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Alunni delle medie agli arresti fino all'arrivo dei genitori E docenti costretti a lavorare oltre l'orario da contratto

Panico dopo una sentenza della cassazione, che però non innnova. Tutto dipende dal regolamento di istituto

17/10/2017
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ItaliaOggi

Carlo Forte

Alunni agli arresti domiciliari fino all'arrivo dei genitori. È una vera e propria ondata di panico quella che si è scatenata tra i dirigenti scolastici dal 19 settembre scorso, a seguito del deposito della sentenza n.21593 emessa dalla III sezione civile della Corte di cassazione. Che secondo alcune interpretazioni giornalistiche avrebbe stabilito il principio secondo il quale gli alunni non potrebbero uscire da scuola da soli e dovrebbero rimanere sotto stretta vigilanza fino all'arrivo dei genitori. Diversi dirigenti scolastici, omettendo di prendere visione della sentenza e fidandosi ciecamente di tali interpretazioni hanno emesso circolari o ordini di servizio che prevedono, di fatto, una vera e propria limitazione della libertà degli alunni. Che secondo taluni dirigenti scolastici dovrebbero rimanere a scuola o nelle immediate pertinenze, sotto l'occhio vigile dei docenti o dei collaboratori scolastici fino all'arrivo dei genitori. La questione sta assumendo dimensioni preoccupanti e meriterebbe un intervento diretto dell'amministrazione centrale. Così da superare questa impasse che rischia di creare inutili tensioni tra il personale docente e non docente e gli stessi genitori.

Gli obblighi contrattuali dei docenti, peraltro, si esauriscono una volta terminato l'orario di insegnamento. E dopo il decorso il termine della prestazione i relativi obblighi si riversano sui collaboratori scolastici (si veda la tabella A, area A, allegata al vigente contratto di lavoro) che sono obbligati alla vigilanza «nei periodi immediatamente antecedenti e successivi all'orario delle attività didattiche».

Ma tali obblighi devono necessariamente declinati secondo la casistica collegata all'età degli alunni. La Suprema corte, infatti, è costante nel ritenere che il dovere di vigilanza dell'insegnante va commisurato all'età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreato (tra le tante, si veda la sentenza 12524 della III sezione civile della Corte di cassazione). E in ogni caso, si tratta di un dovere di mera assistenza fondato sulle disposizioni nel secondo comma dell'articolo 39 del regio decreto n. 965/1924 (tuttora vigente per effetto del ripristino effettuato dall' art. 3, comma 1-bis, del decreto legge n. 200/2008) il quale dispone che i docenti debbano trovarsi nell'istituto almeno cinque minuti prima che cominci la propria lezione e debbano assistere all'ingresso e all'uscita dei propri alunni.

Dunque, l'obbligo di attendere i genitori e di liberare gli alunni solo dopo averglieli consegnati non sussiste. Fermo restando, però, che i docenti e il personale Ata hanno il dovere di assolvere la prestazione di vigilanza usando l'ordinaria diligenza del buon padre di famiglia, così come espressamente previsto dal codice civile. E dunque, è legittimo pretendere l'osservanza di una vigilanza più stringente quando si tratti di alunni in tenera età. Si pensi, per esempio, ai bambini che frequentano la scuola dell'infanzia.

Nonostante la chiarezza delle disposizioni vigenti e dell'orientamento della giurisprudenza di legittimità non sono pochi i dirigenti scolastici che, di fatto, stanno adottando misure organizzative che pongono in capo a docenti e genitori obblighi non previsti dalla legge. Ciò sulla scorta un'errata interpretazione della sentenza emessa dalla cassazione il 19 settembre. Che non ha mutato orientamento rispetto agli obblighi di vigilanza, limitandosi a prendere atto che, se in una scuola c'è un regolamento di istituto che impone obblighi di vigilanza aggiuntivi rispetto a quelli ordinariamente previsti dal contratto, le famiglie sono legittimate a pretendere che da tali obblighi vengano assolti e, in caso di inadempimento, a pretendere anche il risarcimento del danno.

La III sezione civile della Cassazione, infatti, si è limitata a stabilire la legittimità della sentenza della Corte d'appello di Firenze n.1052 del 20 giugno 2014, impugnata dall'amministrazione scolastica. E lo ha fatto ponendo l'accento sulla violazione del regolamento di istituto della scuola frequentata da un ragazzino di 11 anni, che era morto dopo essere stato investito da un autobus prima di salire sullo scuolabus. Tale regolamento, infatti, imponeva ai docenti di vigilare sugli alunni all'uscita da a scuola fino a quando i medesimi non fossero saliti sullo scuolabus.

In buona sostanza, dunque, il consiglio di istituto della scuola convenuta in giudizio aveva emanato un regolamento di istituto che prevedeva espressamente oneri di vigilanza più stringenti rispetto a quelli ordinariamente previsti dalla legge e dal contratto di lavoro. E siccome il regolamento, in quanto tale, deroga le norme generali, in quella scuola (ma soltanto in quella) era legittimo che i docenti provvedessero alla vigilanza anche al di fuori delle pertinenze scolastiche e, nel caso specifico, anche garantendo la vigilanza fino a quando gli alunni non fossero saliti sullo scuolabus. Giova ricordare, inoltre, che nel nostro ordinamento le sentenze fanno stato solo tra le parti.


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