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A scuola si torna il 7 gennaio, ma solo al 50%

Intesa governo-enti locali. Ma Conte parla di «flessibilità». La protesta del movimento «Priorità alla scuola»: «La protesta continua»

24/12/2020
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il manifesto

Roberto Ciccarelli

Regioni, comuni e province hanno firmato ieri un’intesa con il governo sulle linee guida per il ritorno a scuola il 7 gennaio. Diversamente da quanto sostenuto dal governo nelle scuole superiori non si tornerà a fare lezione in presenza a 75% ma al 50%.

NELLE INTENZIONI ci sarebbe il progetto di crescere fino al 75% con tempi e modalità non ancora chiari. Nessuno – ad oggi – è sicuro della situazione epidemiologica che ci sarà tra due settimane e può garantire sulle misure riguardanti i trasporti e lo screening sanitario su studenti e famiglie abbozzati nelle linee guida ma ancora tutti da costruire. Non è stato fatto da marzo 2020, sarà un miracolo se qualcuno riuscirà a realizzarlo in 14 giorni. Andrebbero interpretate in questo senso le parole pronunciate ieri dal presidente del consiglio Conte secondo il quale «dobbiamo ripartire, ripristinare la didattica in presenza almeno al 50% per le scuole secondarie superiori con il massimo di flessibilità».

TUTTO DIPENDE da questo concetto di «flessibilità». Per la ministra ai trasporti De Micheli significa questo: «Insieme ai prefetti stiamo definendo modelli organizzativi territoriali. Ogni provincia avrà il suo modello organizzativo, alcune lo hanno già definito». «Flessibilità» può tuttavia significare anche un regionalismo differenziato nell’applicazione dell’intesa a danno di una visione d’insieme, e di una capacità di governo centralizzata su trasporti e sanità necessaria per garantire un rientro a scuola in sicurezza uniforme su tutto il territorio nazionale evitando arbitrii che danneggiano indiretto allo studio, al lavoro e alla tutela della salute individuale e collettiva.

NELLA BOZZA DI TESTO approvata ieri dalla Conferenza Unificata questa eventualità è definita «residuale e disposta unicamente sulla base di evidenze scientifiche». Considerato quello che è accaduto tra settembre e inizi novembre non è escluso che possa accadere il contrario. Con un eventuale aumento delle infezioni, e il tracollo del sistema di tracciamento ancora da ricostruire, l’opzione «residuale» potrebbe tornare ad essere l’unica valida per tutti. In ogni caso, per il momento e probabilmente per tutto il resto dell’anno scolastico, difficilmente le superiori torneranno in presenza al 100%.

L’INTESA in Conferenza Unificata è stata un “bell’esempio di leale collaborazione” ha detto il ministro per gli affari regionali Boccia. «Le scuole secondarie finalmente potranno tornare a scuola. Ce lo avevano chiesto» ha detto la ministra dell’istruzione Azzolina. Nella corale celebrazione di un passo indietro anche rispetto agli ultimi Dpcm ieri tutte le istituzioni non hanno dimostrato la chiarezza e il coraggio necessari per dirlo.

NEGLI ULTIMI TRE giorni il movimento dei genitori, docenti e studenti «Priorità alla scuola» ha esposto su molti ingressi degli istituti superiori da Nord a Sud, striscioni con lo slogan «Ci si vede il 7 gennaio». « Come facciamo a fidarci se calano una carta sempre diversa ogni due settimane? – si chiede Costanza Margiotta di «Priorità alla scuola – Nello scorso Dpcm parlavano di un ritorno delle superiori in classe e in presenza al 75%. Oggi parlano invece già del 50%. Non vorrei che ai primi di gennaio, oppure con la Befana, arrivasse la sorpresa che le superiori non riaprano neanche a gennaio».

«Il nostro slogan significa – aggiunge – che l’auspicio è rivedersi dentro le scuole a fare lezione, ma è anche un monito: perché se le scuole riaprono ci riverseremo in massa di fronte alle scuole chiuse».

E se riaprono al 50%? «Continueremo le proteste con le scuole semi-aperte – risponde Margiotta – per ottenere almeno quel 75%. In questi giorni negli iper-mercati non ci sono stati ingressi contingentati, come se non ci fosse il Covid, tutti appiccicati. Se sono queste le premesse è sicuro che i contagi aumenteranno e si farà pagare un’altra volta alle scuole,con i luoghi di cultura come cinema teatri, l’università e i musei, le responsabilità di questa situazione». «Questo paese rischia lo sgretolamento territoriale sull’istruzione. Questo margine lasciato alle regioni sulla gestione di un diritto costituzionale come l’Istruzione è molto rischioso per la tenuta del paese. La riforma che ha combattuto l’analfabetismo è stata la centralizzazione dell’istruzione. Ora sta avvenendo l’opposto. Il problema è stato forse compreso con la Sanità, ma non ancora nell’Istruzione».


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