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Al Salvemini di Casalecchio studenti in classe coi compagni fragili

Il preside Carlo Braga: "La scuola è ancora viva, la Dad non può dimenticare gli alunni con disabilità"

18/11/2020
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la Repubblica

Ilaria Venturi

Luca non c’è nell’ora di economia aziendale, sta facendo un laboratorio. Ma le sue compagne di classe, tornate in aula anche per lui, sanno che è felice di averle riviste, «si vede che è contento, ce lo ha dimostrato. E poi vederlo da solo era davvero brutto, noi a casa collegate al computer e lui seduto al banco». Valentina, Anastasia, Irina e Frenchel non sono tutta la quarta I del tecnico Salvemini. Ma un bel pezzetto. Solidale, virtuoso. Hanno risposto all’appello del preside: chi vuole torni a fare lezione a scuola, così non lasciamo soli i compagni più fragili.

Dietro la scuola ha costruito un progetto al volo, l’ennesimo di rincorsa sull’ultimo dei provvedimenti. Tutti non si può, ma almeno due- tre per classe hanno alzato la mano e sono arrivati. A turno. Dalla prossima settimana saranno qualcuno in più. In classe, di nuovo insieme. «Io l’ho fatto anche per me: non ce la facevo a stare a casa tutto il giorno da sola, mi distraevo, non prendevo appunti, ho capito che mi sarei persa. Non voglio essere bocciata, ci tengo ai voti, voglio imparare» dice d’un fiato Irina. Anastasia, 18 anni, viene dalla Moldavia, ha anche tentato di votare domenica per le presidenziali nel suo Paese, «ma il sistema non ha funzionato», era la sua prima volta alle urne, ha le idee chiare: « La scuola per noi è un dovere, ma soprattutto un diritto.

Almeno ci siamo e così in pochi possiamo conoscerci di più. Lo facciamo per il nostro compagno e per noi stesse, sperando di rivederci presto tutti in classe » spiega e Valentina si associa: è così. «È un po’ tutto: solidarietà e la nostra voglia di stare qui, non a casa» la sintesi di Frenchel. In questo piccolo gruppo classe Luca ( nome di fantasia) «si è aperto di più, comunica con capacità di ragionamento. Mi ha commosso» osserva Rita Colletta, docente di Economia aziendale.

E così tornano a scuola i ragazzi delle superiori, ieri all’istituto di Casalecchio che si sta preparando a celebrare il trentennale della strage, erano circa 150. Sorpresa, non sono tutti a casa dietro a un pc. «La scuola sembra ancora viva» sorride il preside Carlo Braga percorrendo i lunghi corridoi.

Luca non c’è nell’ora di economia aziendale, sta facendo un laboratorio. Ma le sue compagne di classe, tornate in aula anche per lui, sanno che è felice di averle riviste, «si vede che è contento, ce lo ha dimostrato. E poi vederlo da solo era davvero brutto, noi a casa collegate al computer e lui seduto al banco». Valentina, Anastasia, Irina e Frenchel non sono tutta la quarta I del tecnico Salvemini. Ma un bel pezzetto. Solidale, virtuoso. Hanno risposto all’appello del preside: chi vuole torni a fare lezione a scuola, così non lasciamo soli i compagni più fragili.

Dietro la scuola ha costruito un progetto al volo, l’ennesimo di rincorsa sull’ultimo dei provvedimenti. Tutti non si può, ma almeno due- tre per classe hanno alzato la mano e sono arrivati. A turno. Dalla prossima settimana saranno qualcuno in più. In classe, di nuovo insieme. «Io l’ho fatto anche per me: non ce la facevo a stare a casa tutto il giorno da sola, mi distraevo, non prendevo appunti, ho capito che mi sarei persa. Non voglio essere bocciata, ci tengo ai voti, voglio imparare» dice d’un fiato Irina. Anastasia, 18 anni, viene dalla Moldavia, ha anche tentato di votare domenica per le presidenziali nel suo Paese, «ma il sistema non ha funzionato», era la sua prima volta alle urne, ha le idee chiare: « La scuola per noi è un dovere, ma soprattutto un diritto.

Almeno ci siamo e così in pochi possiamo conoscerci di più. Lo facciamo per il nostro compagno e per noi stesse, sperando di rivederci presto tutti in classe » spiega e Valentina si associa: è così. «È un po’ tutto: solidarietà e la nostra voglia di stare qui, non a casa» la sintesi di Frenchel. In questo piccolo gruppo classe Luca ( nome di fantasia) «si è aperto di più, comunica con capacità di ragionamento. Mi ha commosso» osserva Rita Colletta, docente di Economia aziendale.

E così tornano a scuola i ragazzi delle superiori, ieri all’istituto di Casalecchio che si sta preparando a celebrare il trentennale della strage, erano circa 150. Sorpresa, non sono tutti a casa dietro a un pc. «La scuola sembra ancora viva» sorride il preside Carlo Braga percorrendo i lunghi corridoi.


Manca il gran vociare negli intervalli, ma almeno non ci sono solo i disabili, «era una gran tristezza vedere a scuola solo loro», anche perché il pensiero va alle scuole speciali che si è sempre voluto evitare, lo spettro da cacciare. Mascherine e gel all’ingresso ricordano l’eccezionalità del momento, la foto del presidente Mattarella accoglie con la frase: «La libertà si realizza insieme agli altri».

