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Assunzioni, incognita mobilità

Per le nuove immissioni, nessun vincolo geografico e trasferimenti bloccati per tre anni. Cambiare scuola sarà necessario anche per gli aumenti

24/02/2015
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ItaliaOggi

CArlo Forte

Cambiare sede non più solo per avvicinarsi alla famiglia. La mobilità dell'era Renzi porrà in cima alla classifica la ricerca del posto fisso e degli aumenti di stipendio. Secondo gli annunci fatti dal governo sulle nuove immissioni in ruolo, in attesa di trovare conferma nel testo del decreto legge sulla Buona scuola al consiglio dei ministri di venerdì prossimo, non seguiranno più la logica territoriale delle graduatorie provinciali a esaurimento. Agli aspiranti docenti aventi titolo assunzione a tempo indeterminato, infatti, saranno offerte cattedre lì dove risulteranno ubicate le disponibilità. A prescindere dalle province (e dalle regioni) dove gli aspiranti abbiano presentato la domanda. E non sarà considerato un limite nemmeno la classe di concorso.

Per agevolare ulteriormente l'individuazione delle disponibilità, laddove non sarà possibile assumere i docenti nella classe di concorso per la quale hanno i titoli, sarà loro offerta l'immissione in ruolo in classi affini. Ma per ritornare a casa dovranno comunque seguire le regole previste per la mobilità a domanda. Regole che, giova ricordarlo, non sono state scritte al tavolo negoziale da amministrazione e sindacati, ma direttamente dal legislatore. Si veda a questo proposito l'articolo 15 comma 10 bis del D.L. 104/2013. Che non può essere derogato dalla contrattazione collettiva, perché nel 2009, la legge 15 ha cancellato tale facoltà. Pertanto, chi sarà immesso in ruolo fuori provincia, con effetti a far data dal 1° settembre 2015, non potrà presentare la domanda di trasferimento per ritornare nella provincia di residenza per tre anni. Sempre che, nel frattempo, la legge non subisca ulteriori modifiche (prima il limite di permanenza era di 5 anni). Fin qui la mobilità ai fini delle immissioni in ruolo e la disciplina dei trasferimenti interprovinciali di chi otterrà l'immissione in ruolo dal prossimo 1° settembre.

E poi c'è la mobilità dei docenti di ruolo in generale. Che almeno per quest'anno non dovrebbe subire modifiche. Non fosse altro per il fatto che il ministero dell'istruzione sta già lavorando alle funzioni per consentire agli interessati di presentare le domande. E la relativa ipotesi di contratto è stata sottoscritta il 26 novembre scorso.

Ma dal prossimo anno dovrebbe essere prevista un'ulteriore opzione: il passaggio dall'insegnamento su cattedra all'organico funzionale. Secondo gli annunci del governo, tale passaggio dovrebbe consentire al docente interessato di essere svincolato dall'insegnamento curriculare. La sua funzione, infatti, dovrebbe essere quella di sostituire i colleghi assenti e di svolgere il lavoro al quale si dedicano attualmente i collaboratori del dirigente. A ciò va aggiunta un'ulteriore opzione: il trasferimento finalizzato alla maturazione degli scatti di carriera. Il governo, infatti, ha intenzione di abbassare l'importo dello stipendio dei docenti, cancellando gli adeguamenti retribuitivi legati al crescere dell'anzianità di servizio. Stando a quanto si è saputo, nella nuova progressione di carriera, l'anzianità di servizio dovrebbe assumere un ruolo marginale. Mentre a farla da padrone dovrebbe essere il cosiddetto merito. Ciò determinerà l'attribuzione degli aumenti solo ad alcuni. E quindi chi resterà fuori dovrà necessariamente ritentare cambiando scuola, sperando di essere più fortunato.

Fino ad oggi, non sono stati ancora resi noti i provvedimenti che dovrebbero fissare la nuova disciplina retribuiva dei docenti. Secondo quanto risulta a Italia Oggi, però, le nuove regole non saranno scritte al tavolo negoziale, ma direttamente dal governo.

E dunque, l'esecutivo starebbe sul punto di dare il colpo di grazia al contratto collettivo di lavoro dei docenti. Dopo i colpi micidiali inferti dalla legge 15/2009 e dal decreto Brunetta, infatti, l'unica materia che era rimasta saldamente ancorata al tavolo negoziale era la disciplina delle retribuzioni.

E dunque, se il governo interverrà per legge anche su questo, la contrattazione collettiva andrà in pensione definitivamente


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