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55 riviste di filosofia lanciano l’attacco contro la classe A di Anvur

18/09/2018
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ROARS

Stefano Semplici

C’era una volta (e c’è) il tempo dei distributori automatici di caffè. Qualche mugugno e un paio di battute sull’ultimo algoritmo anvuriano, ma senza esagerare. Perfino quando si sarebbe trattato semplicemente di non accettare il compito di revisore dei “prodotti” della VQR e fermare così la corsa alle classifiche: se non lo fai tu, lo faranno altri… Per questo il testo [Per un coordinamento delle riviste di filosofia] sottoscritto da un numero cospicuo e crescente di riviste di filosofia non è semplicemente l’atto di nascita di una struttura di coordinamento(1) e non deve passare inosservato. Non è la protesta rancorosa di chi non è riuscito a raggiungere l’empireo della fascia A, perché molte delle riviste che hanno firmato possono esporre l’agognato bollino. La verità è finalmente sotto gli occhi di tutti: la fascia A è considerata, perfino nei reparti di élite, uno strumento che ha prodotto una valutazione meccanica sganciata dal valore intrinseco delle pubblicazioni, scoraggiato la ricerca interdisciplinare, creato condizioni potenzialmente lesive della ricchezza e pluralità del panorama culturale e delle corrette condizioni del mercato editoriale, incentivato il diffondersi di un comportamento adattativo e conformista da parte dei giovani. I firmatari annunciano l’intenzione di utilizzare criteri per la selezione dei materiali che si discostano significativamente da quelli fissati nel Regolamento Anvur per la classificazione delle riviste. Cosa accadrà se queste riviste passeranno dall’annuncio ai fatti? La richiesta dell’abolizione della fascia A è inserita in una prospettiva culturale, in un’idea di università non meno esigenti e tuttavia alternative a quelle che sono state imposte in questi anni. È sufficiente leggere i passaggi dedicati alla VQR per rendersene conto. Ecco perché sostenere con forza questa iniziativa, partendo dall’adesione con il proprio nome e cognome [basta scrivere a: coordinamentoriviste@gmail.com]. Io invierò subito la mia e invito tutti i colleghi che ricevono uno stipendio per insegnare filosofia nelle nostre università a fare altrettanto.

(1) La riunione del Coordinamento avrà luogo a Roma il 1 ottobre, ore 12:00, presso l’Università Roma Tre, P.zza della Repubblica 10, Aula 2. Per adesioni o informazioni scrivere a: coordinamentoriviste@gmail.com

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la seguente lettera di Stefano Semplici

Il coraggio di dire basta. Finalmente…

C’era una volta (e c’è) il tempo dei distributori automatici di caffè. Qualche mugugno e un paio di battute sull’ultimo algoritmo anvuriano, ma senza esagerare. E soprattutto evitando con cura di passare dal mugugno al fare: il calendario delle gare è fitto, i posti sul treno dell’eccellenza sono pochi e ogni distrazione potrebbe essere fatale. Quanti “vorrei ma non posso” davanti a quelle macchine. Perfino quando si sarebbe trattato semplicemente di non accettare il compito di revisore dei “prodotti” della VQR e fermare così la corsa alle classifiche: se non lo fai tu, lo faranno altri…

Per questo il testo sottoscritto da un numero cospicuo e crescente di riviste di filosofia non è semplicemente l’atto di nascita di una struttura di coordinamento e non può, non deve passare inosservato. Non sono chiacchiere fra amici in un cantuccio nascosto. Non è la voce di una critica anche forte e argomentata ma pressoché isolata nello spazio pubblico e dunque sostanzialmente innocua. Non è – soprattutto – la protesta rancorosa di chi è rimasto nel gruppone dei mediocri e non è riuscito a raggiungere l’empireo della fascia A, perché molte delle riviste che hanno firmato possono esporre l’agognato bollino. Si tratta, per la prima volta, di una sfida a viso aperto lanciata da un numero di soggetti potenzialmente in grado di mettere davvero in crisi i meccanismi sui quali si regge la competizione ad oltranza della quale è stata affidata all’ANVUR la regia, nella convinzione che questa fosse la via maestra per sostenere il progresso della scienza e del sapere nel nostro paese.

La verità, almeno per quella piccolissima parte del mondo accademico che è rappresentata dalla filosofia (dove sono gli altri?), è finalmente sotto gli occhi di tutti: la fascia A è considerata da molti degli addetti ai lavori, perfino nei reparti di élite, uno strumento che ha prodotto una valutazione meccanica sganciata dal valore intrinseco delle pubblicazioni, scoraggiato la ricerca interdisciplinare, creato condizioni potenzialmente lesive della ricchezza e pluralità del panorama culturale e delle corrette condizioni del mercato editoriale, incentivato il diffondersi di un comportamento adattativo e conformista da parte dei giovani. Come faranno l’ANVUR e il Ministero (il governo del cambiamento…) a far finta di nulla? I firmatari del testo, fra l’altro, annunciano l’intenzione di utilizzare criteri per la selezione dei materiali e la garanzia di un rigoroso profilo di scientificità che si discostano significativamente da quelli che sono stati fissati nel Regolamento per la classificazione delle riviste nelle aree non bibliometriche, che per la fascia A limita a «casi eccezionali» la possibilità per la direzione di assumere direttamente la responsabilità della pubblicazione. Cosa accadrà se queste riviste passeranno dall’annuncio ai fatti?

Questo coordinamento può essere la premessa di un ripensamento radicale del sistema della valutazione, perché la richiesta dell’abolizione della fascia A è inserita in una prospettiva culturale, in un’idea di università non meno esigenti e tuttavia alternative a quelle che sono state imposte in questi anni. È sufficiente leggere i passaggi dedicati alla VQR per rendersene conto.

Ecco perché sostenere con forza questa iniziativa è un dovere per tutti coloro che condividono la volontà, chiaramente espressa nel documento, di un dibattito proficuo a tutti i livelli. Il modo migliore per esprimere questo sostegno non può che essere quello di un impegno personale, partendo dall’adesione con il proprio nome e cognome. Io invierò subito la mia e invito tutti i colleghi che ricevono uno stipendio per insegnare filosofia nelle nostre università a fare altrettanto. Non è facile passare dall’intimità della pausa caffè alla visibilità di un confronto aperto e inevitabilmente duro, ma quando i numeri sono importanti fin dal primo momento (e in questo caso lo sono) le circostanze aiutano: le resistenze di temperamento possono essere superate con minore sforzo e può perfino accadere che l’imbarazzo lo provi alla fine chi resta a guardare.  Finalmente la filosofia ha dimostrato di non avere paura delle divisioni, vere e profonde, che si è cercato per troppo tempo di edulcorare o di sublimare nel richiamo all’etica della responsabilità, perfino all’interno delle società scientifiche. Adesso è necessario dire non tanto da che parte si sta, ma quali sono gli argomenti che si considerano migliori. Grazie ai colleghi di una disciplina sempre più «povera e nuda» che hanno scelto la strada della fedeltà alla loro «impresa» e hanno alzato la testa. È importante che su questa via non trovino solo «pochi compagni».


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