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Blocco degli scrutini e precettazione? Tanto rumore per nulla

Basta applicare la legge, stop possibile per 5 giorni

19/05/2015
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ItaliaOggi

I docenti minacciano il blocco degli scrutini e il garante sugli scioperi minaccia la precettazione. Ma il monito rischia di rimanere solo sulla carta. Perché per ritardare l'esito delle operazioni di valutazione degli alunni non è necessario scioperare: basta applicare scrupolosamente la legge. Che consente ai docenti di pretendere la visione e la lettura degli elaborati degli alunni da valutare. Così da acquisire elementi certi per esprimere il proprio voto in sede di consiglio. Le valutazioni, infatti, sono sempre collegiali. Il docente della disciplina propone il voto. Ma la valutazione finale deve sempre essere frutto di una votazione. È prassi che tale votazione avvenga tacitamente, quando tutti i componenti il consiglio approvano la votazione. Ma se anche un solo docente non è d'accordo, è obbligatoria la votazione espressa. In ogni caso, per poter esprimere il proprio voto in scienza e coscienza, ogni componente il consiglio ha il diritto di esaminare la documentazione sulla quale si fonda la proposta di voto del collega. La votazione, infatti, non è un mero processo meccanico, dovendo essere espressione di un ragionamento. Che va debitamente verbalizzato così da consentire, anche a distanza di tempo, la ricostruzione del processo che abbia portato alla formazione della volontà collegiale. Le norme che regolano la questione sono piuttosto vetuste, ma ancora in vigore.

La disposizione che consente ai docenti di votare ed, eventualmente, di dissentire dalla proposta di voto del docente della disciplina risale al 1925: «Se non siavi dissenso, i voti in tal modo proposti (cioè, proposti dal docente della disciplina n.d.r.) si intendono approvati, altrimenti le deliberazioni sono adottate a maggioranza e, in caso di parità, prevale il voto del presidente. (art. 79 del regio decreto 659/25)». E le disposizioni sull'accesso e l'estrazione di copia degli atti sono del 1990, legge n. 241. La stessa legge, peraltro, prevede che tutti i provvedimenti amministrativi debbano essere motivati (art. 3). E che, per questo motivo, debbano recare i presupposti di fatto e le giustificazioni giuridiche a monte delle decisioni. Paradossalmente, dunque, le deliberazioni che venissero assunte dai consigli di classe dopo una lunga e approfondita discussione, basata sull'attento esame dei documenti riguardanti l'accertamento dei livelli di prestazione degli alunni, risulterebbero a prova di Tar. Non sono rari i casi di sentenze di annullamento degli esiti degli scrutini basate proprio sulla carenza di motivazione delle deliberazioni dei consigli di classe. Dunque, se gli insegnanti dovessero decidere di applicare la normativa vigente avvalendosi delle loro prerogative, gli scrutini potrebbero durare mesi interi. E nessuno potrebbe eccepire alcunché.

Resta il fatto, però, che lo sciopero vero e proprio è legittimo anche in tempo di scrutini. L'accordo di attuazione della legge 146/90, che regola il diritto di sciopero, prevede infatti che gli scioperi proclamati e concomitanti con le giornate nelle quali è prevista l'effettuazione degli scrutini finali non debbano differirne la conclusione nei soli casi in cui il compimento dell'attività valutativa sia propedeutico allo svolgimento degli esami conclusivi dei cicli di istruzione. Negli altri casi, gli scioperi non possono comunque comportare un differimento delle operazioni di scrutinio superiore a 5 giorni rispetto alla scadenza programmata della conclusione.

In buona sostanza, dunque, l'esercizio del diritto di sciopero è precluso solo nella misura in cui ciò determini ritardi negli scrutini delle classi terminali. In tutti gli altri casi, si può fare. A patto, però, che non comporti un differimento di oltre 5 giorni nella data di inizio delle procedure. Ed è proprio questa la strada che intendono percorrere i sindacati della scuola, così da continuare a tenere alta l'attenzione sulla protesta dei docenti nel pieno rispetto della legge.


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