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Prof interrogati al concorsone dalla collega bocciata allo scritto

Ma l’insegnante chiamata a fare la commissaria rifiuta: «L’etica va rispettata»

30/07/2016
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Corriere della sera

Valentina Santarpia

«Sono stata giudicata un’imbecille: forse lo sono, ma allora non sono neanche in grado di giudicare i miei colleghi. Va bene tutto, ma c’è un’etica da rispettare, quello che sta succedendo è profondamente sbagliato».

Antonella Scilef, 51 anni, otto anni da supplente alle spalle, è una delle migliaia di bocciati alle prove scritte del concorso per professori. Ma nello stesso giorno in cui ha saputo di non essere stata ammessa agli orali per insegnare francese alle superiori, è stata chiamata dalla segreteria della sua scuola — un istituto alberghiero di La Spezia — per fare parte della commissione che avrebbe giudicato i colleghi candidati che ce l’avevano fatta.

Un paradosso, dovuto probabilmente al fatto che la segreteria non era a conoscenza dell’esito dell’esame, ma era a caccia di commissari, come in molte altre regioni, dove le paghe basse hanno portato a un boom di dimissioni: «E infatti ho detto subito di no, non ci ho pensato un secondo», racconta ancora incredula la professoressa, laureata in Lingue e letterature moderne, abilitata all’insegnamento da un Tfa (Tirocinio formativo attivo) nel 2013, già insegnante fissa all’Einaudi Chiodo da tre anni con contratti annuali.

«Se non sono abbastanza brava da aver superato la prova scritta per diventare insegnante a tempo indeterminato, come posso permettermi di giudicare i miei colleghi? Meritano di essere valutati da professori superiori, non di pari livello, o inferiori. Che io non sia giudicata preparata ci sta — spiega amara Antonella — ma chi ce l’ha fatta merita trasparenza e giustizia».

È il ritornello che vanno ripetendo da giorni i candidati alla nuova selezione per docenti: falcidiati alle prove scritte (le prime stime, al ribasso, parlano del 50% di bocciati sui 165 mila candidati che concorrono per 65 mila posti), hanno iniziato a confrontarsi sui social network e hanno scoperto che in moltissimi casi si stanno verificando irregolarità. Ci sono classi di concorso — come Filosofia in Calabria — dove nessuno è stato ammesso agli orali. Altre — come Musica — dove i prof candidati erano in concorrenza con i commissari, aspiranti supplenti sulle stesse cattedre. Altre ancora — vedi i Laboratori di Tecnologia e Microbiologia — dove al posto delle prove pratiche venivano chieste relazioni scritte. Ma anche software malfunzionanti e domande inesistenti nei programmi.

Manie di persecuzione da esclusi? Antonella non ne soffre: «Ho sempre accettato i giudizi, anche stavolta non ho nemmeno fatto la richiesta di accesso agli atti. Ho sempre rispettato le regole, che insegno alle mie due figlie di 17 e 12 anni. Ma in questo caso le regole sono cambiate sotto i nostri occhi. Se non ho superato il concorso, chi ha sbagliato? Chi mi ha formato e mi ha dato un’abilitazione, con tanto di esame e saldo di 1200 euro?».

Eppure Antonella pur di essere preparata ha fatto di tutto, dalle visite in Francia alla scuola di lingue privata: «Se entro in una classe so di avere una responsabilità». Perciò, quando l’hanno chiamata per fare la commissaria, non ha avuto la minima tentazione di rivalsa: «No, siamo tutti sullo stesso barcone. Io resterò probabilmente senza lavoro — e qui la voce si spezza —. Butterò anni di studio e impegno, non vedrò più i miei ragazzi: ma pazienza, avrò la disoccupazione, o magari mi chiameranno come supplente».

Ed è questo, lo spettro che aleggia sul concorso, che insieme al maxi piano di assunzioni — 90 mila assunti finora su 103 mila promessi — avrebbe dovuto mettere fine alla supplentite: in realtà ci sono già centinaia di cattedre che di sicuro resteranno scoperte. A occuparle saranno i supplenti: i bocciati, per capirci. «Per un posto a tempo determinato — conclude amara Antonella — forse non sarò più tanto imbecille».

@ValentinaSant18


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