Il Dpcm che ha imposto la Dad alle superiori ha anche detto che agli studenti disabili e con bisogni speciali va garantita la presenza. Con il paradosso che si sono trovati soli, senza più compagni. Disorientati e persi, alcuni. Allora è intervenuta anche una nota ministeriale per ribadire che a piccoli gruppi era permesso il rientro, per non isolare chi ha più bisogno di essere integrato. Ma pochissime scuole si sono già organizzate.

Luca non c’è nell’ora di economia aziendale, sta facendo un laboratorio. Ma le sue compagne di classe, tornate in aula anche per lui, sanno che è felice di averle riviste, «si vede che è contento, ce lo ha dimostrato. E poi vederlo da solo era davvero brutto, noi a casa collegate al computer e lui seduto al banco». Valentina, Anastasia, Irina e Frenchel non sono tutta la quarta I del tecnico Salvemini. Ma un bel pezzetto. Solidale, virtuoso. Hanno risposto all’appello del preside: chi vuole torni a fare lezione a scuola, così non lasciamo soli i compagni più fragili.

Dietro la scuola ha costruito un progetto al volo, l’ennesimo di rincorsa sull’ultimo dei provvedimenti. Tutti non si può, ma almeno due- tre per classe hanno alzato la mano e sono arrivati. A turno. Dalla prossima settimana saranno qualcuno in più. In classe, di nuovo insieme. «Io l’ho fatto anche per me: non ce la facevo a stare a casa tutto il giorno da sola, mi distraevo, non prendevo appunti, ho capito che mi sarei persa. Non voglio essere bocciata, ci tengo ai voti, voglio imparare» dice d’un fiato Irina. Anastasia, 18 anni, viene dalla Moldavia, ha anche tentato di votare domenica per le presidenziali nel suo Paese, «ma il sistema non ha funzionato», era la sua prima volta alle urne, ha le idee chiare: « La scuola per noi è un dovere, ma soprattutto un diritto.

Almeno ci siamo e così in pochi possiamo conoscerci di più. Lo facciamo per il nostro compagno e per noi stesse, sperando di rivederci presto tutti in classe » spiega e Valentina si associa: è così. «È un po’ tutto: solidarietà e la nostra voglia di stare qui, non a casa» la sintesi di Frenchel. In questo piccolo gruppo classe Luca ( nome di fantasia) «si è aperto di più, comunica con capacità di ragionamento. Mi ha commosso» osserva Rita Colletta, docente di Economia aziendale.

E così tornano a scuola i ragazzi delle superiori, ieri all’istituto di Casalecchio che si sta preparando a celebrare il trentennale della strage, erano circa 150. Sorpresa, non sono tutti a casa dietro a un pc. «La scuola sembra ancora viva» sorride il preside Carlo Braga percorrendo i lunghi corridoi. 
Manca il gran vociare negli intervalli, ma almeno non ci sono solo i disabili, «era una gran tristezza vedere a scuola solo loro», anche perché il pensiero va alle scuole speciali che si è sempre voluto evitare, lo spettro da cacciare. Mascherine e gel all’ingresso ricordano l’eccezionalità del momento, la foto del presidente Mattarella accoglie con la frase: «La libertà si realizza insieme agli altri».

Il Dpcm che ha imposto la Dad alle superiori ha anche detto che agli studenti disabili e con bisogni speciali va garantita la presenza. Con il paradosso che si sono trovati soli, senza più compagni. Disorientati e persi, alcuni. Allora è intervenuta anche una nota ministeriale per ribadire che a piccoli gruppi era permesso il rientro, per non isolare chi ha più bisogno di essere integrato. Ma pochissime scuole si sono già organizzate.

Il Salvemini ha 55 classi e 73 disabili, tutti presenti, non hanno perso un giorno. Ora tornano a piccoli gruppi anche i loro compagni.  «Si era creata anche una disparità tra insegnanti: quelli di sostegno sempre in aula e poi c'è chi lavora da casa, un sistema ingiusto e ipocrita: è un problema etico e di come ne esce l'immagine del docente – continua Braga – Con la didattica a distanza fai sparire gli stranieri, gli studenti disabili e con disturbi nell’apprendimento e questo è inaccettabile. La scuola ha dimostrato di essere un posto sicuro e mai come ora è un incredibile banco di prova della professionalità e della tenuta psicologica delle persone, in cui emergono contraddizioni e anche conflitti. Sono però convinto che si può comunque fare un lavoro eccezionale a patto di considerare la centralità degli studenti con i loro specifici bisogni prioritaria nel sistema scolastico e il docente un professionista competente».

Mariella Cotelessa, docente di diritto, sta facendo una supplenza in una prima: quattro in aula, gli altri sono faccine al pc. Invita i ragazzi ad accendere le telecamere. Giada dalla classe dialoga: «La lezione? Ho bisogno di viverla». Sofia dalla sua camera aggiunge: «L’alternativa a distanza non è male, ma per noi che siamo in prima è più complicato così socializzare». Aggiunge Niccolò: «Si sta molto meglio con un gruppetto in classe». E Riccardo: «Il gruppetto va bene, ma tutta la classe ...i prof sono bravi, imapriamo anche da casa». La prof li guarda: «Mi piace averli in classe, anche se pochi, si crea condivisione nel sapere che qualcuno è in presenza: è un modo, anche per chi è a casa, per rendere la scuola a distanza meno distante».


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