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Atenei top, l’Italia cresce Sant’Anna, Normale e Bologna tra i primi 200 nel mondo

La Times Higher Education

27/09/2018
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la Repubblica

Enrico Franceschini

La Cina avanza, l’Occidente rallenta, ma l’Italia continua a fare passi avanti. Si può riassumere così la graduatoria annuale delle migliori università del mondo pubblicata dal Times Higher Education, il più qualificato punto di riferimento internazionale sull’eccellenza accademica. La classifica 2019 vede sempre in testa il binomio inglese, Oxford e Cambridge, seguito dai "soliti noti" americani, Stanford, Mit, California Institute of Technology, Harvard, Princeton, Yale. Ma mentre in generale i paesi occidentali danno segnali di stagnazione, in contrapposizione a Pechino che si appresta a diventare una potenza anche in questo settore e al Giappone che per la prima volta strappa alla Gran Bretagna la seconda posizione come maggior numero di università ( dietro i primi assoluti, gli Stati Uniti), il nostro paese fa buona figura.

L’istituto italiano di punta, la Scuola Superiore Sant’Anna, guadagna due posizioni fino al 153esimo posto, mentre la seconda più importante università nazionale, la Scuola Normale Superiore di Pisa, scala 23 posizioni rispetto allo scorso anno passando dal 184esimo al 161esimo posto. E l’Università di Bologna, per completare il quadro delle tre principali, entra fra le prime 200, in 180esima posizione, grazie a miglioramenti nell’ambito di docenza, ricerca, impatto delle citazioni ( cioè influenza della ricerca), introiti del settore e prospettiva internazionale. Inoltre l’Università di Padova registra un progresso significativo che la porta tra le prime 250, l’Università di Napoli Federico II entra fra le prime 350 e l’Università cattolica del Sacro Cuore e l’Università di Ferrara entrano entrambe fra le prime 500. Complessivamente, l’Italia è presente nella classifica del 2019 con 43 università, rispetto alle 40 dello scorso anno. «È stato un anno molto positivo per l’Italia, con tre nuovi ingressi nel ranking e tre presenze nell’élite delle prime 200 » , commenta Phil Baty, direttore del Times Higher Education. «Per continuare a migliorare, farebbero bene a investire di più, incrementando le proprie capacità di ricerca e le collaborazioni internazionali».

In assoluto, sette istituti europei sono fra i primi 30 della classifica ( oltre a " Oxbridge", come sono chiamati i due istituti gemelli inglesi, Imperial College, Eth Zurigo, Ucl, London School of Economics e Università di Edimburgo), lo stesso numero del 2018. Nel nostro continente continua a dominare il Regno Unito, ma la Brexit rischia di danneggiarlo: «Un cambiamento del clima politico potrebbe avere effetti negativi su tutte le istituzioni accademiche della Ue » , osserva il direttore Baty. « Le università saranno svantaggiate se la mobilità pan-europea e le collaborazioni di ricerca verranno limitate dalla Brexit».


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