa. Lo deve aver pensato l’altra mattina - venerdì 26 febbraio - alle 10 anche il professor Luca Bonomi, preside della scuola media di Casto, in provincia di Brescia (zona rossa, scuole chiuse) quando al portone si sono presentati due carabinieri che volevano «sincerarsi della locale situazione» dell’istituto. Secondo le norme in vigore - e che sono riconfermate nel nuovo Dpcm firmato ieri dal presidente del consiglio Mario Draghi - gli alunni con disabilità o per i quali non è possibile svolgere la didattica a distanza possono, e anzi a richiesta delle famiglie, devono essere accolti a scuola per proseguire le lezioni in presenza.

Il diritto alla salute

Quando il comandante della stazione di Vestone Emanuele Marini ha chiesto i numeri dei presenti e la loro condizione, Bonomi è stato onesto, così almeno si legge nel verbale: «A specifica domanda, si apprendeva che non tutti gli alunni presenti avevano disabilità riconosciute, ma alcuni venivano fatti affluire semplicemente perché da casa non partecipavano attivamente e quindi si era optato per farli presenziare al fine di tenerli maggiormente sotto controllo». Ma questo, si sa, è contro l’ordinanza regionale, il Dpcm, insomma la legge. Eppure persino il comandante dei carabinieri deve avere avuto un po’ di compassione per il preside e i ragazzi se, sempre nel verbale, scrive di aver deciso di «approfondire la situazione per tutelare il diritto alla salute senza nuocere a quello allo studio

I videogiochi

Chiesto l’elenco dei presenti, verificate le certificazioni e gli altri documenti, i ragazzi vengono dunque divisi in due gruppi, dando così inizio tra l’altro ad una inconsapevole lezione di educazione civica per tutti i presenti. In un’aula vengono sistemati i ragazzi che si pensa abbiano le carte in regola, mentre per gli altri - una decina in tutto - preside e carabinieri contattano le famiglie. Risultato della rapida inchiesta: «Nessuno di questi aveva difficoltà a seguire le lezioni online in quanto tutti erano in possesso degli strumenti elettronici necessari e della copertura del traffico dati», scrive il comandante. E allora? «Si trattava solo di mancanza di disciplina dei ragazzi che in assenza dei genitori presenti non seguivano le lezioni ma dedicavano il tempo ad altro».

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