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«Basta classi ghetto». La Francia vuole mescolare ricchi e poveri

L’esperimento della ministra dell’Istruzione Belkacem in 70 scuole. La parte più difficile? Convincere i genitori abbienti che la «mixité» fa bene ai loro figli

16/02/2016
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Corriere della sera

Le scuole d’élite, la competitività estrema, le classi di livello – ufficialmente vietate ma create con vari espedienti in una scuola su due – non fanno della Francia un sistema scolastico efficiente e di successo. Lo dimostrano i dati Ocse-Pisa che anche nel 2012 non hanno premiato i metodi educativi d’Oltralpe. Ma ne è convinta anche la ministra dell’Educazione Najat Vallaud-Belkacem che nell’ambito della riforma del curriculum scolastico ha deciso di avventurarsi in una sperimentazione che per il sistema francese è molto complicata e di rottura: abolire le classi ghetto, che costituiscono almeno il 10 per cento del totale negli istituti di tutto il Paese.

L’ammissione? Non va fatta in base ai quartieri di residenza

Come? In 70 scuole che si sono offerte volontarie in 20 regioni dal prossimo anno scolastico cambieranno i criteri di ammissione degli allievi delle medie: non più su base territoriale come oggi, ad ogni via di residenza corrisponde un istituto, ma si dovrà arrivare a «mischiare» gli studenti provenienti da famiglie di diversa estrazione economico-sociale in modo che venga rispettata la proporzione tra bambini più «avvantaggiati» e bambini provenienti da contesti difficili. Come far accettare un approccio così inclusivo a genitori e presidi abituati ad una selezione per censo davvero molto accentuata è la sfida della ministra, che ha fatto sua la linea suggerita dalla presidente dell’Invalsi francese Nathalie Mons, contro le «classi spazzatura». Ci sta lavorando dall’ottobre scorso e punta ad arrivare ad una sperimentazione condivisa con i politici locali, le associazioni degli insegnanti, i genitori e ovviamente i presidi degli istituti coinvolti, come racconta il quotidiano Libération in questi giorni.

La «mixité» fa bene

Gli studi internazionali sulla composizione delle classi sono univoci nel segnalare che classi miste dal punto di vista della provenienza dei ragazzi non hanno influenza negativa sullo studio, anzi portano in generale ad un innalzamento dei risultati, senza contare i vantaggi in termini di coesione sociale. Dall’autunno scorso si susseguono riunioni al ministero per decidere i dettagli: ma alla fine come si riusciranno a creare mix di studenti perfetti sarà lasciato all’autonomia delle singole scuole: il ministero mette a disposizione esperti e tecnici per suggerire e seguire nelle diverse scelte. L’idea non è quella delle quote, anche se il risultato da raggiungere è lo stesso, non più di 37 per cento di svantaggiati in una classe e non più del 22 per cento di «ricchi» che è la media delle diverse provenienze sociali dei ragazzi sul territorio francese. Ma lo scopo è quello di rendere le scuole per motivi diversi attrattive: per esempio perché propongono insegnamenti particolari, come la musica o il teatro, perché offrono servizi e orari diversi e così via.

La vera sfida? Convincere i genitori

Incredibilmente per ora, nella discrezione in cui i lavori vengono portati avanti, l’idea ha avuto un certo successo: in autunno quando il ministero aveva lanciato la proposta si poteva contare su 30-50 scuole che avevano mostrato interesse per l’esperimento, oggi ad aver aderito sono 70, l’1 per cento degli istituti francesi e, dal punto di vista territoriale, si è diffusa in regioni diverse anche governate dalla destra. Ma il cruccio del ministro non è tanto convincere assessori e dirigenti scolastici quanto far partecipare al progetto i genitori, senza l’ok dei quali qualsiasi innovazione non convenzionale rischia di fallire.


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