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Bambini tutti in piedi, in aula arriva il maestro robot

L2TOR è un programma finanziato dall'Unione Europea che nei prossimi tre anni punta a sviluppare un'intelligenza artificiale in grado di insegnare ai bimbi - in età prescolare - una seconda lingua. Ma non è il solo a sfruttare gli umanoidi a scopi educativi

28/01/2016
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la Repubblica

Rosita RiJtano

SILENZIO in aula, arriva il maestro. Tra i banchi circa 400 bimbi in età prescolare, sparsi per l'Europa. In cattedra, o al loro fianco, l'insegnante. Un robot. Merito di L2TOR, che si pronuncia El Tutor, cioè un progetto con l'obiettivo di sviluppare un umanoide in grado di aiutare i piccini a imparare un secondo idioma. A velocità super. Per la precisione: si tratterà dell'inglese nel caso dei bambini di madre lingua olandese, tedesca e turca; di olandese e tedesco per quelli turchi. Una conoscenza diventata indispensabile dato che nel 2015 i migranti arrivati nel Vecchio continente hanno raggiunto quota un milione. E se il rapporto tra docenti e allievi, in classi sempre più affollate, è spesso pari a uno per trenta, ecco che arriva mister androide a dare una mano. Anche se è fatta di latta. "Imparare un secondo linguaggio è importante, soprattutto in un momento storico caratterizzato da grandi spostamenti", commenta a Repubblica Paul Vogt dell'università di Tilburg, che ha il compito di modellare la macchina sulla base delle esigenze cognitive dei piccoli studenti. "Prima dei sette anni si apprende più facilmente perché si è più flessibili. E ogni cosa che impariamo, dalla matematica a delle banali istruzioni di montaggio, lo impariamo attraverso il linguaggio. Perciò è un elemento fondamentale sia per il futuro di ogni individuo sia per l'integrazione".

Non a caso lo studio, della durata di tre anni, è stato finanziato dall'Unione Europea nell'ambito del programma di ricerca Horizon 2020. Ci lavorano scienziati di quattro paesi: Germania, Turchia, Paesi Bassi e Regno Unito. Più di tre i milioni di euro messi a disposizione del team. Pensare che tutto ha avuto inizio a Milano come ci racconta Tony Belpaeme, professore di Sistemi Cognitivi e Robotica all'Università di Plymouth, e responsabile di L2TOR: "È stato all'ospedale San Raffaele, dove abbiamo usato gli automi per fornire supporto ai bambini diabetici, che ci siamo accorti di una loro qualità nascosta: sono molto bravi a insegnare. Li puoi toccare e funzionano meglio dei sistemi bidimensionali: per esempio computer e iPad". Da qui l'idea di sfruttarli anche in ambito didattico. Il corpo c'è già, è NAO: l'umanoide prodotto dalla società francese Aldebaran Robotics. Manca ancora l'anima, cioè il software che sarà dotato di un pizzico d'intelligenza artificiale. "Non dovrà intimidire, ma essere il più amichevole possibile e sarà programmato per fare persino degli errori. Così gli studenti potranno correggerlo e imparare. L'intelligenza artificiale gli permetterà di capire il linguaggio del corpo, che cosa il bambino sta guardando, se sta prestando attenzione oppure no. E anche le emozioni di chi gli sta di fronte: se è annoiato, felice, o confuso. La sfida più difficile? Farlo sembrare vivo". Un meccanismo perfetto, quindi, seppur con volute imperfezioni. "Immagino già un'aula con un professore più due o tre robot, che saranno capaci di dare esercizi personalizzati e maggiore attenzione a chi ha bisogno", conclude Belpaeme.
Rispetto al primo computer programmato per educare se ne è fatta di strada. È passato quasi un secolo da quando Sydney Pressey, psicologo dell'Ohio, ha presentato il proprio dispositivo: prevedeva delle domande a risposta multipla, e si passava al secondo quesito solo dopo aver azzeccato il precedente. L2TOR è un'altra storia. E non è l'unico esempio in questa direzione, che va ad alimentare un business - quello della robotica - valutato 151,7 miliardi di dollari entro il 2020. Negli Stati Uniti, Aditi Ramachandran e Brian Scassellati stanno studiando come i ragazzi di dieci e undici anni interagiscono con gli androidi. Mentre già da tre anni gli scienziati della Scuola Politecnica Federale di Losanna, in Svizzera, hanno messo a punto un sistema chiamato CoWriter. Che sfrutta sempre NAO ed è destinato a chi ha tra i sei e gli otto anni. "I bambini migliorano le capacità di scrittura insegnandola al robot, con cui interagiscono attraverso un tablet tattile", ci spiega la ricercatrice Wafa Johal."Fino ad ora abbiamo coinvolto 100 studenti di Ginevra. I risultati sono stati buoni: i ragazzi si sentono responsabilizzati e non giudicati. Ha funzionato bene". Tanto che il programma continuerà oltre il termine previsto: il prossimo anno. Ma potranno macchine intelligenti un giorno sostituirci completamente? La risposta degli studiosi intervistati è stata unanime: "No". Perché a mancare sarà sempre una caratteristica fondamentale. Quel "tocco umano" cantato da Bruce Springsteen.


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