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Manifesto: Diritti in piazza

CGIL · Sabato la giornata di mobilitazione nazionale contro le politiche del governo

23/09/2008
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il manifesto

Sara Farolfi
ROMA La macchina sindacale si è messa in moto. Assemblee e attivi di delegati prendono corpo nei vari territori. La Cgil si prepara alla giornata nazionale di mobilitazione, articolata per territori, proclamata per sabato prossimo. «Diritti in piazza, per cambiare le scelte del governo», le parole d'ordine, perchè l'attacco ai diritti del lavoro altro non è che un più generale attacco ai diritti di cittadinanza. Una mobilitazione partita un po' in sordina - «sofferta», dice qualcuno - all'interno di un difficile dibattito interno alla confederazione, ma che «acquista consistenza di giorno in giorno», per usare le parole del segretario confederale Enrico Panini. Certo è che da quando è stata proclamata - con decisione unanime del direttivo d'organizzazione il 9 settembre scorso - di cose ne sono successe, «fatti che hanno caricato di contenuti la mobilitazione». Alitalia, per citare l'ultimo e forse il più eclatante. Ma anche, sullo sfondo, la trattativa sulla riforma del modello contrattuale (che per un sindacato è questione essenziale), dopo la presentazione del documento di Confindustria alle confederazioni. Appare sempre più evidente l'impossibilità di una critica serrata all'operato del governo, e contemporaneamente quella di un patto con Confindustria. «Le cose marciano di pari passo», è la convinzione diffusa in diverse camere del lavoro. E se è vero che l'aggressione confindustriale non sarà al centro della giornata di sabato, è altresì vero che «nelle assemblee si fa il punto su tutto». Mentre diversi territori, Torino tra i primi, hanno scelto apertamente di non separare le due questioni. «Una manifestazione di popolo contro le scelte del governo e contro quelle di Confindustria, questo ci aspettiamo», dice Claudio Stacchini della camera del lavoro di Torino. Ottimismo e preoccupazione marciano comunque di pari passo. «Il muscolo è atrofizzato da anni», qualcuno la spiega così. Ma le preoccupazioni sono soprattutto quelle di chi, nei territori, sa del «malumore diffuso» e delle «condizioni pesanti» di milioni di lavoratori. «Il rischio è che la dispersione porti alla ricerca di soluzioni individuali - spiega Bruno Papignani, segretario della Fiom bolognese - A quella china di dissociazione per cui tutti stanno male, ma risulta sempre più difficile credere nell'azione collettiva di riscatto». Di qui anche la scelta di una mobilitazione nazionale, articolata per territori. Che sabato si materializzerà in presidi e volantinaggi in tutte le piazze italiane e, dove i numeri lo consentiranno, veri e propri cortei. Un modo per tastare il polso della situazione, forse anche un momento di 'verifica' per la più grande confederazione italiana. «Un punto di snodo per un passaggio di fase», auspicano in molti. Anche perchè l'unità sindacale, tenacemente perseguita finora, perde colpi ogni giorno, con Cisl e Uil più che condiscendenti ai diktat del governo e ai desiderata di Confindustria. A tal punto che tanto della piattaforma sul fisco, quanto di quella sui contratti (entrambe siglate unitariamente dai tre sindacati confederali) non resta ormai che un pallido ricordo. «Scrollarsi di dosso l'apatia», dice ancora Panini, «i segnali che indicano un crescente senso di partecipazione e di identità ci sono». Cortei sono previsti a Torino, Milano, Bologna e Napoli. «Speriamo di fare una sorpresa a Berlusconi», dice Michele Gravano, segretario della Cgil Campania. Ottimo esempio di come l'attacco ai diritti del lavoro altro non sia che l'attacco più generale ai diritti di cittadinanza, sarà la manifestazione che vedrà convergere a Napoli migliaia di lavoratori da tutta la Regione. Apriranno il corteo i rom e gli immigrati di Castel Volturno, ma numerosi in piazza saranno anche i lavoratori Atitech (la manutenzione Alitalia) e i precari della scuola. «Obiettivo - dice ancora Gravano - è la costruzione di un fronte sociale che non sia solo di protesta, ma anche di proposta».


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