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Autonomia, leghisti sconfitti sulla scuola Niente assunzioni regionali dei prof

Il partito di Salvini sul piede di guerra. "Non accettiamo compromessi: basta rinvii o salta tutto" Il premier Conte: "È un negoziato: i governatori non possono ottenere tutto quello che hanno chiesto"

20/07/2019
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la Repubblica

Giovanna CAsadio

ROMA — La scuola non si tocca. Non ci sarà la frammentazione che avrebbero voluto Lombardia e Veneto con insegnanti assunti direttamente dalle Regioni, con contratti e stipendi su base regionale e programmi scolastici diversi. Il vertice a Palazzo Chigi sull’autonomia differenziata - che per Salvini è la riforma delle riforme – ha cancellato la proposta leghista. Via l’articolo 12 della bozza in cui era prevista la regionalizzazione dell’istruzione. Con grande soddisfazione dei 5Stelle, che portano a casa un risultato giudicato dal vice premier Luigi Di Maio la linea del Piave per continuare a discutere di autonomia senza trasformarla in Spacca Italia. Per il premier Conte le cose si stanno mettendo a posto e i conflitti Lega- 5Stelle appianando. «Abbiamo fatto un passo avanti, siamo in dirittura d’arrivo», esordisce in conferenza stampa a fine del vertice, spiegando: «Sulla scuola si fonda la nostra identità nazionale». Gli fa eco il sottosegretario grillino Salvatore Giuliano: «Vince la scuola italiana, non questa o quella forza politica ». E il governatore dell’Emilia Romagna, il dem Stefano Bonacciani che ha presentato una proposta di autonomia distante da quella di veneto-lombarda, commenta: «Ha vinto l’Emilia Romagna».

Attorno al tavolo della sala Verde di Palazzo Chigi sono presenti ieri in trenta tra ministri, sottosegretari e tecnici. Ma, nonostante l’ottimismo del premier, i leghisti sono su piede di guerra. Protestano Luca Zaia e Attilio Fontana, i presidenti di Veneto e Lombardia. «Ci sentiamo presi in giro, la misura è colma. Sono basito dall’ulteriore rinvio, ne abbiamo le tasche piene », attacca Zaia. E Fontana si definisce «sconcertato» e avverte: «Così non firmo l’intesa».

Conte getta acqua sul fuoco e ribadisce: «I governatori interessati forse non avranno tutto quello che hanno chiesto ma è un negoziato». È tuttavia la stessa ministra degli Affari regionali, Erika Stefani - alla quale da Salvini è stata affidata la partita dell’autonomia – a mettere subito le mani avanti: «L’autonomia funziona solo se c’è quella finanziaria. Non accetteremo compromessi. Chi riesce a garantire servizi efficienti riuscendo a risparmiare dovrà gestire come meglio crede queste risorse. Un’autonomia che non mira all’efficienza al taglio degli sprechi non è un’autonomia ». E infatti l’articolo 5 della bozza, quello in cui si affronta il tema delle risorse, è stato accantonato. La ministra fa trapelare: serve il pacchetto completo per dire che la trattativa è chiusa. Niente insomma è definitivo, neppure la scuola, se sull’autonomia finanziaria non ci si mette d’accordo. Aperta inoltre è la regionalizzazione delle Sovrintendenze su cui il ministro Bonissoli, ieri assente, nicchia. E poi c’è la grande questione di come interviene il Parlamento e se può emendare


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