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Repubblica/Torino: All'università un esercito di desaparecidos

In 5mila non hanno dato un esame in 12 mesi

31/12/2006
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la Repubblica

DOCENTI Diseguaglianze emergono nel rapporto tra ordinari, associati e ricercatori a Lettere e Giurisprudenza
i posti letto Grazie ai villaggi olimpici c´è più disponibilità per chi viene da fuori, ma in altre regioni va meglio
I dati dell´Ufficio statistica del ministero assegnano a Torino un record poco piacevole
la sorpresa Il dato che colpisce di più sui "fantasmi" di Palazzo Nuovo è che più di mille sono matricole
IN STAND BY Il primato spetta a Scienze politiche dove gli studenti "fermi" sono 1176, a Lettere raggiungono quota 666

TIZIANA CATENAZZO

Cinquemila universitari torinesi non sostengono neanche un esame in un anno. Immobilità, timidezza, o necessità di una pausa di riflessione? E´ un fallimento che va attribuito sempre e comunque agli studenti (magari lavoratori, magari fuori corso) o gli iscritti potrebbero davvero ricevere maggiori aiuti dal corpo docente? Per non stare ad indagarne i motivi, sicuramente complessi e molteplici, alla base di una diffusa perdita di tempo - e di denaro, gentilmente versato nelle casse d´ateneo - sarà forse più interessante verificare per quali facoltà, in particolare, le sabbie si fanno mobili. E si vedrà che a Lettere gli studenti ‘fermi´ per un anno sono 666; a Scienze della formazione, 560, e a Scienze politiche salgono a 1176.
E´ quanto emerge dagli ultimi dati messi a disposizione dall´Ufficio di statistica del ministero dell´Università e della Ricerca. Che rivela: 4949 iscritti nel 2004-2005, nel corso di tutto il 2005 non hanno acquisito crediti né superato annualità. Di questi quasi cinquemila, quasi mille (977) sono matricole: idealmente, si tratta proprio degli studenti più entusiasti e motivati. Mille famiglie torinesi pagano perciò le tasse del primo anno a ragazzi che seguono le lezioni, comprano libri, studiano, eppure alla fine non riescono a sostenere, per un motivo o per l´altro, neanche un esame.
La recente sfornata di statistiche ministeriali ben s´incontra comunque alle note dolenti di via Verdi, già segnalate: a Lettere, fra i ‘regolarmente iscritti´ (e cioè paganti) ci sono quasi 1000 fuori-corso, sul totale di 6500, e di questi quasi 2000 sono iscritti al quarto anno - quello della prima ripetenza. A Scienze della formazione i fuori-corso sono 960 su 5536 iscritti. Due domande: quanti studenti allora occupano davvero le aule di lezione e seguono i corsi, nonostante che contribuiscano alle spese di gestione della ‘macchina´ accademica? E´ mai stata fatta, al di là dei bonari rimproveri e puntuali inviti rettorali, una seria politica per i fuori-corso, che non si limiti a sperare nello smaltimento delle code (gli eterni ‘laureandi´) dovuto al passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento del 3+2? Ma ecco dal sito del ministero è possibile verificare da vicino l´esatta composizione del corpo docente italiano: quanti ordinari, quanti associati, quanti ricercatori compongono le fitte schiere dei professori in ruolo dell´Università? E come si distribuiscono poi all´interno delle singole facoltà? Basta un clic per verificare equilibrio e omogeneità fra ruoli, o magari per indovinare sulla base di quali strategie di potere si assegnano cattedre e impegni. Per le nostre facoltà, si vedrà ad esempio che non ci sono forti diseguaglianze nel numero di ordinari, associati e ricercatori tranne che per le facoltà di Lettere e di Giurisprudenza: cosa che risponde senz´altro a una precisa linea o tradizione corpo docente. A Lettere, 88 ordinari, 54 associati e 75 ricercatori (i dati ministeriali saranno forse da aggiornare di pochi mesi, con differenze lievissime) mentre a Giurisprudenza 58 ordinari, 20 associati e 38 ricercatori.
Per un immediato confronto, basterà riferirsi all´ateneo di Pisa: alla facoltà di Lettere, lo stesso numero di organico - 217 docenti di ruolo - viene ben diversamente distribuito: 73 cattedre da ordinario, 81 da associato e 63 da ricercatore, per una situazione che appare, almeno in superficie, più bilanciata. Ma l´´originalità´ torinese salta all´occhio anche rispetto ad altre facoltà come ad esempio Bologna, Roma, Napoli.
Il tema caldo in periodo di vacanze è l´internazionalizzazione: sebbene i progetti torinesi Erasmus stiano subendo un crollo vertiginoso in questi ultimi anni, ciò che conta è attrarre ‘cervelli´ da fuori. Come? Garantendo loro i posti letto, punto primo. E allora il ministero mette in rete i rapporti: quanti posti in Italia per i fuori sede? Torino non arriva prima neppure grazie alle recenti ‘iniezioni´ olimpiche. Con i 3000 posti letto soddisfa le domande dei 48.877 studenti stranieri con un rapporto di 1 a 16 (un letto ogni 16 studenti: una speranza in più dai prossimi 40 posti dell´Università italo-francese), mentre decisamente più favorevole risulta la situazione degli studenti lombardi (1/14) e toscani (1/14), per non parlare degli atenei dell´est dove i rapporti salgono a 1/7. Dopo l´evento olimpico la situazione è migliorata molto, ma non è ancora ottimale.
Meglio le cose vanno nel campo della ricerca. Quelli del Civr, il comitato nazionale di indirizzo per la valutazione, sono un po´ datati (si riferiscono al triennio 2001-2003) ma comunque utili, e ribadiscono l´eccellenza del 36% dei "prodotti" torinesi sul totale dei 519 presentati. Ma come mai, dei 519 totali, solo 55 giungono dalle scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche, e 25 dalle scienze politiche e sociali, 10 dalle scienze dell´informazione e della comunicazione? Il Nucleo di valutazione interno, dell´ateneo, l´ha rilevato già l´anno scorso: «Il numero delle nostre pubblicazioni scientifiche è sceso in tre anni da 9361 a 8389 e anche il rapporto tra prodotti di ricerca e personale addetto – nonostante il recente aumento nel numero di docenti, dottorandi e assegnisti – è calato da 1.60 a 1.36 in due anni».


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