FLC CGIL
Contratto Istruzione e ricerca, filo diretto

https://www.flcgil.it/@3938041
Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Bonus merito, FLC CGIL Bari: criteri poco trasparenti, discriminanti e soggettivi

Bonus merito, FLC CGIL Bari: criteri poco trasparenti, discriminanti e soggettivi

07/03/2017
Decrease text size Increase text size
La Tecnica della Scuola

Lara La Gatta

Per stabilire l’assegnazione, al termine dell'a.s. 2015/2016, del bonus premiale ai docenti "più meritevoli" della scuola i comitati di valutazione si sono basati su alcuni criteri, in molti casi contestabili.

Tra questi, il questionario di gradimento, la scheda di autovalutazione, il DS che decide "a suo insindacabile giudizio" il grado di eccellenza di un suo docente, i risultati delle prove INVALSI, le domande delatorie ai genitori ("il docente usa il cellulare in classe?"), la valutazione della reputazione del docente nel territorio.

Su questi criteri la FLC CGIL di Bari ha realizzato l'indagine (Non) ti premio”, che ha coinvolto 126 Istituti di Bari e provincia.

Uno tra i problemi principali evidenziati riguarda la trasparenza: infatti, dei 126 istituti presi in considerazione è stato possibile passare in rassegna analiticamente soltanto 83 istituzioni scolastiche, perché i restanti 43 istituti non hanno pubblicato i criteri di valutazione presi a riferimento.

Inoltre, in ben il 42% delle scuole esaminate si è riscontrata una mancanza di oggettività nelle griglie di valutazione. In pratica, nell’assegnazione del bonus, le scuole si sono basate su criteri discrezionali e soggettivi. “Uno degli strumenti più utilizzati in questo tipo di valutazione – si legge nel comunicato della FLC CGIL barese - è il questionario “reputazionale”, da sottoporre a studenti e genitori. Per alcuni comitati il questionario costituisce addirittura l'unico strumento di valutazione utilizzato. Genitori e studenti sono stati invitati a compilare, in forma anonima, questionari in cui si valutano i docenti della propria classe, talvolta anche con domande dal sapore delatorio (“Usa il cellulare in classe?”) o focalizzate sulla motivazione suscitata negli alunni dalle materie di insegnamento (con la sola scelta SI/NO). In altri casi si è escogitata una scheda di autovalutazione, consistente in un'analisi di se stessi e della propria efficacia e qualità (ma l'autoanalisi, procedimento pedagogicamente fondato, non è certo finalizzabile a ricevere o meno un premio in denaro) e di eterovalutazione, ossia di analisi di altri colleghi dello stesso collegio docenti! Fra i criteri che abbiamo potuto leggere in queste griglie, c'è la qualità del lavoro d'aula, il carisma, l'empatia. Si tratta di requisiti totalmente aleatori, ai quali il docente deve attribuire addirittura un punteggio o, in un caso, indicare di possederli o meno (SI/NO)”.

Altro aspetto non secondario riguarda l’attribuzione al docente di un punteggio “extra” ulteriore e slegato da quello assegnato dalla griglia elaborata dal comitato di valutazione. Una scelta arbitaria, non prevista da nessuna norma ministeriale.

L’indagine ha anche rivelato una forte discriminazione dei docenti affetti da patologie o fruitori di permessi per maternità o malattia del bambino. Infatti, gli insegnanti “troppo assenti” sono stati esclusi dal bonus, come se questo in qualche modo riducesse la qualità del loro insegnamento, discriminando a prescindere fra “assenteisti” e “presenzialisti”.

A ciò si aggiunge la decisione destinare il bonus a percentuali ridotte di docenti (in media il 30%, sino a giungere a situazioni limite, con solo 9 docenti premiati su 80). Questo anche se il Miur aveva chiaramente specificato di non erogare il premio ad un numero di docenti eccessivamente ristretto.

Se una certezza l'abbiamo – conclude il Sindacato -, è che i docenti italiani avrebbero avuto bisogno di iniziative  che incentivassero un'idea di scuola come sistema e che gli studenti avrebbero avuto il bisogno civico e formativo di sentirsi protagonisti, finalmente, di una comunità educante. La desolante conclusione a cui giungiamo, dopo questa analisi, è che le scuole sono state lasciate sole ad arrabattarsi e a tentare di gestire (con più o meno danni) un provvedimento divisivo e lontano anni luce dalla scuola di qualità che si dovrebbe perseguire. Nessuna indicazione sul profilo di docente che la scuola di oggi richiede, nessun ragionamento pedagogico, nessuna base teorica fondata. Solo determinismi aziendalistici, inni alla produttività, invettive contro i fannulloni. E muri sempre più spessi a dividere le classi, i banchi, le cattedre. Se un ragionamento autentico è urgente, deve ripartire da qui: dal momento in cui hanno smesso di ascoltare la scuola”