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"Allargare agli Atenei la circolare scuole Attivi con le Asl per chi rientra dalla Cina"

Intervista al Ministro Manfredi

10/02/2020
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La Stampa

Federico Capurso

federico capurso
roma
Una nuova circolare per le scuole, emessa dal ministero della Salute, ha aggiornato le misure da prendere per trattare i casi di studenti tornati di recente dalla Cina. «La circolare non comprendeva, però, le nostre università», sottolinea Gaetano Manfredi, ministro dell'Università e della ricerca. «Ecco perché ho scritto al ministro Speranza, per fare in modo che gli esperti si pronuncino sulla possibilità di estendere la validità di quelle stesse indicazioni anche agli atenei italiani».
Non c'è nessun rischio nel lasciar decidere autonomamente a chi torna dalla Cina, pur non presentando sintomi, se frequentare o meno l'università?
«I medici e gli esperti ci dicono che la possibilità di contagio esiste quando i sintomi, come la febbre, sono evidenti. Questo è il motivo per cui ci sarà una sorveglianza medica attiva, da parte delle Asl, per tutti quelli tornati dalla Cina negli ultimi 14 giorni. Alcune università hanno già provveduto ad alcune forme di protezione in questa direzione. Sono sicuro che con buon senso e responsabilità saremo in grado di gestire al meglio la situazione».
Avete anche voi approntato un monitoraggio, come avviene per le scuole primarie e secondarie?
«Lo stiamo portando avanti per i ricercatori e gli studenti che si trovano in Cina. È un monitoraggio nominativo. Due settimane fa avevamo 312 persone che avevano fatto richiesta di poter tornare in Italia. La scorsa settimana ne sono rientrati circa cinquanta e stanno continuando a tornare a decine. Tra poco dovremmo esaurire la nostra lista».
Anche perché i viaggi in Cina organizzati dalle università sono stati bloccati dai rettori. È stata una scelta condivisa?
«È stato un nostro suggerimento, dato in accordo con la Conferenza dei rettori. Ho scritto una lettera alle università e hanno tutti seguito l'indicazione, che è una forma di limitazione del rischio. D'altra parte, sarebbe stato complicato continuare a far partire e rientrare studenti e ricercatori, in considerazione dell'epidemia che si stava diffondendo».
Pechino ci ha criticato per aver adottato precauzioni considerate "eccessive". Il coronavirus sta intaccando anche le relazioni accademiche tra i due Paesi?
«Questa riduzione dei contatti fisici non esclude in alcun modo le relazioni a livello di ricerca, che continuano a essere proficue. Mi auguro possa tornare a pieno regime la collaborazione scientifica con Pechino, ma la rete accademica internazionale, specie in momenti come questi, si dimostra sempre solida. E l'Italia ha un riconosciuto ruolo di qualità, dimostrato anche dalle ricercatrici dello Spallanzani».
Si era detto che una delle ricercatrici, precaria, sarebbe stata assunta. Ha più avuto notizie?
«Mi risulta che Speranza si sia attivato istantaneamente per far rientrare la ricercatrice nel programma di stabilizzazione. Rientra tra le competenze del suo ministero».
Quando si spengono i riflettori, però, che fine fanno le nostre eccellenze scientifiche?
«È vero, spesso ci si accorge dell'importanza dei ricercatori solo nel momento dell'emergenza. Mi auguro però che tutti siano un po' più consapevoli, adesso, che un mondo della ricerca forte vuol dire far crescere il Paese e migliorare la qualità di vita degli italiani. Speriamo che i riflettori dei media non si spengano del tutto».
Lei cosa intende fare per migliorare le condizioni dei ricercatori?
«Vorrei dare loro una prospettiva meno incerta, con un piano per stabilizzare la posizione di ricercatore nelle Università. Abbiamo già inserito nel decreto Milleproroghe un bando di concorso da 1600 posti. Il piano pluriennale che stiamo studiando, poi, prevede 2000 posti ogni anno, così da riuscire a garantire un'immissione continua di giovani nel mondo scientifico».
I piani ci sono, ma servono risorse. Il suo predecessore si è dimesso per questo. Lei non è preoccupato?
«Io vedo che c'è una volontà politica chiara. Troveremo le risorse. E lo faremo anche per le infrastrutture degli atenei e dei centri di ricerca. Oggi sono un fattore di debolezza: apparecchiature spesso obsolete, laboratori dove mancano strumenti basilari. Ho previsto un primo bando da 400 milioni di euro e spero di riuscire presto a raddoppiarlo».
Ha notizie dello studente egiziano arrestato al Cairo che frequentava l'università di Bologna?
«Siamo entrati in contatto immediatamente con l'Università di Bologna per avere maggiori informazioni sulla sua situazione. Adesso, insieme al ministro Di Maio, stiamo cercando di avere tutte le informazioni necessarie attraverso i canali diplomatici aperti dalla Farnesina».