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Alla ricerca del bravo insegnante

E’ sufficiente un concorso, e in modo particolare questo tanto caro al ministro Profumo, per consentire a un neolaureato di diventare docente che sia capace di far crescere i suoi studenti?

22/09/2012
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Da un articolo presente su lavoce.info la domanda principale è infatti “come è opportuno reclutare i quasi 12mila nuovi insegnanti che usciranno dal concorso? Domanda fondamentale per costruire un percorso concorsuale efficace nella selezione di quelle figure professionali; sarebbe perciò opportuno definire con rigore gli strumenti che permettano di garantire l’accesso ai migliori.” L’articolo prosegue affermando che “per reclutare futuri bravi insegnanti è importante avere chiaro che cosa deve possedere un laureato per diventare un docente capace di far crescere i suoi studenti.
La bozza del bando di concorso, così come i test proposti per l’accesso ai Tfa, sembra invece concentrare l’attenzione sulle competenze disciplinari dei candidati lasciando solo alla fase finale, alla prova orale con la presentazione di una lezione, la verifica delle altre competenze necessarie per fare di un erudito un buon insegnante. I test proposti per i Tfa così come le cinquanta domande quiz previste per la preselezione del futuro concorso sembrano concentrarsi su conoscenze che lasciano poco spazio alla valutazione delle competenze di natura psicopedagogica e delle capacità relazionali e organizzative necessarie a un buon insegnante per entrare in contatto con i suoi allievi e per poter operare all’interno delle comunità educative.
I quiz potrebbero invece essere orientati a sondare tutto ciò che un insegnante deve conoscere per insegnare – contenuti disciplinari, conoscenza delle principali problematiche psicopedagogiche relative all’età degli studenti con cui si entrerà in contatto e metodologia didattica. Nello stesso tempo già da questo concorso si potrebbe utilizzare l’anno di prova come un momento di tirocinio sotto la supervisione dei dirigenti delle singole scuole in cui potrebbero essere inseriti i candidati che hanno superato le prime fasi concorsuali. Tutto ciò senza alcun aggravio per l’amministrazione, dato che già ora le scuole sono tenute a redigere una relazione di conferma alla fine del primo anno per ogni nuovo insegnante.”
Giovanni Cominelli, esperto di politiche scolastiche, intervistato da tempi.it, invece è di parere diverso, benché le premesse siano simili: “Questo modo di scegliere i futuri insegnanti non è efficace. Tutte queste innovazioni tecnologiche che aggiungono quiz, mantengono le prove scritte e aggiungono una lezione falsa e artificiosa è una ripetizione del solito schema accademico-cognitivo di selezione del personale docente.” “Negli altri paesi i proto-insegnanti si mettono alla prova dentro una scuola, dove fanno un tirocinio di lunghi mesi. È giusto che si verifichi la conoscenza delle materie mediante una prova scritta, ma dovrebbe bastare la laurea a certificarla. In ogni caso un quiz con domande ipertecniche rischia di creare una selezione inadeguata. Infine, dalla simulazione di una lezione orale non si capisce l’abilità di una persona di stare davanti a una classe. La lezione frontale non è sufficiente a testare la capacità di trasmissione di un sapere. Io sono contrario a questo modo di reclutare, burocratico e accademico. Se va bene si verifica il possesso delle conoscenze, ma ciò non basta a creare bravi insegnanti.” L’opinione del prof Cominelli, per il reclutamento dei bravi insegnati, è riconducibile alla formazione universitaria: “Sei iscritto all’università, studi matematica, e decidi di voler insegnare. Dopo i primi tre anni ne inizi altri due di percorso matematico e pedagogico-didattico. A numero chiuso, onde evitare precari. In questo corso specialistico continui a studiare matematica, e allo stesso tempo si inizia un praticantato nelle scuole. Ed è il giudizio della scuola a determinare la qualità del tirocinante, che viene automaticamente abilitato al momento della laurea. Così, esci dall’università capace, abilitato e pronto a iniziare a lavorare. Dicendo “basta” a concorsoni e a precari.”
E quest’ultima proposta non ci pare assolutamente peregrina. Anzi, forse potrebbe essere l’unico percorso che consente, non solo in ultima anali persino risparmi di soldi per approntare tutto il mastodontico apparato concorsuale, ma anche la via migliore per mettere alla prova una effettiva motivazione alla docenza, insieme a una preparazione assai più rigorosa e stabile sui versanti della psicopedagogia e del diritto scolastico. Discipline che nessun professore entrando in classe può permettersi di non conoscere benissimo.