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Manifesto: Le maestre del 10 politico

La scuola elementare Longhena si trova sui colli bolognesi ed è diventata famosa per aver disobbedito clamorosamente all'obbligo di tornare al voto numerico. Viaggio nella «roccaforte» della resistenza anti-Gelmini

24/02/2009
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il manifesto

Giusi Marcante
BOLOGNA
Per spiegarsi la maestra Rita usa parole semplici. «L'esempio giusto potrebbe essere quello della bicicletta. Io, maestra elementare, insegno quello al bambino e gli devo dare gli strumenti di base. È questo il mio compito, il resto lo deciderà il suo percorso individuale». Rita è un'insegnante delle scuole elementari Longhena di Bologna, è una delle maestre che hanno valutato gli alunni con un 10 in tutte le materie. È stato ribattezzato «10 politico» ma per lei e le sue colleghe questo voto è tutta un'altra cosa. «È un 10 estremamente ragionato - scandisce Marzia, un'altra delle maestre - accanto ad ogni voto noi abbiamo messo un giudizio sulla pagella e tutto questo in coerenza alle decisioni prese nel collegio dei docenti». «E poi non è vero che un bimbo che si vede 10 in pagella non si impegna più - aggiunge Marinella - è vero l'opposto: quel voto l'alunno lo rivuole».
Cronaca di un colloquio con tre insegnanti della scuola che in pochi giorni è diventata un caso nazionale. Stretta tra le accuse di «fare politica tra i banchi» scagliate dal ministro Maria Stella Gelmini e le dichiarazioni di tanti che hanno voluto prendere parola per bocciare senza riserva questa decisione degli insegnanti (non è mancato il sindaco Sergio Cofferati che ha parlato di «strumentalizzazione dei bambini» gettando nella confusione il Pd bolognese che non è riuscito ad avere voce unica sul tema). Le polemiche però sono arrivate flebili nella scuola che si trova sui colli di Bologna, circondata dal verde, e intitolata all'assessore all'istruzione del sindaco Francesco Zanardi; quel Mario Longhena che disse «...i bimbi non hanno patria, sono di tutti, di chi li ama, di chi si profonde in cure per essi: sono l'umanità futura». A scuola il corpo insegnante è molto compatto: su trentasei tra maestri e maestre sono stati cinque quelli che non hanno utilizzato la formula di mettere 10 in tutte le materie a tutti gli alunni. La storia di questa decisione merita di essere raccontata perché spiega la parabola di un gruppo di insegnanti che si è interrogato con responsabilità sul cambiamento della valutazione per gli scolari disposto dal ministro in una succinta circolare ma che non è ancora obbligo visto che non è stato emanato il relativo regolamento previsto dalla legge. Alle Longhena il tema del cambiamento degli strumenti di valutazione è stato affrontato in più di uno dei collegi dei docenti: in quello di dicembre era stata votata una delibera in base alla quale per tutto l'anno scolastico sarebbero stati utilizzati i giudizi perché l'anno scolastico in corso doveva essere considerato di sperimentazione e riflessione. Gli insegnanti hanno anche chiesto alla dirigente didattica Ivana Summa di fare un'apposita formazione sulla valutazione ma non ricevono risposta. Nel collegio dei docenti del 29 gennaio si vota il no ai voti almeno per il primo quadrimestre ma la dirigente è contraria tanto che è lei a firmare un ordine di servizio in cui si dichiarava che quella decisione era illegittima a poche ore dall'inizio degli scrutini. Gli insegnanti non si allineano e scrivono un documento approvato a larga maggioranza in cui si sottolinea che «la valutazione espressa in termini numerici è fortemente a rischio di una percezione affettiva, da parte degli alunni e delle famiglie, più centrata sulla stratificazione, sull'idea di graduatoria e di conseguenza sul posto in essa occupato che non sul percorso educativo di apprendimento in atto». «Insomma è da chiarire che cambia completamente un sistema di valutazione - dice Marinella - noi questa legge (la 169 della Gelmini ndr) non l'abbiamo voluta e abbiamo cercato degli spazi di reazione». «Io ho preparato il mio concorso magistrale studiando anche sui testi della nostra dirigente Summa e lei ha scritto cose totalmente diverse - prosegue - pensavamo di avere il suo appoggio». «Quello che ci preoccupa è che sia stata manifestata una vera sudditanza culturale - si infervora Rita - dare il voto sgombera un problema perché il numero è più semplice». A Bologna, come sarà accaduto certamente in altre parti d'Italia, alcuni insegnanti hanno valutato i propri alunni della scuola primaria assegnando addirittura dei 5 in condotta ( un voto che può valere la bocciatura per le nuove norme). Alle Longhena invece i genitori hanno dimostrato di capire e di condividere le decisione dei loro insegnanti lasciando sul blog (il più visitato in Italia tra quelli delle scuole primarie) dell'istituto commenti e lettere di apprezzamento. Praticamente un fortino quello di una scuola dove, sottolineano con orgoglio le maestre, «abbiamo anche le liste d'attesa». «Noi però non ci riteniamo una scuola d'eccellenza - riflette Marzia - ma semplicemente una scuola dove gli insegnanti stanno attenti ai bambini e amano il loro lavoro che continuano a fare con passione». In effetti, a vederla da questo salotto di un appartamento del centro di Bologna dove le tre maestre raccontano le loro ragioni, la spiegazione è assolutamente convincente. Come la decisione di assegnare il 10 agli alunni appare la logica conseguenza di non procedere allineati e coperti ma di suscitare domande in una situazione come quella attuale dove tutto sembra passare senza che si producano reazioni. «Pensiamo di aver toccato veramente un nervo scoperto - dice Marzia - le reazioni che ci sono state non ce le aspettavamo proprio». Lei, la maestra Mascagni, è stata indicata come la pasionaria dell'istituto, come il capo della protesta e la sua tessera del Prc (partito che ha lasciato da pochi giorni non condividendo le decisioni della maggioranza bolognese) è servito al ministro Gelmini a dire che questa era tutta una questione politica. A sgombrare questo dubbio sono le sue stesse colleghe che rivendicano con orgoglio una scelta basata su principi pedagogici, gli stessi su cui hanno studiato una vita e che hanno costruito la scuola elementare italiana negli ultimi decenni. «Io sono un'insegnante - dice Marinella - non posso che fare un discorso pedagogico, ci devono almeno dare il tempo di pensare».


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