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Asili e scuole elementari vanno riaperti subito: il momento della parità è ora

Paolo Giordano

16/03/2021
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Corriere della sera

Nel suo discorso al Senato, il Presidente Draghi ha messo «una vera parità di genere» fra le priorità dell’agenda istituzionale.

Un mese dopo, una delle prime azioni risolutive per fronteggiare il peggioramento del quadro pandemico (più che previsto: predetto) è stata di chiudere nelle zone rosse, quindi quasi ovunque, le scuole di ogni ordine e grado, comprese le elementari, le materne e gli asili nido. Insomma la misura che, fra tutte, promuove al massimo livello la disparità di genere.

Non c’era scelta? C’era. C’è sempre.

I parametri su cui incidere per limitare il contagio sono molteplici, e a ogni passaggio si decide quali utilizzare. Ma mesi di discussioni per lo più aprioristiche, ideologiche e distrattamente di comodo sull’opportunità o meno di tenere aperte le scuole ci hanno lasciato inchiodati all’incirca al punto di partenza, con una norma che non tutela nemmeno la presenza per i bambini più piccoli, non ancora autosufficienti nella dad, una norma che ricade in modo diretto e gravoso soprattutto sulle loro madri.

Perché chi, in maggioranza , rinuncerà di nuovo alle proprie ore di lavoro, all’uso del proprio computer, alla sua sacrosanta attività motoria all’aperto? Non serve un’indagine dell’Istat per rispondere.

Nella gestione della pandemia, saper discernere sempre di più, saper differenziare le misure è sinonimo di maturità acquisita. Trattare, dopo un anno, tutti i cicli scolastici allo stesso modo è la dimostrazione del contrario, il sintomo evidente della nostra immaturità protratta.

Le implicazioni sociali della chiusura di nidi, materne e almeno dei primi tre anni di elementari sono molto diverse da quelle delle classi successive.

Il loro funzionamento continuo è parte del minimo di tutela che andava garantito a prescindere. Ancora di più se l’aumento dei contagi è conseguente a due mesi di ricombinazione politica e di consapevole attendismo sulla pandemia.

Eppure le voci di protesta sono state meno del solito, come se il sollievo legittimo per il cambio di guida avesse portato con sé anche un’acquiescenza improvvisa, come se in molti, prima di esprimersi, stessero valutando attentamente dove collocarsi in questa nuova geometria.

C’è la possibilità di rimediare, subito, di evitare che altri posti di lavoro vengano persi da altre donne, che gli svantaggi si aggravino ancora. A cosa servono tutte le statistiche cupe su come la pandemia ha colpito l’occupazione femminile, statistiche che abbiamo assorbito nelle settimane scorse, se non a tenerne conto oggi? Il momento in cui si evita l’aggravarsi ulteriore degli svantaggi, in cui si costruisce una vera parità di genere è questo, non è tra un mese, non è dopo Pasqua.