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Liberazione-Quattro immensi cortei, Bologna ha mille ragioni per scioperare

"Una delle più grandi manifestazioni mai viste in città". Adesioni al 90 per cento nelle piccole e grandi aziende dell'Emilia Romagna. Angeletti: "Il paese reale è qui" Quattro immensi cortei...

17/04/2002
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Liberazione

"Una delle più grandi manifestazioni mai viste in città". Adesioni al 90 per cento nelle piccole e grandi aziende dell'Emilia Romagna. Angeletti: "Il paese reale è qui"
Quattro immensi cortei, Bologna ha mille ragioni per scioperare
Maria R. Calderoni
Bologna - nostro servizio
E' venuto giù come uno schiacciasassi. "Le cinque buone ragioni per non scioperare", come titolava a tutta pagina vigliaccamente "Il Giornale" di ieri - unico quotidiano con "Il Foglio" e "Libero" presente nelle edicole qui in città - non sono state trovate in nessun angolo, nemmeno il più remoto, dell'Emilia Romagna che lavora.
Riuscito. Più che riuscito. Un grande sciopero popolare, una fortissima prova. In piazza Otto Agosto, quando il segretario della Uil Luigi Angeletti inizia a parlare, non c'è più spazio, solo una marea compatta di uomini e donne e ragazzi, visi e bandiere, sigle grandi e piccole, federazioni e categorie, le vecchie e gloriose insegne e le nuove della flessibilità e degli "atipici". "Sfruttamento sospeso a tempo determinato", recita un polemico cartello della Manpower.

E' un gran colpo d'occhio dal palco, la piazza ondeggia tra una siepe fitta di bandiere, quelle rosse della Cgil, quelle azzurre della Uil "sindacato dei cittadini", quelle a righe bianche e verdi della Cisl e poi a rotta di collo le insegne dei pensionati, della funzione pubblica, della scuola, del comune, degli enti locali, degli elettrici, dei metalmeccanici.

I cortei si muovono già prima delle 10, la città è silenziosa, i negozi con le serrande abbassate (non tutti, ma un buon numero), le edicole hanno le ante tirate su, gli uffici pubblici sono sbarrati, la stazione Fs esibisce un cartello su tutte le entrate: chiuso fino alle 17. Quello che parte da piazza Nettuno (diecimila) è un corteo colorato e rumoroso, fitto e allegro, fatto in gran parte di ragazzi e ragazze; di giovanissimi, quasi tutte under 20. Fischietti, una selva kefieh, giubbotti, jeans e bandiere rosse e piercing e orecchini. Precede uno striscione giallo-rosso targato Reti studentesche di Reggio Emilia che felicemente recita: "Oggi c'è il sole".

Passano i ragazzi Udu (Unione degli universitari) con le loro bandiere e i loro slogan: "Siamo molto arrabbiati con questo governo ma anche con i governi precedenti"; si portano dietro anche un grande vessillo della Palestina, mentre una nutrita schiera sfila sotto la bandiera di Rifondazione. Bella ciao, Bandiera rossa; sono in tanti in questo spezzone di corteo con l'adesivo Prc "Ci siamo". Compatti anche i ragazzi della Sinistra giovanile, ben organizzati, camminano sotto un grande tazebao da Vecchio Saggio: "I grandi sembrano tali solo perché noi restiamo in ginocchio. Alziamoci". In piazza della Mercanzia tamburi e trombe, alle 11 arriva il corteo dei Cobas, delle Rdb, dei Social forum; sono tanti, organizzatissimi e "irriducibili" come sempre. Riempiono piazza Verdi, slogan non proprio teneri contro il governo.

Ma la vera cifra, l'impatto impressionante della giornata la danno i tre cortei operai che vengono giù da piazza dell'Unità, piazza della Costituzione e piazza S. Felice. Una vera fiumana di lavoratori, uomini, donne, giovani, pensionati; ci sono tutte le sigle, tutte le fabbriche, tutte le categorie di quel tessuto industriale imponente che forma l'ossatura portante dell'Emilia Romagna. Tutte le fabbriche anche tutte le città, Bologna, Ferrara, Modena, Parma, Reggio Emilia, e tanti centri e tanti paesi. Passano Casmatic, Arcotronix, Cidi, Ducati, Beghelli, Veber, Titan, piccole e grandi aziende. Il primo dato che arriva dal palco parla di adesioni intorno al 90%. Dice Roberto Sconciaforni, segretario provinciale Prc: "E' una delle più grandi manifestazioni mai viste a Bologna; dopo questa, penso, sarà più difficile tornare ai tempi della concertazione". Rifondazione c'era e molto visibile in tutti e quattro i cortei, con striscioni, volantini e bandiere. "Proponiamo a tutte le forze politiche, sociali e sindacali - aggiunge il segretario provinciale - di lavorare per la definizione di una piattaforma generale, alternativa alle politiche di Berlusconi, mettendo al centro quattro temi: salario, riduzione dell'orario di lavoro, lotta alla precarietà, difesa del sistema pensionistico pubblico".

Passa la camera del lavoro di Reggio Emilia sotto lo striscione che riassume, in buona sostanza, il senso della giornata: "Senza diritto non c'è libertà". Lo dice il segretario regionale della Cgil Gianni Rinaldini: "Non so se domani diranno che lo sciopero è fallito, con tranquillità però noi rispondiamo che se l'articolo 18 non sparirà dal loro tavolo, allora questo di oggi non sarà che un inizio".

Lo speaker dal palco grida "siamo 350mila" poco prima che l'oratore ufficiale, Luigi Angeletti, inizi a parlare. "Questo non è soltanto un giorno importante, è un giorno luminoso. Milioni di persone sono in piazza, tutti insieme, in tutte le città; le piazze sono troppo piccole oggi. Oggi ecco dov'è il paese reale". Compaiono t-shirt militanti, l'ironico adesivo che vi è incollato sopra, dice "Licenziamo l'articolo 18 per giusta causa". Già. "Favorire licenziamenti per favorire le assunzioni? E' una stupidaggine concettuale", sta dicendo Angeletti.

"Giù le mani dal nostro futuro", "Statuto dei lavoratori uguale costituzione", sono due dei tanti tazebao della piazza. Già, Angeletti lo sta spiegando bene cosa sia in realtà l'articolo 18. "Vogliono che i lavoratori siano licenziati senza motivo. Lo vogliono per una sola ragione. Vogliono farci paura. Ecco la vera ragione; perché quando milioni di persone hanno paura, allora a loro si sentono tranquilli. Ecco cos'è l'articolo 18, un problema di potere".

Tra tanti, spicca lo striscione del teatro comunale di Bologna, quello dei precari del teatro Reggio di Parma, l'Arci sventola una bandiera che riproduce il famoso "Quarto Stato"; irride il cartello anti berlusconiano doc "Credere obbedire licenziare". "Confondono il verbo governare con quello di comandare. Non vogliono riforme ma controriforme. Allora la nostra risposta è questa: no". No. La piazza intera applaude. Applaude anche Franco Vigna, metalmeccanico della Titan, si sfila la maglietta bianca Fiom con logo del Nettuno confezionato su misura per l'occasione e la regala al cronista. "Per ricordo".

Qualcuno si è arrabbiato. Infatti all'improvviso si è messo a piovere a dirotto. E' un vero diluvio, ma non importa.

La giornata fu bellissima.


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