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Aggiornamento DEF: di scuola non si parla. Stipendi in calo da gennaio 2019

Di sicuro non si parla né di rinnovo del contratto e neppure di risorse per chiudere la falla della perequazione degli stipendi meno elevati:

04/10/2018
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La Tecnica della Scuola

Reginaldo Palermo

A conclusione della conferenza stampa del Governo a conclusione del Consiglio dei Ministri in cui è stato discusso l’adeguamento del DEF possiamo confermare ciò che già nei giorni scorsi avevamo anticipato.
Per la scuola, e soprattutto per il trattamento economico dei docenti e del restante personale, c’è molto poco.
Di sicuro non si parla né di rinnovo del contratto e neppure di risorse per chiudere la falla della perequazione degli stipendi meno elevati: in altre parole è ormai quasi sicuro che a partire da gennaio personale Ata e docenti con meno di 15 anni di servizio subiranno una decurtazione degli stipendi variabile da 4-5 euro mensili fino a 27-30 (il taglio sarà tanto maggiore quanto più basso è lo stipendio).
Quanto al rinnovo dei contratti pubblici non se ne parla del tutto, nella migliore delle ipotesi potrebbe esserci un piccolo stanziamento del tutto insufficiente per aprire una qualsivoglia trattativa.
Per il resto potrebbe arrivare un po’ di soldi per attivare l’organico di potenziamento nella scuola dell’infanzia e per il tempo pieno al sud: questa operazione potrebbe essere favorita dal fatto che, trattandosi di due misure che decorreranno da settembre lo stanziamento per il 2019 sarebbe decisamente ridotto.
In pratica con 150 milioni di euro si potrebbero garantire 12mila posti in tutto (4mila di potenziamenti infanzia e 8mila di tempo pieno al sud): cifra più che ragionevole ma che, a partire dal 2020, risulterebbe triplicata.
Con ogni probabilità il Governo rimarcherà il fatto che per l’edilizia scolastica ci saranno investimenti significativi (ma è bene ricordare che si tratta di somme già stanziate dai precedenti dei Governi).
Intanto spunta l’ipotesi che una parte delle risorse necessarie per “irrobustire” gli organici potrebbe derivare da una riduzione (se non addirittura da un azzeramento) dei fondi destinati alla “valorizzazione” della professionalità docente e cioè dal bonus per il merito. L’ipotesi potrebbe avere l’avallo delle stesse organizzazioni sindacali, come avvenne – fatte le debite proporzioni – nell’estate del 2011 quando per vennero rivista gli scaglioni stipendiali per poter garantire il piano di assunzioni varato dal Governo.