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Autonomia, torna lo spettro della regionalizzazione della scuola

Incontro a Milano con il governatore leghista Attilio Fontana. Il ministro degli affari regionali Francesco Boccia: «Se ha senso che sia la regione a definire gli assetti della scuola, è giusto che sia il suo presidente a decidere quanti studenti ci sono in una classe»

25/09/2019
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il manifesto

Roberto Ciccarelli

«Se ha senso che sia la regione a definire gli assetti sulla scuola e il numero studenti, allora è giusto che sia il presidente della regione a stabilire se una classe deve avere 15 o 25 studenti sulla base delle caratteristiche territoriali, la demografia, su cosa accade nelle valli». Lo ha detto ieri a Milano il ministro degli affari regionali Francesco Boccia al termine dell’incontro con il governatore della regione Lombardia Attilio Fontana. Boccia ha riaperto l’ipotesi della regionalizzazione della scuola contenuta nella richiesta di autonomia differenziata avanzata dalla regione governata dalla Lega. L’ipotesi di cessione quasi integrale delle competenze organizzative, didattiche e di gestione anche degli stipendi dei docenti dallo Stato alla Lombardia (e al Veneto) era stata respinta in blocco nel governo precedente per volontà del movimento 5 Stelle. Ma quello era il momento del muro contro muro con la Lega. Ora si riparte, con un ministro del Pd, in un altro governo con i Cinque Stelle, che riconosce l’autonomia nella programmazione della rete scolastica (articolo 10, comma 1g della bozza d’intesa).

Altrettanto significativa è stata la concessione a Fontana sul potere della regione di obbligare i docenti entrati in ruolo in Lombardia di restare sul territorio regionale «cinque anni, come si fa con l’Agenzia delle entrate. Le regole del gioco si stabiliscono prima, non c’è bisogno di smontare lo stato per avere la certezza della continuità didattica» ha detto Boccia.

Se così fosse, alla regione leghista sarebbero accordati due anni in più rispetto ai tre già previsti dalla bozza d’intesa (articolo 11, comma 3). «Ci siamo confrontati maggiormente sulla scuola – ha confermato Fontana – e qui sono emerse due visioni: una sindacale corporativo e una concreta. Io voglio risolvere il problema che esiste da settant’anni per i ragazzi lombardi ed è quello della continuità formativa e cioè di garantire lo stesso insegnante da inizio a fine corso. Ho fatto presente che esiste una sentenza del 2004 della Corte Costituzionale che prevede una possibilità che le regioni si organizzino da sole. Gli ho anche detto che, con assoluta franchezza, se la risposta sarà a breve aspetterò di discuterla nel merito, ma se dovesse essere troppo lontana interverrò con una legge». Una legge che Fontana sa bene che sarà impugnata, aprendo un caos amministrativo e costituzionale. L’apertura di Boccia è tuttavia significativa, in attesa che i «tecnici» realizzino il nuovo vestito per la scuola regionalizzata.

In attesa della definizione delle nuove competenze, e del quadro all’interno del quale il governo Pd+M5S+LeU+Italia Viva riconoscerà l’autonomia differenziata a tutte le regioni entro la fine della legislatura, sembra chiaro che la scuola per come la conosciamo oggi è destinata a cambiare. Non nei termini radicali di una vera e propria secessione, come quella prospettata dalla Lega, ma certo in maniera significativa anche dal punto di vista amministrativo.


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