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"A Lodi calpestati i diritti dei bambini stranieri fateli tornare in mensa"

Intervista. La garante per l'infanzia

14/10/2018
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la Repubblica

Maria Novella De Luca

«Riammettere subito tutti i bambini alla mensa. Nessuno escluso. Non esiste che ci siano piccoli costretti a mangiare da soli, lontani dai loro compagni, perché i genitori non possono pagare la retta». Filomena Albano, magistrata, Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, è esplicita: i problemi amministrativi delle mense del comune di Lodi non possono ricadere sulla pelle dei bambini.

«La Convenzione Onu sui diritti del fanciullo, ratificata dall’Italia nel 1991, afferma che tutti i minori residenti nel nostro paese hanno pari diritti nell’accesso alla salute e al benessere psicofisico. E benessere, in questo caso, è anche poter mangiare alla mensa scolastica». Sì, perché la brutta storia di quei bimbi "non ammessi" alla tavola dei loro coetanei, così ha deciso la sindaca leghista Sara Casanova, continua a seminare sdegno e proteste. Cambiando il regolamento comunale la sindaca ha chiesto alle famiglie immigrate di produrre la documentazione sulle loro eventuali proprietà nei paesi d’origine, per verificare il diritto alle tariffe agevolate.

Escludendo, nell’attesa, dall’accesso ai pasti, ma anche allo scuolabus, circa 300 figli di famiglie immigrate.

Garante Albano, ai bimbi che non possono accedere alla mensa è stato poi imposto di mangiare il loro panino separati dai compagni. Una sorta di "apartheid" di fatto, così lo hanno definito con sdegno le opposizioni.

«Tutto deve essere bilanciato nel superiore interesse del minore. Se da una parte è giusto che il reddito di una famiglia venga accertato, per garantire un equo accesso ai servizi ed evitare abusi, è anche vero, come dicevo, che il prezzo non possono pagarlo i bambini.

Non è facile per molti immigrati ottenere i documenti dai loro paesi di origine. Ma una strada c’è».

Lei ha una proposta?

« Dovrebbe essere il Comune, tramite i consolati, a fare gli accertamenti patrimoniali sui cittadini immigrati. Con la regola però del silenzio assenso. Se entro sessanta giorni lo stato straniero non fornisce la documentazione, vale l’autodichiarazione Isee della famiglia ».

Pensi che invece oggi a queste famiglie, in gran parte indigenti, viene richiesto il massimo della retta. Un paradosso...

«Certo, è un paradosso. Per questo da Garante per l’Infanzia e da magistrata sono convinta che l’amministrazione comunale debba fare uno sforzo per riammettere subito i bambini a mensa. Evitando, ci tengo, ogni tipo di discriminazione tra scolari di una stessa classe e alunni dellastessa scuola».

Ma lei crede davvero che l’amministrazione comunale di Lodi si farà carico degli accertamenti dei redditi nei paesi d’origine degli immigrati?

Paesi poveri spesso, in guerra, a volte senza nemmeno le anagrafi.

«È sicuramente più facile per un consolato dialogare con un altro consolato, che per un immigrato lasciare il lavoro e dover tornare in patria per reperire dei documenti.

Tutto questo dovrebbe essere fatto in sede di iscrizione, in modo che quando poi i bambini iniziano la scuola, le cose siano già chiare».

Non le sembra un tentativo di rendere la vita ancora più difficile ai bimbi immigrati?

«Infatti una soluzione va trovata.

Credo che sessanta giorni di tempo a dispozione del Comune siano sufficienti. Poi farà fede l’autodichiarazine patrimoniale dei genitori. Ci sono alcune famiglie che devono essere assolutamente escluse da queste richieste».

Quali, dottoressa Albano?

«Quelle titolari di protezione internazionale ad esempio».

Sono garantiti i diritti di un bambino se lo si esclude dalla mensa?

«No, non sono garantiti. Basta leggere la Convezione sui diritti del fanciullo che l’Italia ha ratificato».