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A cosa servono i 2,5 miliardi alla ricerca

Renzi ha annunciato 2,5 miliardi alla ricerca. Non è niente di nuovo

03/03/2016
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il manifesto

Renzi ha annunciato 2,5 miliardi alla ricerca. Non è niente di nuovo. La cifra presentata ieri allo «science park» dell'azienda di biotecnologia Irbm di Pomezia, nel laboratorio che ha isolato il virus Ebola, è la quota di cofinanziamento italiano previsto nell'ambito del programma europeo «Horizon 2020»: 2,5 miliardi di fondi nazionali e dieci dall'Europa fino al 2020. La cifra sembra anomala, considerato lo stato comatoso a cui la ricerca e l'università italiana sono state costrette dal taglio di 1,1 miliardi di euro di Tremonti e mai più da allora rifinanziato. La stessa cifra è stata prospettata dal ministro dell'università Stefania Giannini il 23 febbraio scorso: sarebbe contenuta nel «piano nazionale per la ricerca» (PnR). Annunciato un anno fa, il PnR è una scommessa che punta a prendere 8,8 miliardi dal programma Ue Horizon, 2,2 dai Por regionali, il resto va conquistato con i progetti sui quali l'Italia ha dato pessima prova di sé. Questi soldi andranno alle aree Agrifood, Aerospazio, Design Creatività, Made in Italy, Chimica Verde o «Smart Communifies», energia, mobilità e trasporti. Settori con immediata ricaduta industriale, non ricerca di base, e tanto meno umanistica Non sono destinati al funzionamento ordinario degli atenei. Dopo due richiami al PnR, nel giro di una settimana, è ormai chiaro che lo «story-telling» renziano ha scelto questo tema per rimuovere e non affrontare la clamorosa protesta dei docenti strutturati nelle università contro la Valutazione della qualità della ricerca» (VqR), i salari bassi e bloccati da almeno un quinquennio, oltre alla pratica diffusa dello «sciopero alla rovescia» escogitata dal Coordinamento nazionale dei ricercatori precari per affermare che la ricerca è un lavoro in tutto il mondo, tranne in Italia. I ricercatori non riescono nemmeno a farsi riconoscere il sussidio di disoccupazione «Dis-Coll», pur versando i loro contributi da parasubordinati alla gestione separata dell'Inps. I 2,5 miliardi attesteranno nelle prossime settimane la realtà del racconto del presidente del Consiglio centrato sulla competizione globale: «L'Italia ha detto è un paese con il coltello tra i denti che può immaginare futuro». Affine a questa immagine bellicista è la personale idea della ricerca formulata dal premier: «C'è bisogno di avere fame ha detto citando l'ever-green Steve Jobs -Vale per tutti, anche per un ricercatore che sa di accettare il rischio della sconfitta. Immaginate un progetto di ricerca a dieci anni, che poi alla fine dalla mattina alla sera chiude. O fare un tratto e poi lasciare ad altri colleghi, farsi dare una mano. È una metafora bellissima di un Paese, di una comunità». Quel ricercatore era precario e ha dovuto lasciare ad altri la sua impresa, perché ha trovato un posto all'estero dove almeno lo pagano. O ha dovuto cambiare mestiere. Perché in Italia la ricerca è un lavoro gratuito. La disoccupazione se la pagano solo i signori in attesa di un concorso ad hoc..In questo continuo depistaggio cognitivo resta la realtà: il governo ha stanziato 100 milioni per due armi e assumerà 861 ricercatori, mentre ne servirebbero 2400 all'anno per i prossimi otto (sostiene il fisico Giorgio Parisi). Un'idea di ricerca Renzi però la possiede quando ha stanziato 1,5 miliardi di euro in dieci anni allo Human Technopole di Milano e solo briciole agli atenei e enti di ricerca. La direzione è quella di pochi poli di ricerca iper-finanziati, mentre l'università sarà ridotta alla «serie B» della formazione di una forza-lavoro poco qualificata e con nessuna finalità che non sia quella del just-in-time. ro. ci.


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