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«A un Paese serve lo studio non l’improvvisazione Mai chiudersi in se stessi»

Il richiamo di Mattarella: bisogna evitare il rischio Narciso

22/02/2019
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Corriere della sera

Dino MArtirano

ROMA Ha ascoltato la lectio magistralis del premio Pulitzer Jhumpa Lahiri — per la scrittrice e traduttrice americana di origine indiana «Chi dice “L’America per prima” o “Prima gli italiani” è immerso nell’ombra...» — e poi d’istinto, quando il cerimoniale del Quirinale pensava di doverlo riaccompagnare all’auto presidenziale, si è alzato dalla sua poltrona e si è diretto a passo spedito verso il podio dell’auditorium della Luiss. Così Sergio Mattarella, all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Confindustria, ha regalato un fuoriprogramma agli studenti e ai docenti. Lo ha fatto con un appassionato discorso a braccio che ha toccato tre sponde indicate dal rappresentate degli studenti Riccardo Carnevale, dalla professoressa Lahiri — che ha trattato il rapporto impari nel mito tra Eco e Narciso, coniugandolo al legame controverso tra il traduttore e lo scrittore — e dal professor Giuseppe Italiano, docente di Computer science, Algoritmi e Machine learning.

Il primo tema, quello del sapere che è linfa vitale per ogni Paese, il presidente lo ha interpretato così: «Come ha detto il rappresentante degli studenti, serve la capacità di attenzione e di comprensione della realtà. Il che vuol dire, tradotto in concreto, capacità di studio e di approfondimento per rifuggire dall’approssimazione e dall’improvvisazione». E questi, ha proseguito il capo dello Stato, «sono elementi di cui il nostro Paese ha grande bisogno».

Il secondo spunto di riflessione, Mattarella lo ha dedicato alla magnifica lectio magistralis della professoressa Lahiri: «Suggestivo l’accostamento del traduttore a Eco. In realtà, nel suo splendido italiano, lei ha reso evidente la creatività del traduttore e di come sia esso stesso autore del testo». Così, rivolgendosi alla scrittrice e traduttrice, Mattarella ha ripreso il mito di Eco e di Narciso: «Con Narciso che, specchiandosi in se stesso, ha la tendenza degli individui, ma anche di collettività, anche di Paesi, di chiudersi in se stessi, di rifiutare quel che fa il traduttore che, traducendo un testo da una lingua all’altra, in realtà abbatte una frontiera, la supera, e collega realtà diverse tra di loro che poi tanto diverse, in definitiva, non sono. Narciso invece si chiude volutamente in se stesso....». Un insegnamento, ha ammonito Mattarella, «che vale anche per i nostri tempi in cui emergono tentazioni di chiusura in se stessi per individui, per gruppi sociali, per realtà nazionali e che richiedono una riflessione storicamente all’altezza del momento. In tutti i Paesi».

Terzo tema, a sorpresa per un uomo delle istituzioni formatosi nel secolo scorso, la sconfitta della paura per l’innovazione: «Il professor Italiano ci ha raffigurato l’affascinante prospettiva dell’intelligenza artificiale. Io non condivido quel filo di inquietudine che alcuni avvertono di fronte a queste prospettive. Il progresso comunque si deve accogliere in modo positivo. Tenendo sempre conto del senso dei risultati, dei limiti dei risultati, dell’esigenza di regolarli. Il dibattito sulla soggettività degli androidi, e addirittura sulla loro soggettività giuridica, richiede una adeguata riflessione e la percezione del limite di una intelligenza acuta e veloce, molto più veloce di quella umana, ma separata da tutti gli altri elementi che compongono alla persona umana». La presidente della Luiss Emma Marcegaglia e il direttore generale Giovanni Lo Storto hanno ringraziato il presidente. Anche per il fuori programma.


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